Louis de Funès e la saga del maresciallo Cruchot nel saggio di Edoardo Caroni

caroni_defunes_libroUn  ebook che ripercorre la vita e la carriera di un attore che in Italia è sconosciuto ai più, ma che in Francia è stato l’equivalente di Totò, con il quale ha lavorato nell’indimenticabile I tartassati. Ha recitato in oltre 150 film (negli anni 50, arrivava anche a interpretare 10-12 film all’anno). Stiamo parlando di Louis de Funès a cui Edoardo Caroni ha dedicato la monografia Louis de Funès. Un grande attore comico, pubblicata per Infilaindiana Edizioni (amzn.to/2gpSuyp). Un interprete dice Caroni nella premessa la cui «comicità così istintiva e surreale» è «senza tempo» e la cui«mimica facciale» che lo rende «molto simile a un cartone animato» possono «ancora oggi divertire grandi e piccoli».

 

 

Per gentile concessione dell’autore pubblichiamo il capitolo Il gendarme più famoso di Francia.

 

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Nell’estate del ’63 Jean Girault propone al comico francese un copione scritto da Richard Balducci, che di lì a poco diviene Una ragazza a Saint-Tropez (Le gendarme de Saint-Tropez, 1964), primo film della serie (in totale sono sei) che ha per tema principale le avventure dello scalcinato maresciallo Ludovic Cruchot alias Louis de Funès e dei suoi buffi colleghi. Balducci, corrispondente durante la seconda guerra mondiale, in seguito diventa sceneggiatore e scrittore. Curioso è come nasca in lui l’idea di ambientare proprio a Saint-Tropez la storia dell’improbabile gruppo: rimasto vittima del furto di una cinepresa nella rinomata località turistica e recatosi a fare la denuncia, il brigadiere di turno candidamente gli spiega che loro sanno chi sia il ladro, ma che per arrestarlo devono coglierlo in flagrante. Divertito dal ragionamento comincia a fantasticare su come trasformare questo spunto iniziale in qualcosa di concreto.Le riprese durano sei settimane e il budget pur se limitato permette comunque di inserire nel cast un nutrito stuolo di bravi attori che, eccetto alcune modifiche, rimane lo stesso per tutti e sei i film. Il ciclo presenta, in effetti, diverse caratteristiche comuni: la sceneggiatura e i dialoghi sono sempre curati dall’inossidabile duo Girault-Vilfrid, le musiche sono costantemente opera del maestro Raymond Lefèvre che crea per l’occasione la canzone Douliou douliou Saint-Tropez, la famosa marcia dei gendarmi. Questi ultimi sono: Michel Galabru (Jérôme Gerber, il capo di de Funès) e i subordinati Jean Lefebvre (Fourgasse), Christian Marin (Merlot), Guy Grosso (Tricard), Michel Modo (Berlicot). Una ragazza a Saint-Tropez inizia in bianco e nero, poi con la promozione di Cruchot e il conseguente trasferimento in Costa Azzurra si colora. Il neo-maresciallo si mostra da subito intransigente (in particolare con i nudisti che popolano le spiagge locali, uno dei leitmotiv della serie), anche se di fronte ai superiori muta immediatamente atteggiamento. La parte permette, quindi, a de Funès di essere capo e subalterno al tempo stesso e di giocare con i rapporti di gerarchia, situazione da lui così sintetizzata: «Il gendarme? È tutta l’umanità! In fondo si lustrano sempre le scarpe dei superiori, ma ci si pulisce le mani sugli inferiori». Il maresciallo Cruchot, con i suoi scatti di ira e le smorfie inconfondibili, diventa in breve una maschera, un personaggio familiare a tutti i francesi e non solo. La pellicola si regge, come il resto del ciclo, su un’altra antinomia, quella che oppone de Funès ai giovani (specialmente la figlia). È come se lui incarnasse la Francia borghese e conservatrice che tenta inutilmente di arginare i mutamenti sociali e di costume. Dunque, il suo perenne arrabbiarsi e gesticolare animatamente non rappresenta altro che un’efficacissima metafora di questo sterile tentativo di reazione. Il film ottiene un enorme successo commerciale (n° 1 al botteghino d’oltralpe del 1964).

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Nel ’65 esce Tre gendarmi a New York (Le gendarme à New York). L’intento di cavalcare l’onda del trionfo precedente è evidente. Il risultato finanziario è però, a fronte delle maggiori spese sostenute dalla produzione, tutto sommato deludente. Senza dubbio più riuscito è il successivo Calma ragazze, oggi mi sposo (Le gendarme se marie, 1968). La vera novità consiste nell’aggiunta di Josepha Lefrançois, una vedova interpretata superbamente da Claude Gensac, che diventa alla fine della pellicola la signora Cruchot. Curiosa la trovata della scossa elettrica che suggella il momento del loro innamoramento. La Gensac diviene velocemente per tutti «Josepha, ma biche!» letteralmente «Giuseppa, mia cerbiatta!» (o, più confidenzialmente, “mia cocca”), l’espressione con cui spesso viene apostrofata da Cruchot. L’attrice debutta sia al cinema che sul palcoscenico a fianco di de Funès. Quest’ultimo l’adora e di lei dice: «Vorrei che recitasse in tutti i miei film, è un vero portafortuna». È Jeanne, la moglie di de Funès, che conoscendola da tempo spinge il marito a scegliere la Gensac come sua sposa sul grande schermo (ruolo che ricoprirà in tutto per ben sette volte). Questa identificazione così forte con l’universo “defunesiano”, alla fine, ha però mostrato il rovescio della medaglia. La stessa attrice lo spiega così: «Louis era molto attento alla mia carriera. Un giorno mi ha detto: fai attenzione Claude, fai anche altre cose, altrimenti resterai “ma femme” tutta la vita. Ed è quello che è successo! Quando è morto, i produttori mi hanno seppellito con lui! Nessuno mi voleva più mettere sotto contratto, perché per milioni di spettatori ero catalogata come sua moglie!». Nella primavera del ’70 viene portato nelle sale 6 gendarmi in fuga (Le gendarme en balade) che raggiunge di nuovo il primo posto al box office francese. Il corpo dei gendarmi di Saint-Tropez viene sostituito da de-funes_baladeforze più fresche e di conseguenza Cruchot si trasferisce in campagna con la moglie. In questa parte Cruchot e de Funès sembrano coincidere. Infatti, abbiamo la possibilità di osservarlo mentre si rilassa con gli stessi passatempi da lui praticati nella vita reale: giardinaggio, pesca, equitazione (nel film per salire sul cavallo utilizza un montacarichi e poi non riesce più a togliersi gli stivali). L’occasione di guardare insieme a Galabru un filmino amatoriale è il pretesto per rivedere alcune scene clou dei capitoli precedenti. Diverse sono le trovate divertenti (in particolare l’incontro con un gruppo di hippies). Alla fine i gendarmi vengono reintegrati e tutto torna come prima. La lavorazione del penultimo episodio, Il gendarme e gli extraterrestri (Le gendarme et les extra- terrestres, 1979), è più travagliata delle altre. Infatti, una controfigura finisce fuori strada con la macchina, causando il ferimento di quattro persone e il decesso di una quinta. Inoltre, il cast subisce varie modifiche: Jean Lefebvre, in aperto contrasto con de Funès, viene sostituito da Maurice Risch; Christian Marin è rimpiazzato da Jean-Pierre Rampal; infine, il ruolo di Josepha Cruchot è interpretato da Maria Mauban (una vecchia conoscenza di de Funès). I nostri gendarmi questa volta incontrano alcuni extraterrestri e le situazioni surreali non mancano. Anche se gli effetti speciali lasciano alquanto a desiderare, specialmente se paragonati a quelli utilizzati in contemporanea da Steven Spielberg, la pellicola è in termini economici un ennesimo trionfo. Va considerato che il film viene girato in un periodo in cui ormai l’attore, a causa della sua malferma salute, partecipa al massimo a una pellicola all’anno. Nella parte finale della carriera cercherà copioni di maggiore qualità e amplificherà l’abitudine di presiedere al montaggio. Rispetto a Il gendarme e gli extraterrestri asserisce: «[…] quest’ultimo Gendarme è stato scritto e girato troppo di corsa».

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Il grande comico indossa per l’ultima volta l’uniforme del maresciallo Cruchot in Le gendarme et les gendarmettes (1982), il film che (come vedremo meglio più avanti) chiude il suo lungo percorso artistico. La brigata di Saint-Tropez prima si misura con l’arrivo della tecnologia informatica e poi accoglie e forma un nuovo contingente composto da quattro belle ragazze. Da registrare il ritorno dell’insostituibile Claude Gensac. Durante le riprese, all’età di 58 anni, muore Jean Girault. Tony Aboyantz, il suo assistente, porta a termine la lavorazione. La pellicola non è un capolavoro e la risposta degli spettatori è più fredda del solito. In realtà era previsto un ulteriore capitolo, Le Gendarme à Waterloo, in cui Cruchot sarebbe andato indietro nel tempo e avrebbe incontrato Napoleone. Il progetto, a causa della scomparsa del regista e della star della serie, ovviamente non è mai stato realizzato.