Il Tempo e la sua fine: My Brother’s Name Is Robert and He Is an Idiot di Philip Gröning

Quello che resta del Tempo è l’attesa che il presente si compia, disperatamente, per morire nel passato. Che è come dire la fine dell’infanzia, il timor panico dell’indefinito in cui perdersi una volta cessata la compiutezza del bambino. E’ quello in cui sono presi Robert e Elena, fratello e sorella, gemelli, unità divisa in due, spirito lui carne lei: i corpi filosofici evocati da Philip Gröning in My Brother’s Name Is Robert and He Is an Idiot (in Concorso alla Berlinale 68), film saggio per pensiero e tempo, meraviglia traslucida di un filmare insubordinato, raziocinante e istintivo contemporaneamente, che si proietta sullo spettatore con la forza tagliente della logica manovrata dalla pulsione primaria (deleuziana) del rapporto tra Tempo e Movimento. Il gioco di questi due ragazzini è preso nel lasso di tempo tra la fine e l’inizio, l’arco di un week-end prima che l’infanzia termini: lunedì mattina Elena ha l’esame di filosofia che concluderà i suoi studi e la porterà lontano dall’amato fratello Robert.

Il gioco del sesso accennato nella penombra all’inizio del film è la prospettiva di un’unità fisica che i due stanno perdendo sul filo del Tempo: che per Gröning non è un parametro cronologico, ma soprattutto una categoria di pensiero, sulla quale Robert intrattiene Elena, per prepararla all’esame: Heidegger, Sant’Agostino, Bergson, pagine sfogliate per citazioni che attraversano le loro ore mattutine e si incidono nel film senza voler essere didascalie… La scena è quella di una stazione di servizio persa nel nulla lussureggiante di una campagna, isola colorata che rifornisce le auto e fa da set alla loro giocosa infanzia prolungata nell’adolescenza un po’ selvatica dei loro corpi in maturazione. Seduti nell’erba, ad un tiro da quel piccolo mondo fatto di beni di consumo governato da due cassieri che li sopportano benevolmente nelle loro scorribande, come figure familiari. Il doppio movimento del film prevede una prima parte statica, astratta nella purezza del pensiero e nella tensione ludica della relazione che unisce i gemelli in quello spazio edenico. E una seconda parte incisa nel furore orgiastico della carne che si compie e del gioco che si fa vero: la scommessa che contrappone Elena a Robert verte sulla perdita della verginità della ragazza prima di sostenere l’esame. Il commesso Adolf sarà la vittima di questo gioco crudele che terminerà ogni cosa in una esplosione di violenza tanto distruttiva quanto giocosa: la mattina dopo, a scuola, Elena sciorinerà la teoria del tempo come una melodia, in chiave bergsoniana. Intanto si accendono frammenti di immagini della stazione di servizio, che è stata e che non è più, ormai desolata e distrutta… Passato, presente futuro…

 

Chi ricorda L’amour, l’argent, l’amour sa di quale e quanta forza dirompente il cinema di Philip Gröning sappia farsi carico, esattamente come chi ricorda l’esordio di Sommer può capire la ritmica tutta interiore che il rapporto che il suo filmare sa instaurare tra spazio, tempo e corpo fisico dell’esserci, indeterminato ma senziente. Gröning è un pensatore per immagini che sa spingersi nell’anarchia filmica più radicale per trovare le ragioni spirituali e teoriche dei suoi personaggi, che non sono mai oggetti biologici, ma piuttosto tensioni teoriche e filmiche, insubordinate alla loro funzione primaria. My Brother’s Name Is Robert and He Is an Idiot giunge sullo schermo con la freschezza razionale e istintuale di un’immagine riflessa nel suo pensiero tanto quanto nella luce di cui è composta. La libertà nouvellevague della sua scrittura, il gioco a disarcionare i personaggi dalla loro didascalicità, la determinazione a lavorare nello Spazio della scena come fosse un corpo denudato da osservare con desiderio, la trappola del Tempo che scatta puntuale su ogni voglia di fuga e su ogni determinazione dell’essere filmico: Philip Gröning è un filmmaker di rara purezza e libertà e questo suo nuovo film resterà come un oggetto raro, puro e libero.