Querido Fidel, di Viviana Calò tra commedia surreale e utopia della rivoluzione

Opera d’esordio per Viviana Calò e come conviene anche programmatica, con un valore forse anche futuro, occupando, pur con le sue manchevolezze, Querido Fidel, un posto finora vuoto nella nostra cinematografia. Tutto ruota attorno a Emidio Tagliavini, napoletano convinto comunista castrista, che in una Napoli quasi somigliante alla Cuba di Fidel Castro, obbliga la sua famiglia ad un regime di vita improntato alle politiche austere, ma efficaci che si praticano nell’isola caraibica. Emidio è in cura presso la locale ASL, ma forse come comprende la moglie non ha bisogno di cure, ma solo che Castro risponda alle sue lettere che mensilmente Emidio invia al rivoluzionario cubano. Intanto, siamo negli anni ’90 il partito comunista italiano diventa altro ed Emidio che nel frattempo perde anche la moglie, non si riconosce più nella politica della sinistra e non resta che organizzare un viaggio a Cuba per conoscere di persona Fidel. Ci penserà Celia, la giovane e intelligente nipote cui è affidata la memoria di questa originale famiglia. Querido Fidel, commedia semplice negli assunti, ma non semplicistica nella sua elaborazione, soffre di alcuni problemi del tutto comprensibili in un’opera prima, ma si tratta di vizi del tutto emendabili, che in fondo non costituiscono manchevolezze così gravi tali comunque da intaccare il resto dell’impianto di scrittura e di concezione per un film che sa portare a casa una certa originalità di racconto e una sua lunare rappresentazione che manca da tempo nel cinema italiano.

 

 

Forse l’imperfezione più evidente, specie nell’avvio del film, dopo il prologo che serve a presentare i personaggi, è una certa mancanza di ritmo che diventa elemento essenziale in una commedia per una sua lineare prosecuzione, ma anche sotto il profilo strutturale per reggere il peso della ricercata brillantezza dei dialoghi su un assetto anche spedito e ritmato che faccia da supporto allo scambio di battute. Questo ritmo fatica un po’ a ingranare, preferendo, il film, lo sguardo complessivo sulla città, efficace e ben riuscito e affidandosi alla ottima esperienza ed egregia interpretazione di Gianfelice Imparato, che sa reggere con agilità il difficile personaggio di Emidio. Il film di Calò sa, pur con queste carenze, occupare un posto da anni vuoto nel nostro cinema, quello della commedia con i tratti surreali diretta da una regista, la cui ultima esperienza salvo smentite è Tito e gli alieni,il film di Paola Randi che ruota attorno ad un’altra, e a questa assimilabile, ossessione maschile e nel quale, peraltro, si ritrova lo stesso Imparato.

 

 

Non è frequente un esordio con una commedia che non sia un racconto di sentimenti e di questo va dato atto alla regista campana che peraltro sa utilizzare la struttura della commedia per raccontare con una certa leggerezza di toni, ma al contempo senza pedanteria, anche la crisi della sinistra dibattuta tra gli estremismi di Emidio, assertivo di una rivoluzione costante e in ogni atto del quotidiano, e il personaggio di Tommaso, interpretato dal sempre ironico Ninni Bruschetta, che rappresenta il rigido funzionario di partito sempre pronto ai compromessi politici e alla linea imposta dai suoi sovraordinati. Per carità non tutto è nuovo, non tutto come si diceva è perfetto, ma è perfettibile, poiché il film dimostra la stoffa della regista, che è anche autrice della sceneggiatura. Su un piano più privato e personale, rivolto cioè ai singoli profili dei personaggi, non vi è dubbio che è proprio quello di Emidio a prevalere, ma non ultimo quello di Elena, moglie di Emidio cui dà volto Alessandra Borgia. Elena è il regolatore familiare, l’ago della bilancia e il baricentro esistenziale anche del marito e la sua foga rivoluzionaria, che si stempera dopo la scomparsa della moglie, sembra costituire quasi un gergo segreto nella coppia, la rivoluzione come chiave di un rapporto matrimoniale. Querido Fidel – che è stato proiettato al Bifest 2021, manifestazione che ha assunto una sua centralità nel panorama cinematografico pugliese – è un film promettente e se non tutto è perfetto è quasi addirittura meglio, poiché i margini di miglioramento sono il futuro e solo il raggiungimento della perfezione diventa l’approdo, l’utopia, quella invano ricercata da Emidio, che sa vivere in un altro mondo e dentro un più stimolante orizzonte.