Se n’è andato a 91 anni Guido Ceronetti, filosofo, intellettuale e saggista gigantesco che traduceva gli Epigrammi di Marziale (1964), I Salmi (1967, 1985), Le poesie di Catullo (1969) e costruiva un mondo con il teatro di marionette (nel 1970 ha dato vita al Teatro dei Sensibili con il quale ha realizzato decine di spettacoli). Per ricordarlo, nella sua sterminata produzione – spesso geniale fin dai titoli: D. D. Deliri Disarmati , Trafitture di tenerezza – Poesia tradotta 1963-2008, Ti saluto mio secolo crudele, Per non dimenticare la memoria, Sono fragile sparo poesia (2012) – abbiamo scelto Un viaggio in Italia (uscito nel 1983 e ripubblicato da Einaudi, con un nuovo capitolo, nel 2004 e 2014). Come ha notato Raoul Bruni l’opera ha:”mantenuto intatto, insieme all’intrinseco fascino letterario, tutto il suo straordinario valore di testimonianza antropologica sull’Italia contemporanea”. Aveva ragione Raffaele La Capria, quando definì il Viaggio e il volume gemello Albergo Italia, “due descrizioni grandiose, e direi dantesche, da cui vien fuori tutto l’orrore del disastro italiano, […] che costituiscono […] l’ultimo definitivo capitolo di quel viaggio in Italia romanticamente iniziato da Goethe e così miseramente finito ai nostri giorni”. Il punto di partenza del libro, qui e là esplicitato, è il pressoché omonimo Viaggio in Italia di Guido Piovene, anno 1957. Il viaggiatore Piovene con eleganza testimoniava il fervore della ricostruzione post-bellica, e con pacato ottimismo descriveva le trasformazioni, la sprovincializzazione della della penisola. Un quarto di secolo dopo, visto attraverso gli occhi di Ceronetti, il paesaggio italiano appare, sì, radicalmente mutato: ma in peggio. Anzi è sconvolto, martoriato sfigurato, abbruttito sino all’oscenità. E con esso “idiotizzate”, turpi e sconce sono le genti italiche, omogenizzate secondo i più mediocri standard di vita. Apocalittico integro e non integrato, Ceronetti non vede, né, forse vuole vie d’uscita. Pasolini smaniava, da profeta disarmato, contro questo Paese “orribilmente sporco”. Ceronetti, in fondo, si limita ad essere il suo solerte, crepitante becchino. Un viaggio in Italia assomiglia a un certificato di morte con necrologio annesso. Non a caso il libro è crivellato di visite nei cimiteri, nei sepolcri ed è punteggiato da sardoniche citazioni di epigrafi, di lapidi, di annunci funebri. Il traduttore di Marziale e quello di Isaia profeta si impregnano qui in una scrittura che combina feroci artigliate satiriche con le meditanti osservazioni di un implacabile scrutatore delle rovine e del nulla sottesi ai nostri giorni. Altro che ecosistremi e biosfere, il primo e più grave agente di inquinamento del mondo è proprio l’umana specie, ma dietro la smorfia e l’irrisione colta c’è una persistente passione. Si può fare un’arte pura del (dis)vivere.
È più facile accettare il crimine sporadico che l’ottusità permanente. Guido Ceronetti