Da noi in sala come Agente Speciale 117 al servizio della Repubblica – Allerta rossa in Africa Nera e annunciato da un teaser al fulmicotone OSS 117: Alerte rouge en Afrique noire, nuova avventura cinematografica dell’agente segreto inventato da Jean Bruce nel 1949, quattro anni prima che Ian Fleming per il romanzo Casino Royale creasse James Bond. Il nome in codice riporta l’acronimo dell’organizzazione (Office of Strategic Services, l’intelligence statunitense durante la Seconda guerra mondiale, dalle cui fondamenta nascerà la CIA) e il numero di matricola 117, ma all’anagrafe è Hubert Bonisseur de la Bath (dove «bonisseur de la bath», nel gergo del milieu francese, indica uno che pure se torchiato non parla). Americano d’origine cajun (i nativi francesi della Louisiana) Hubert diventa una sorta di eroe dell’Occidente in epoca di guerra fredda, nemico dei russi, dei comunisti in genere ma anche dei nostalgici del Terzo Reich e delle organizzazioni di stampo mafioso. Profondo conoscitore della storia criminale internazionale, Bruce sarà per esempio tra i primi a immaginare in più di un libro l’avvenire nero di molti stati latino-americani corrotti. In poco meno di quindici anni firma addirittura 88 romanzi, dal primo Ici OSS 117 all’ultimo uscito postumo OSS 117 à Mexico. Il suo trentaquattresimo libro, OSS 117 Top Secret, inaugura nel 1960 Segretissimo, la collana di Mondadori dedicata allo spionaggio e all’azione, con il titolo Russia missione A. Le avventure di Hubert Bonisseur de la Bath ispirano un altro francese, Gérard de Villiers, per SAS, sua altezza serenissima Malko Linge agente della CIA, e il nostro Stefano Di Marino (aka Stephen Gunn) per Il Professionista. Nel 1963 Jean Bruce muore in un incidente d’auto e l’eredità letteraria viene raccolta dalla seconda moglie Josette Bruce che proseguirà nella saga scrivendo altri 134 romanzi. Infine, dopo una battaglia legale, la figlia Martine e suo fratello François entrano in possesso dei diritti sul personaggio e vanno avanti per altri 24 episodi delle sue avventure (la prima delle quali intitolata significativamente OSS 117 est mort).
Anche al cinema Hubert anticipa 007. OSS 117 non è morto, con lo svizzero Ivan Desny (che io ricordo solo per essere stato il marito perfido di Laura Morante in Un amore di donna di Nelo Risi) è del 1957 ma è dopo il successo planetario di Agente 007 – Licenza di uccidere che il personaggio fa il botto. I diritti vengono acquistati da André Hunebelle, uno dei giganti del cinema popolare francese degli anni 50 e 60 che produrrà ben cinque film, quattro dei quali anche diretti. Il primo è OSS 117 se déchaîne (in italiano OSS 117: Segretissimo, visibile su Amazon Prime) con Kerwin Mathews, il Sinbad di Nathan Juran e Ray Harryhausen. Se la storia è piuttosto banale (un gruppo di spie nemiche si nasconde in Corsica dove prepara un sistema di tracciamento di sommergibili nucleari e altre amenità belliche) l’Hubert di Matthews ha una certa verve, le location (Nizza e Bonifacio) non fanno rimpiangere la Giamaica di 007 e la questione della francesità del protagonista “americano” viene risolta con ironia («Da come bacia si direbbe francese», gli dice una fanciulla, e lui: «E infatti un po’ francese sono, da parte del bisnonno»). Ottima scelta il bianco e nero e davvero notevoli le sequenze subacque, in particolare il duello con i pugnali perfettamente nitido e dinamico. Degli OSS 117 che ho visto resta il mio preferito, al netto delle ingenuità (soprattutto di sceneggiatura). La seconda prova di Mathews nel ruolo è OSS 117 minaccia Bangkok (Banco à Bangkok pour OSS 117, 1964) sempre diretto da Hunebelle con ben altro budget (è tutto girato in Thailandia) e un cattivo interpretato dal grande Robert Hossein, che ha come piano criminale la distruzione delle razze “non elette” tramite la peste portata dai topi (!). A colori, con scenografie elaborate che scimmiottano quelle di Ken Adam nei film di Bond, questo terzo capitolo è però già un congegno consolidato, derivativo e senza sorprese. Nella versione italiana (anche questa disponibile su Amazon Prime) il cognome di Hubert viene americanizzato in Burton, eliminando così la continuità con il film precedente. Mathews, nel frattempo, di fronte al buon successo al botteghino chiede più soldi a Hunebelle che però non accetta e cambia protagonista. Un aitante signor nessuno, Frederick Stafford (all’anagrafe Friedrich Strobel von Stein) tedesco dei Carpazi naturalizzato australiano, il George Lazenby della situazione, introdotto nel mondo del cinema francese da Marianne Hold con cui aveva una relazione.
È il nuovo Hubert in OSS 117 furia a Bahia (1965) e nel successivo OSS 117 a Tokyo si muore (1966) diretto però da Michel Boisrond e con la collaborazione alla sceneggiatura di Terence Young, autore bondiano per eccellenza negli anni 60. Non ho visto il capitolo di Boisrond, invece OSS 117 furia a Bahia non è male, nonostante una trama assurda che vede al centro dell’intrigo una banda di guerriglieri brasiliani (!) che organizzano attentati suicidi senza che sia troppo chiaro perché. Poco importa, la scene d’azione sono ben realizzate e la “Hubert Girl” Mylène Demongeot fa la differenza. La totale assenza di talento di Stafford è mitigata dal doppiaggio. Sia lui che Mathews hanno infatti la voce di Pino Locchi, storico doppiatore di Sean Connery, così come nell’edizione originale francese troviamo l’omologo Jean-Pierre Duclos. A chiudere il ciclo storico degli anni 60 Niente rose per OSS 117 con John Gavin (1968), attore piuttosto interessante, un “irish señor” come Alvarez Kelly (padre americano di origine irlandese e mamma messicana) che Ronald Reagan nominerà ambasciatore in Messico. Curiosamente il nome di Gavin venne fatto come sostituto di Sean Connery dopo Agente 007 – Una cascata di diamanti.
OSS 117: Alerte rouge en Afrique noire è il terzo episodio della nuova serie con Jean Dujardin, diretto in questo caso da Nicolas Bedos che raccoglie il testimone di Michel Hazanavicius, mentre sceneggiatore continua a essere Jean-François Halin. Il primo capitolo della nuova trilogia OSS 117: Le Caire, nid d’espions (2006) è stato in patria un successo di pubblico imponendo una figura di agente segreto parodistico ma non troppo. L’Hubert di Dujardin non è infatti come l’ispettore Clouseau, un cretino che primeggia in un mondo ormai folle, è anzi molto abile nel proprio lavoro solo partendo da una base di rozzezza un po’ spocchiosa che lo fa diventare il concentrato dei difetti sciovinisti nazionali. Il film è ambientato nella seconda metà degli anni 50 quando in Egitto si prepara la rivoluzione di Nasser e comincia a venire meno l’influenza francese nella regione. Una sorta di resa dei conti con la IV Repubblica e il colonialismo forse un po’ oscura per chi francese non è (per dire: Hubert gira con la foto-santino del presidente della Repubblica René Coty, a noi misconosciuto) ma a leggere tra le righe la sua spacconeria è il preludio della “grandeur” in arrivo, perché di lì a poco la “ricreazione” finirà e il generale De Gaulle diventerà presidente instaurando la V Repubblica. Ormai solo vagamente ispirato al personaggio di Jean Bruce, Bonisseur de la Bath non è più americano ma francese al 100%, a voler quasi restituire l’appartenenza storica della spia, e il primo film è realizzato benissimo, con squisito gusto pop, citazioni da James Bond e Blake Edwards, una “Hubert Girl” come Bérénice Bejo a tenergli testa e un protagonista formidabile ovviamente una spanna (ma anche tre, dieci…) sopra i predecessori.
Mauro Gervasini è autore del blog qualcosanellanotte.it