Speciale Porno – La consapevolezza di Stoya

“La pornografia non va intesa come un programma di educazione sessuale. Non va intesa come qualcosa che imponga pratiche sessuali o come una guida. (…) La pornografia è principalmente un mezzo d’intrattenimento per adulti. Ma siamo in un momento in cui l’industria è ancora una volta sotto osservazione. La pornografia, ci viene detto, sta alterando il modo in cui i giovani, specialmente i giovani uomini, pensano il sesso, in modi che possono essere pericolosi. (La legislazione della Florida il mese scorso ha insinuato che io e i miei simili siamo più preoccupanti di un fucile AR-15.) (…) Sono impegnata nella creazione e diffusione di una buona pornografia, anche se non posso ancora dire per certo cosa voglia dire. Non abbiamo ancora una solida definizione di cosa sia la pornografia”. Queste frasi, che contengono idee precise e domande altrettanto nitide sull’evoluzione di una materia che concerne una varietà di riferimenti (culturali, sociali, estetici, etici) e una sua radicale esplorazione attraverso un pensiero che la analizzi, la metta in gioco, la contestualizzi, fanno parte di un articolo che Stoya scrisse per il New York Times, dal titolo Can There Be Good Porn?, poi inserito in Philosophy, Pussycats & Porn (uscito nel 2018 per l’editore Not a Cult di Los Angeles, 175 pagine con stilizzate e evocative illustrazioni in bianconero di Dana Fiona, finora non tradotto in italiano), raccolta di testi pubblicati nel corso di un decennio dall’attrice, regista, scrittrice, su media cartacei e online.

 

 

 

Stoya, nome d’arte di Jessica Stoyadinovich, è una delle icone del cinema e del pensiero hardcore del nuovo millennio. È nata a Wilmington, negli Stati Uniti, nel 1986, ma da padre scozzese e madre serba – e la Serbia sarà “casa” del suo esordio nel cinema non porno, nel 2018, interpretando il film di fantascienza A.I. Rising, intriso di esistenzialismo e erotismo, nel ruolo dell’androide Nimani che accompagna un cosmonauta in una missione nello spazio per conto della compagnia Ederlezi (il titolo originale del film diretto dal regista serbo Lazar Bodroža è Ederlezi Rising). Non le piace essere chiamata femminista, eppure le sue scelte, sul set e fuori da esso, ritraggono un personaggio ben consapevole di un’identità politica e di genere fin da quando è apparsa sulla scena hard nel 2006, prima come attrice (fino al 2016) e poi, dal 2015, come regista. La sua consapevolezza passa anche dalle modalità con le quali si fruisce il prodotto pornografico al tempo del diluvio d’immagini proveniente da internet. Stoya, nell’articolo citato, rimarca l’importanza di contestualizzare l’esperienza pornografica: “Il contesto ricorda alla gente tutte le cose che non vedono nel prodotto finale. Esso sottolinea che la pornografia è una performance, che, come nel balletto o nel wrestling professionale, stiamo mettendo in scena uno spettacolo”. E il contesto significa, per Stoya, rendere partecipi i fruitori del dietro le quinte, sentire parlare attori e attrici di come si prepara una scena e dei limiti ai quali sono confrontati e da sfidare seguendo regole precise (in particolare, ricorda Stoya, quando si pratica il bondage, e quello più intenso). Ma il contesto viene meno, è rimosso, nel momento in cui i film vengono piratati e, a pezzi, decontestualizzati e caricati sulla valanga di siti gratis. Bisogna, insomma, che il porno, sostiene Stoya, abbia delle solide regole anche riguardo alla distribuzione.

 

 

Fa l’esempio di colleghe impegnate nello sviluppo di un porno dallo sguardo femminile, come Candida Royalle, che negli anni Ottanta fondò una casa di produzione e una di distribuzione “al femminile”, e, in tempi più recenti, di due icone come Ovidie e Erika Lust nel divulgare una pornografia rivolta alle donne. Lavori non facili da trovare gratuitamente, ma da pagare (come dovrebbe essere la consuetudine, e non solo per i porno) per vederli nella loro integrità. Stoya ha lavorato con Sasha Grey (altra attrice hard d’immensa consapevolezza, che ha esposto il proprio corpo alle sfide più radicali per poi lasciare la scena e venire scelta, fra gli altri, da Steven Soderbergh per The Girlfriend Experience, del 2009 – oltre a scrivere un interessante romanzo, anche cinefilo, The Juliette Society, Rizzoli, 2013), Rocco Siffredi, James Deen, per un regista di culto come John Stagliano, ma, sempre nel discorso di una autonomia di ricerca e di nuovi spazi,  ha fondato il sito TRENCHCOATx per progetti più personali così come www.zerospaces.com, “a sexual explicit media project”. Sempre nel segno di “cercare di costruire una migliore industria e comprensione culturale del sesso. Ho scelto di provarci”.