Cinque anni non sono una vita, ma se quello che si chiama un lustro coincide con il tempo del filmare che Sébastien Lifshitz dedica a due ragazzine francesi, la questione si fa molto interessante. Parliamo di Adolescentes (lo si può vedere in streaming nella programmazione di MyFrenchFilmFestival) ed è il penultimo film del regista francese, girato a ridosso del tempo che Emma e Anaïs, le due protagoniste, hanno messo a passare dai 12 ai 18 anni e di quello che il regista ha impiegato per realizzare due altri suoi lavori, Les vies de Thérèse e il magnifico Petite fille. Lifshitz è un autore che va consolidando il suo confronto con la permeabilità del tempo esistenziale alla macchina da presa, con Adolescentes entriamo direttamente nel campo del cinema che accompagna la vita, del filmare che intrattiene un rapporto privilegiato e intimo con le biografie reali colte nel loro durare, nello svolgersi del loro tempo. Magnifica prassi cinematografica, molto meno inusuale di quel che si pensi, che ha tentato e tenta quei filmmaker intenzionati a spingersi più avanti nel dialogo tra le figure in campo e il campo stesso in cui si muovono. Va da sé che in questi casi il campo è una porzione di spazio e di tempo, offerta allo sguardo della macchina da presa proprio per parlare con la durata dell’esistere, con le mutazioni in atto, con la drammaticità delle scelte, l’ironia delle conseguenze, la verità dei corpi che mutano a vista, maturano, crescono, invecchiano…
Richard Linklater ne desume una trattazione magnificamente narrativa del reale (inteso in senso fisico, colto sui corpi dei suoi attori). Altri registi (Truffaut, Herzog) preferiscono abitare corpi attoriali transustanziati in personaggi… Lifshitz, in Adolescentes, aderisce alla voglia di cristallizzare una delle fasi più fluide dell’esistenza, quell’impercettibile e costante incedere dell’infanzia verso l’età adulta, l’aprirsi della dimensione soggettiva del bambino alla necessità delle scelte e all’obbligo delle mutazioni. Nulla di più clamorosamente narrativo, a ben pensarci, e infatti Lifshitz trova in Emma e Anaïs la materia per un film che, nel suo essere un documentario, è anche il romanzo di un’amicizia e la narrazione di un’avventura esistenziale in cui convergono la Storia presente francese, drammi personali (l’incendio di una casa, l’intervento chirurgico di una madre), dissidi familiari, dubbi sentimentali, scelte che determinano il futuro… Piccole donne crescono nella Francia di provincia (siamo a Brive, in Aquitania) del terzo millennio, insomma: schermo panoramico (ratio: 2.40), presa diretta che dialoga con una capacità di messa in scena incredibilmente trasparente eppure piena e nutriente nelle luci e nei cromatismi, nella composizione del quadro, nell’autenticità dell’essere in campo delle due protagonista e delle famiglie.
Emma e Anaïs sono scaturite dal casting separatamente, racconta il regista, ma per quei casi che il dio del cinema governa magnificamente erano anche due grandi amiche, inseparabili per quanto provenienti da contesti sociali opposti: famiglia borghese istruita Emma, ambiente più popolare Anaïs. Ma stessa scuola, che infatti diventa il territorio condiviso e in qualche modo lo spazio privato in cui il regista fa muovere le due protagoniste: il film si apre con le due dodicenni che devono scegliere quale istituto superiore frequentare e si chiude con il Bac, la Maturità, che saluta le due diciottenni. Una traiettoria narrativa costruita dunque sulle scelte che queste ragazze devono fare: Emma che prende il liceo e poi proseguirà all’Università, Anaïs che invece sceglie una scuola di formazione e si dedicherà all’infanzia prima di scoprire di essere predisposta per la cura degli anziani. In mezzo ci sono i dubbi sulla prima volta, pallidi bagliori affettivi e sentimentali (l’amore va detto non è una delle loro priorità, o almeno Lifshitz se ne tiene abbastanza alla larga), dissidi con gli insegnanti, con i genitori (soprattutto la più combattiva Emma, che ha a che fare con una madre anche troppo presente), serate in discoteca… Da Parigi riecheggiano via tv gli spari alla redazione di Charlie Hebdo e poi al Bataclan, in casa di Anaïs si discute sui musulmani da non criminalizzare, poi si bofonchia scontento per l’elezione di Macron (che tristezza dover sempre gioire perché vince il meno peggio, si dice a casa di Emma)… Ecco, Adolescentes è una porzione di vita che trova nello sguardo come sempre discreto ma presente di Lifshitz la possibilità di diventare cinema, ovvero narrazione di tempo e spazio e corpi alle prese con la vita. Il punto focale di questo regista resta la costanza nel mutare, la forza dell’essere che si impone nella suo fluidità, nella verità dell’identità: il successivo, magnifico Petite Fille ne è espressione ancor più sorprendente e vibrante.
L’11a edizione di MyFrenchFilmFestival è in streaming fino al 15 febbraio