“Estate 2020: insieme ci fermiamo – Estate 2021: insieme ripartiamo”. È lo slogan con cui la quasi totalità dei maggiori promoter e organizzatori di spettacoli dal vivo italiani (CoMcerto, D’Alessandro e Galli, Daze, Friends&Partners, Magellano, Vertigo, Vivo Concerti), riuniti sotto l’egida dell’associazione di categoria Assomusica e con l’aggiunta della multinazionale Live Nation, nella giornata di lunedì 18 maggio hanno ufficializzato ciò che era nell’aria da tempo: nessun grande concerto, nessun festival o rassegna musicale di rango occuperà l’estate nazionale 2020 (e quasi certamente nemmeno quella continentale).È tutto rinviato all’anno prossimo, insomma, con ricalendarizzazione dei live sospesi a causa dell’emergenza Covid-19 negli stessi luoghi originariamente previsti, ove possibile, esattamente un anno dopo, provando a immaginare questa stagione infausta quasi come se non ci fosse mai stata.Ecco dunque che dobbiamo per il momento dire addio all’approdo sui palchi del BelPaese di Nick Cave e Mark Lanegan, Lana Del Rey e Green Day, Eric Clapton, Thom Yorke, The Struts, Iron Maiden, Kiss, John Legend, Billie Eilish, Ben Harper, Celine Dion, Beck, The Lumineers, Michael Kiwanuka, Yusuf Cat Stevens, Paul McCartney, Deep Purple, per citare alcuni tra i nomi più prestigiosi. Ma anche prendere atto che non ci saranno esibizioni né di Vasco né del Liga, né di artisti adatti a palati diversi, come Claudio Baglioni, Piero Pelù, Willie Coyote, Andrea Bocelli, Subsonica, Niccolò Fabi e Tiziano Ferro, Afterhours e Zucchero. Oltre che salutare, sempre per questa stagione, programmazioni collettive di lungo corso e consolidato prestigio quali Collisioni, Firenze Rocks, Lucca Summer Festival, Umbria Jazz, Pistoia Blues, Bologna Sonic Park, Rock in Roma, Stupinigi Sonic Park, insieme al multiforme cartellone dell’Arena di Verona, frullato di lirica, classica, pop e rock. Per fare il punto della situazione, abbiamo coinvolto l’amico Adolfo Galli, promoter bresciano classe 1961, che dal 1987 forma con il napoletano Mimmo D’Alessandro, l’affiatato connubio D’Alessandro e Galli (DeG), con sede a Viareggio. (In apertura Galli con Crosby, Stills e Nash).
Adolfo, davvero non c’erano alternative a questo spostamento definitivo di tutti i live al 2021?
Nessuna: non con questa situazione di emergenza e con le misure di sicurezza che si devono adottare per fronteggiarla. Con la salute non si scherza, e i promoter si erano già da tempo rassegnati all’idea che il 2020 sarebbe stato un anno di transizione. Ora la cosa è ufficiale.
Cosa significa questo stop in termini di numeri?
Per rimanere alla situazione dei grandi spettacoli dal vivo e degli artisti di prima fascia coinvolti, per l’Italia significa la sospensione di 4000 concerti e dei 16 festival maggiori (a cui ne vanno aggiunti decine, se non centinaia di minori). Una vera ecatombe, per tutto il sistema: non solo per il comparto musicale in senso stretto, ma anche per il turismo e il territorio. Il mondo della musica live è un sistema articolato: si calcola la perdita di 10 milioni di spettatori e 700milioni di euro di fatturato per la sola bigliettazione dell’anno, con una ricaduta complessiva sul territorio (in negativo, naturalmente) di 1,5 miliardi di euro.
La soglia della primavera 2021 fissata per la ripresa a pieno regime della vostra attività sarà sufficiente?
È comunque una scommessa, un atto di atto di fede nella prossima ripartenza del sistema, anche se la stella polare resta la tutela della salute. Credo che si tornerà definitivamente alla normalità (che potrebbe anche essere una normalità diversa rispetto a quella a cui eravamo abituati) soltanto quando non ci sarà più pericolo di contagio diffuso. Il che significa, se non necessariamente in presenza di un vaccino (non dimentichiamo che ci sono malattie che lo attendono da tantissimo tempo, e che pure sono state in qualche modo disinnescate, anche se non debellate), quantomeno quando sarà drasticamente ridotto il rischio di mettere in pericolo la propria vita e quella di coloro con cui si entra in contatto.
I limiti in vigore per gli spettacoli dal vivo (tetto di 200 persone al chiuso, di 1000 all’aperto) lasciano teoricamente spazio per show di ridotte dimensioni. Ci sono, a livello pratico, margini per realizzare alcuni eventi?
Certi eventi, laddove i cachet degli artisti sono contenuti e la risposta prevedibile del pubblico più contenuta, sono possibili anche con di fronte al contingentamento dei decreti. Ma non dimentichiamo che le cifre in questione sono “lorde”, perché in esse vanno conteggiati pure gli addetti ai lavori…E che l’eventuale organizzazione deve fare i conti con ulteriori variabili, dal distanziamento alle misure di sicurezza e di igiene, alla sanificazione, alla intensificazione dei controlli.
Nelle scorse settimane si sono moltiplicati gli appelli a sostegno dei “lavoratori dell’intrattenimento”, con particolare attenzione per i cosiddetti invisibili, lanciati da star nazionali. Aveva cominciato Tiziano Ferro, beccandosi anche, oltre agli insulti dei soliti haters, critiche solo un poco più benevole che lo tacciavano di essere un privilegiato che non esitava a lamentarsi. Nei giorni successivi, però, il suo esempio è stato seguito da molti altri (Giorgia, Laura Pausini, Gianna Nannini, Ligabue, Fiorella Mannoia, Elisa, Frankie Hi-Nrg…) e il vento sembra essere gradualmente cambiato. Cosa ne pensi?
Tiziano Ferro non ha chiesto nulla per sé o per gli altri artisti di vertice, che di sicuro non hanno problemi di sopravvivenza nel breve periodo. Si riferiva semmai ai tanti operatori che ruotano intorno ai concerti e al mondo dello spettacolo nel suo complesso (dai tecnici ai runner, dai facchini agli autisti, dalle maschere ai turnisti), come pure ai musicisti che vivono quasi esclusivamente dell’attività live. Gente che va supportata, considerato che da noi non esiste “paracadute” di settore com’è per esempio “MusiCare” negli Stati Uniti. Il lavoro artistico è visto, chissà perché, come se fosse circondato nella sua integralità da un’aura dorata: ma per ogni peso massimo del settore, ci sono migliaia di invisibili che faticano ad arrivare a fine mese. Soprattutto a costoro pensava, evidentemente e con piena ragione, Ferro.
Come organizzatori di eventi live avete comunicato con una sola voce, quella di Assomusica, e avete volutamente evitato di coinvolgere gli artisti o, meglio, avete parlato pure per loro. Perché?
Soprattutto per proteggerli da attacchi spesso strumentali o comunque poco giustificabili, come quelli a cui si accennava prima. I nostri artisti sono fondamentali, ovviamente, per il funzionamento del sistema, che ruota intorno ad essi; ma non hanno, né potrebbero avere, un ruolo in questo processo decisionale. Abbiamo parlato anche per loro, perfettamente consapevoli che un attacco nei loro confronti colpisce un settore che vive già un’emergenza profonda e drammatica.
Ritieni che non vengano riconosciuti i meriti del comparto?
Sul tema sono perfettamente allineato con il drammaturgo Stefano Massini, che nel monologo Io non sono inutile, passato su La7, ha sostenuto che mai come in questo momento la cultura, l’arte, la bellezza, sono state “minimizzate e ridotte a categorie inutili, la cui ripresa non è inserita tra le priorità ed è indicata come lontana nel tempo”. Questo, nonostante che esse (cultura e arte) muovano centinaia di migliaia di posti di lavoro e siano parte stessa del nostro DNA di italiani. D’altronde, cosa ci ha aiutato ad affrontare meglio il lockdown e il conseguente periodo di clausura, a sopportare il clima da “the day after”, se non la musica, i film, i libri? Esattamente le cose che, secondo Massini, si traducono in emozioni e ricordi e, dunque, in vita. Esattamente le cose che vengono, da molti, considerate superflue, non indispensabili.
Assomusica, pochi giorni dopo l’inizio del lockdown, aveva chiesto misure di sostegno urgenti per il vostro ambito, sul quale il governo si è pronunciato solo parzialmente. In cosa consistono?
Si tratta di interventi mirati che, entrando nelle peculiarità del nostro settore, specificano meglio misure che potrebbero giovare alla sua tenuta. Ma che non divergono completamente da quelli ipotizzati dalle diverse realtà industriali e artigianali a livello generale, dove pure assumono forme magari un po’ diverse. Molto sinteticamente, si sostanziano nella sospensione dei versamenti IVA, nel blocco dei mutui per l’acquisto di tecnologie, negli indennizzi mirati per le imprese dello spettacolo, nel riconoscimento del credito d’imposta per le spese di organizzazione dei live annullati o differiti, nella detassazione a fronte di crolli dimostrabili e certificati di fatturato. Infine, anche considerato che saremo praticamente gli ultimi della filiera produttiva a ripartire (perfino dopo cinema e teatri), la cassa integrazione per il lavoratori fino a quel momento. Siamo il linea con le richieste di altri ambiti, insomma.
Pare invece risolta nel senso che auspicavate la questione relativa ai biglietti delle prevendite, per i concerti che sono stati rinviati o annullati. È così?
Dal combinato disposto dei decreti legge “Cura Italia” e “Rilancio” si ricavano in effetti indicazioni chiare e soddisfacenti: in essi si constata che sussistono evidenti cause di forza maggiore, per cui in nessun caso l’organizzatore di un concerto viene ritenuto responsabile in questo infausto periodo del rinvio o dell’annullamento di un live. Ciò comporta alcune conseguenze ben definite. In particolare, i tagliandi acquistati in prevendita restano validi per le date che sono state già riprogrammate o che lo saranno a breve, comunque entro un determinato periodo. In caso di definitivo annullamento viene invece emesso un voucher di importo pari al loro valore (da richiedere entro 30 giorni dalla data di annullamento dello spettacolo stesso) e utilizzabile poi nell’arco di 18 mesi, in qualunque evento organizzato dal medesimo promoter. Questa normativa generale non esclude che singoli organizzatori possano prevedere in casi particolari il rimborso a fronte della cancellazione, sebbene io ritenga difficile tale opzione. Il biglietto che resta valido, in fondo, è un investimento di fiducia nella ripresa…E il pubblico di appassionati in proposito dovrebbe sapere anche un’altra cosa…
Quale?
Che questo atto governativo, in apparenza semplice e da molti visto quasi come una concessione nei nostri confronti, in realtà è di fondamentale importanza per la sopravvivenza del settore. Non solo: è il primo aiuto concreto che io ricordi a una realtà che da sempre si regge unicamente (e giustamente, peraltro) sugli investimenti dei privati e sul rischio d’impresa. Noi non siamo enti lirici o teatrali, di norma supportati da contributi statali o più in generale da sovvenzioni pubbliche. L’emissione di voucher permette dunque alle agenzie di live la liquidità necessaria per ripartire quando ci saranno le condizioni. Anche perché gli appuntamenti saltati in questi due mesi, o in origine previsti per l’estate, non sono stati finora a costo zero: la fase di pre-produzione di un evento comincia mesi prima della sua realizzazione e comporta spese ingenti, generate da adempimenti burocratici, verifiche logistiche e tecniche, perizie finalizzate all’ottenimento di autorizzazioni, promozione e tanto altro.
Facciamo un po’ di memoria storica, per meglio inquadrare il tuo lavoro, di cui abbiamo per motivi contingenti toccato alcuni aspetti sostanziali e critici, ma che per fortuna vive anche di contenuti, che talvolta toccano l’elemento romantico del fare musica e spettacolo. Il rapporto con il tuo socio Mimmo nasce nella seconda metà degli anni Ottanta: galeotta fu la passione per Joe Cocker…
In quel periodo seguivo le tournée di Miles Davis e di Joe Cocker in Italia. Mimmo venne insieme a Zucchero, di cui era amico, a vedere un concerto di Joe sul Lago di Garda, e successivamente mi diede una mano con alcune date. Fu il banco di prova per un’unione professionale che dura da tanto e che ha un figlio prediletto, il Lucca Summer Festival, che quest’anno sarebbe giunto alla 23ª edizione, ma che purtroppo, per la prima volta deve fermarsi.
Oltre ad aver organizzato tournée di varie stelle di casa nostra, come D’Alessandro&Galli avete portato in Italia moltitudini di musicisti e performer, dai Rolling Stones a Bob Dylan, da Roger Waters ai King Crimson, da David Gilmour ad Adele, da Celine Dion a Paul McCartney, da David Bowie a Leonard Cohen, dagli Eagles a Eric Clapton, da Gary Clark jr a Elton John, senza dimenticare nomi della West Coast con cui hai maturato rapporti di vera amicizia, tipo David Crosby, Graham Nash, Stephen Stills, Neil Young, Jackson Browne, James Taylor…C’è un sogno irrealizzato, rimasto nel tuo cassetto da promoter?
Un sogno che resterà tale: si chiama Joni Mitchell. Venne una sola volta in Italia, nel 1983, all’Arena di Verona. Ero in prima fila a vederla, però, e mi accontento di questo.