Su MUBI La liquidità del desiderio in Parigi, 13Arr. di Jacques Audiard

Les Olympiades è un quartiere residenziale del XIII° arrondissement di Parigi. È stato costruito tra la fine degli anni sessanta e l’inizio degli anni settanta ed è costituito da palazzi alti come torri, un pentagono non lontano dall’Università, dall’imponente biblioteca Mitterand, da Place d’Italie e dalla Senna. Un luogo pensato urbanisticamente come ideale per una popolazione giovane attratta dai servizi e dalle nuove comodità architettoniche. Nel tempo Les Olympiades si è trasformato, sospeso tra centro e periferia, ed è diventata la più grande comunità cinese (e non solo) di Parigi. Emilie abita lì: sua nonna, taiwanese ricoverata in una casa di cura, le ha lasciato il suo appartamento dove vive in cerca di una coinquilina con cui condividere le spese. I suoi modi schietti e diretti non la aiutano a mantenere un lavoro in un call center dove è approdata di malavoglia dopo gli studi in scienze politiche. Camille – nome da ragazza e fisico da atleta – è un giovane professore di origine africana in cerca di un luogo dove concentrarsi per il suo dottorato, da finire nell’anno sabbatico preso dall’insegnamento. I due si incontrano, si annusano, si amano, per poi scoprire di avere coinvolgimenti diversi, un approccio alle relazioni sentimentali apparentemente inconciliabile. Anche Nora, con un diverso entusiasmo, è arrivata nel quartiere: ha lasciato Bordeaux e l’agenzia immobiliare dello zio per fuggire da una situazione sgradevole ed è pronta a gettarsi, nonostante i suoi oltre trent’anni, in una vita completamente nuova per assecondare il desiderio di una laurea in legge con compagne di corso di dieci anni più giovani.

 

 

Ma il suo sguardo idilliaco verso il mondo viene sgretolato da una casuale somiglianza con la performer di una hot line, Amber Sweet, con cui viene confusa dalla cieca crudeltà di alcuni studenti della sua facoltà. Emilie cerca Camille, che le sfugge intercettando Nora, che intanto inizia un dialogo a distanza con Amber.
Jacques Audiard parte proprio dal quartiere che dà il titolo al film per concentrarsi sui movimenti dell’anima di questi quattro personaggi, sbattuti da una vita sempre insoddisfacente a fare i conti con se stessi; costretti dalle casualità del cuore a mettersi in discussione e a cercare un luogo nel mondo. Il bianco e nero non inganni: siamo lontani dall’estetica delle banlieu, non c’entra nessun Odio di kassovitziana memoria, siamo anzi più dalle parti del Rumble Fish di Coppola o, con minore cinica ironia e maggiore predisposizione al sentimento empatico, del Lola Darling di Spike Lee, presidente di giuria. La fotografia lucida del film dona piuttosto uno spirito di libertà a questa strana commedia sentimentale. La forma, preziosissima e curata, trasforma in esemplarità fuori dal tempo gli sbalzi emotivi dei personaggi, ne rivela una versione quasi distillata e astratta. Pier Maria Bocchi ha parlato di variante contemporanea del Cinéma du look anni ottanta dei vari Beneix, Besson, Carax. C’è del vero: nella distillazione stilistica che Audiard concede a ogni sequenza, nell’uso catartico della musica, nell’enfasi romantica in cui si dibatte una generazione altrimenti difforme. Parigi, 13Arr. però è anche altro: il suo cuore pulsante, oltre che nella vivida ed esaltante messa in scena, è nella costruzione psicologica dei protagonisti, nella disarmante naturalezza dei dialoghi, nella fiducia data alle relazioni e al sentimento, nel rifiuto di ogni peloso cinismo.

 

 

La sceneggiatura porta, oltre a quella di Audiard, le firme di Céline Sciamma e Léa Mysius. Due voci femminili che aprono a un confronto che è sentimentale quanto di genere, ma con predisposizione simpatetica e non necessariamente militante. La liquidità del desiderio non assume forme di decisionismo ideologico, anzi si tramuta in una costante trasformazione dei personaggi: una continua presa e perdita di coscienza, un abbandono catartico alle emozioni che, senza pudore, condiziona le vite di questo quartetto in continuo movimento destinato, per amore, a trovare una soluzione, una via di uscita, una gratificazione emotiva pronta a riparare e travalicare le storture del quotidiano. Parigi, 13Arr. è un film scintillante e pieno di vita e che, grazie alla lucidità politica oltre che artistica dei suoi autori, non teme di appoggiarsi ai sentimenti arrivando ad affermare che – mentre si è alla ricerca di tempi e luoghi di realizzazione personale – l’amore può ancora essere un gesto rivoluzionario, una scelta che sradica e reinventa la percezione, intima ed estroversa, delle nostre vite.