Il futuro è alle porte anche per i fumetti, che stanno vivendo un periodo di grande successo commerciale ma di grande messa in gioco al tempo stesso con un’epocale transizione dalla carta al digitale, da cui non è immune nemmeno un colosso come Marvel Comics, che sta muovendo i primi passi in Italia. Iniziamo qui una prima esplorazione di questo mondo con un’intervista allo staff di Jundo. Cominciamo da Lorenzo Carucci, CEO e ideatore del progetto.
Qual è la filosofia che sta alla base del progetto Jundo?
Lorenzo Carucci: Jundo è una piattaforma digitale per la lettura di fumetti su abbonamento che prevede anche la possibilità di acquistarne le versioni cartacee sul nostro shop. Le opere che pubblichiamo vengono da tutto il mondo: Cina, Francia, America per esempio ma anche fumetti originali realizzati da giovani autori italiani come Lorenzo Grassi e Matteo Filippi, che parleranno del loro Belle Epoque. Il 100% del ricavato dei volumi cartacei va agli autori creando un contesto in cui l’autore è proprietario dell’opera.
I fumetti stanno vivendo una transizione dal cartaceo al digitale. Le edicole si sono ridotte di circa due terzi dal 2000 a oggi, l’editoria è dipendente dal prezzo della carta che lievita ogni giorno. Tu come vedi questo processo? In che modo cambierà le abitudini dei lettori?
L. C.: Colpirà su due fronti. Da un lato non credo che peggiorerà la situazione della filiera classica, sia per quanto riguarda i canali distributivi tradizionali e le fumetterie sia per quanto riguarda gli editori perché si potrebbe rivelare un driver devastante verso l’innovazione, portando più autori sul mercato e incrementando addirittura il numero dei cartacei in quanto in Italia cartaceo e digitale lavorano in sinergia, attraverso il digitale si scoprono nuovi fumetti che poi il lettore vuole avere fisicamente fra le mani, inoltre porterà nuovi autori sul mercato creando una nuova ondata creativa che attirerà più persone verso questo nuovo media, lettori potenziali che prima non lo erano. Dall’altro lato si svilupperà un ecosistema digitale che adesso non esiste, un filone tutto nuovo nato da poco, quello dei webtoon, che stanno spopolando in tutto il mondo e adesso anche in Italia, i primi titoli nati in digitale stanno vendendo molto bene. La transizione al digitale porterà quindi nuova linfa al cartaceo più tradiizionale tramite una maggior awareness verso il mezzo e dall’altra parte un contesto digitale tutto nuovo laddove prima per leggere i fumetti esistevano soltanto le scan.
Come cambierà il modo di fare fumetti? Qual è la specificità del raccontare fumetti pensati per il digitale?
L.C.: La prima differenza è legata al mezzo. Il fumetto digitale va in infinite canvas, ovvero si legge in verticale scorrendone le pagine in continuità sullo schermo in un’unica pagina infinita, il che offre possibilità narrative inedite come panoramiche dall’alto verso il basso e tante altre nuove soluzioni, inoltre la lettura tramite device, per esempio lo smartphone, offre opzioni prima inesistenti come la possibilità di ascoltare colonne sonore dinamiche, gif animate e la lettura dinamica vignetta per vignetta.
Le piattaforme di fumetti on line come Jundo si contendono i tempi interstiziali, come il viaggio verso il lavoro sui mezzi pubblici o il tempo passato in bagno, con i social media e altre forme di intrattenimento. Qual è l’arma del fumetto contro avversari più immediati che giocano anche sporco con l’effetto dopamina del like?
L.C.: Il pericolo che menzioni è la stessa arma che usiamo per emanciparci dalla concorrenza dei social che nelle nostre mani diventano mezzi alternativi per narrare il fumetto, per esempio Tik Tok è devastante da questo punto di vista, diverse persone ci hanno conosciuto da questo canale come da Instagram, non ci mettiamo di traverso a chi ci fa concorrenza per avere l’attenzione del lettore ma ne sfruttiamo la forza per comunicare ciò che facciamo.
Il fumetto, almeno da noi, è sempre stato un’industria chiusa in cui pochi riuscivano a entrare del tutto ricavandone uno stipendio, mentre la maggior parte dei fumettisti o aspiranti tali vive facendo anche altro. Come cambia il lavoro del fumettista dell’era digitale?
L. C.: Uno dei pilastri della nostra piattaforma è proprio dare ai nostri autori gli strumenti necessari per vivere grazie alle proprie creazioni, impresa difficilissima in Italia. Certo anche con i nostri mezzi non è facile, nonostante il 100% del ricavato dei cartacei noi la diamo all’autore, perché la massa critica monetaria necessaria a sostenere la vita di un artista è enorme. Dal canto nostro lavoriamo tanto sul farci conoscere, partecipando a eventi come Lucca Comics dove effettivamente puoi avere feedback devastanti dalla community. Il contesto digitale crea poi un’ulteriore possibilità di monetizzazione per il creator grazie ai diritti digitali che finora non esistevano, e che hanno un loro mercato sia all’estero sia in Italia, in proporzione alle visualizzazioni sulla piattaforma.
Jundo ha partnership con produttori di serie TV, videogames o simili? Vi state orientando verso la sinergia con gli altri media?
L.C.: Jundo ha solo un anno, abbiamo usato questo periodo per sviluppare il nostro core business ma le prospettive di cui parli sono estremamente interessante e questa è la direzione che vorremmo seguire nel lungo termine: la crossmedialità e l’utilizzo della proprietà intellettuale non per un solo mezzo specifico ma per monetizzare su canali differenti. Questo è fondamentale e credo sia il futuro, per questo stiamo parlando con diversi attori di questo sistema. Nei prossimi mesi muoveremo i primi passi concreti in questa direzione.
Nel passato altri ci hanno provato prima di voi, mi viene in mente la piattaforma ormai defunta MadForComix, nata e morta nel giro di un periodo piuttosto breve nonostante una partenza interessante con la presenza di autori come Serra. Perché all’epoca no e adesso sì?
L.C.: io vedo un paio di differenze principali con i nostri predecessori. Certo, la strada che stiamo percorrendo è costellata delle lapidi dei nostri predecessori, progetti interessanti come Verticomix, d’altronde essere i primi a fare qualcosa è spesso la firma di una condanna a morte. Netscape è stato il primo motore di ricerca ma di sicuro non è il più usato al momento. D’altronde noi ci siamo approcciati al fumetto da un’altra prospettiva che definirei esterna, il mio background è un altro, sono un imprenditore e non un autore, buona parte del team ha conoscenze tecniche anche se abbiamo un team editoriale e questa compartimentazione delle skill è fondamentale. Molti progetti che ci hanno preceduto erano molto incentrati sull’aspetto editoriale, grandi skill editoriali ma scarso spirito imprenditoriale che per avere successo è fondamentale. Per capirci, puoi avere i titoli migliori ma se l’app fa cagare non te la usa nessuno considerando che il pubblico che fruisce di piattaforme come la nostra è estremamente esigente. Non a caso siamo una delle app più votate del settore in Italia.
Piattaforme d’intrattenimento on demand stanno attraversando un periodo di crisi e sono alla ricerca spasmodica del prossimo grande successo da mungere come una mucca e che ne riempia le casse per un po’. Quali sono le insidie di una piattaforma on demand, quale che sia il prodotto che offre?
L.C.: Netflix vive un problema che dovrebbe essere un warning sign tenuto d’occhio da chi opera nel settore ed è la mancanza di contenuti originali forti. Disney+ ha un core di abbonati che no matter what ci saranno sempre: i fanatici di Star Wars, della Disney stessa, della Marvel. Netflix ha tirato fuori delle perle a livello di originals ma anche diverse cagate, non è associata a una produzione di livello in termini di originals e questo alla lunga ti devasta: i partner che producono contenuti possono farsi la propria piattaforma o migrare verso la concorrenza, per esempio Amazon, che promette il doppio, gli utenti non trovano più quel che li ha fatti affezionare e disdicono l’abbonamento. Proprio per questo noi puntiamo molto sui contenuti originali, perché quello è l’unico modo per essere solidi e indipendenti.
A proposito di contenuti originali parliamo ora di Belle Epoque, uno dei maggiori successi di Jundo, con un’intervista allo sceneggiatore Matteo Filippi e a Lorenzo Grassi che ne ha realizzato i disegni, la colorazione e il lettering. Raccontateci un po’ di cosa tratta Belle Epoque.
Matteo Filippi: Belle Epoque è ambientato in Francia nel 1908 e racconta la storia di due ragazzi che per cambiare la loro vita e garantirsi un futuro migliore si troveranno invischiati in problemi legati alla criminalità organizzata oltre che coinvolti nella creazione del primo film porno.
Lorenzo Grassi: Aver trovato in rete il primo film a luci rosse della Storia, di un autore anonimo, ci siamo resi conto che il cinema era nato da forse 15 anni e che fare questo genere di prodotto era un’impresa, sia a livello logistico sia per il fatto che le case chiuse erano accessibili a tutti. Roba da folli, o da luminari, e visto che nessuno aveva fatto un fumetto su questo episodio abbiamo deciso di pensarci noi.
Nel vostro fumetto ci sono diverse soluzioni narrative particolari. Quali?
M. F.: Ho lavorato in simbiosi diretta con Lorenzo. Ogni idea è stata battuta e ribattuta prima di essere fissata su carta. Di base mi serviva un ritmo serrato adatto a una storia forte che mi piace definire uno slice of life con la mafia, si parla di sentimenti e di persone, il contesto c’è ma non è il protagonista.
L. G.: Matteo mi ha lasciato il campo molto libero e il fatto di avermi lasciato la gestione dello storytelling grafico ha fatto trovare a me soluzioni grafiche a cui non avrei pensato in prima battuta e discuterle poi con lo sceneggiatore mi ha aiutato a svilupparle. Una sperimentazione continua.
In Belle Epoque si percepisce l’influenza di alcuni grandi autori del fumetto internazionale.
L. G.: Uno su tutti Darwyn Cooke con il suo Parker, uno stile di disegno all’apparenza semplice ma grandioso nella sua sintesi, mi sono trovato a studiare l’autore e alcune soluzioni grafiche mi sono piaciute davvero tanto, l’ho fatto mio e ne sono molto soddisfatto. L’uso del colore s’ispira al Mazzucchelli di Asterios Polyp, con il suo uso del colore narrativo prima che descrittivo, che ho usato in belle epoque utilizzando colorazioni diverse per i diversi punti di vista adottati nei capitoli.
M. F.: Io sono uno sceneggiatore di scuola americana, amo Morrison, Ellis, Ennis etanti altri, tuttavia per Belle Epoque mi sono basato sulle serie TV, prendendo per esempio il ritmo dai Palladino.