Midnight in Paris 2024 – …E alla fine lo stadio cantò Non, je ne regrette rien

Una gioia da Marsiglia, la conferma del bel momento del tennis, una delusione di peso. Sintetizziamo così la giornata iniziata con una medaglia d’oro non certo scontata, quella conquistata all’ora di pranzo nelle acque del Mediterraneo dalla cagliaritana Marta Maggetti, trionfatrice nella classe IQFoil (aggiungete il vostro numero preferito e avrete una password sicura) ovvero nel windsurf, mentre per cena è arrivato il bronzo di Lorenzo Musetti, che ha piegato in tre set (6-4 1-6 6-3) il canadese Auger-Aliassime, pochi minuti dopo l’amara conclusione della gara del getto del peso, nella quale Leonardo Fabbri non è andato oltre il quinto posto, con due soli lanci validi, il migliore dei quali a 21.70. Ventotto anni, sportiva a tutto tondo, messa dal padre su una tavola quando da poco aveva smesso di gattonare, la Maggetti già a Tokyo, quando si gareggiava sull’RS:X (un po’ corta, però contiene anche il carattere speciale) aveva sfiorato la medaglia, chiudendo quarta. Sabato, nella finale a tre con l’israeliana Sharon Kantor e la britannica Emma Wilson, che hanno terminato nell’ordine, è rimasta in scia nella prima parte di gara per poi operare il sorpasso e involarsi (invelarsi…) verso la vittoria, 24 anni dopo Alessandra Sensini (sei partecipazioni, un argento e due bronzi, oltre all’oro di Sydney) in questa circostanza appassionata commentatrice televisiva. Le acque francesi evidentemente portano bene all’azzurra, che due anni fa si era laureata campionessa del mondo a Brest.Come mi ero ripromesso da tempo, ho passato l’intera giornata allo Stade de France, che ho trovato stracolmo già per la sessione mattutina, che ha vissuto il suo momento clou con le otto batterie dei 100 metri uomini, senza trascurare la qualificazione dell’asta maschile, forse la gara più scontata dell’intero programma di atletica, con Duplantis cui è bastato un salto a 5.75, quota superata con un margine amplissimo che ha provocato un prolungato oooh di meraviglia da parte del pubblico. (l’immagine di apertura dello Stade de France è di Franco Bassini).
 
Qui il colpo d’cchio dell’affollato Stade de France
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Pubblico che ha vissuto i suoi tre minuti da protagonista tra la sesta e la settima batteria dei 100, quando l’altoparlante dello stadio ha diffuso le note di Non, je ne regrette rien (Edith Piaf, 1956, classe di ferro) mentre i tabelloni luminosi proponevano il testo  con le modalità proprie del karaoke. Dopo un inizio timido, i francesi – e non solo –  hanno spiegato le voci, regalandosi un finale di grande suggestione. Nelle otto batterie dei 100 si è registrata una sola esclusione inattesa, quella del britannico Jeremiah Azu, incappato in una partenza falsa come una banconota da trenta euro. Promossi in semifinale gli azzurri Jacobs e Ali: il campione olimpico di Tokyo, punto da un’ape poco prima del via, è giunto secondo in 10’’05, alle spalle del nigeriano Ajayi (10’’02) precedendo di un niente il ghanese Saminu è il sudafricano Richardson (10’’06) che sarà il primo dei ripescati. Stesso piazzamento per Ali, in una batteria più lenta, vinta in 10’’08 dal keniano Omanyala contro il 10’’12 dell’azzurro, incappato in una partenza macchinosa. Poco brillante anche uno dei grandi favoriti, lo statunitense Lyles, a sua volta secondo con un normale 10’’04. I più veloci sono i suoi connazionali Bednarek e Kerley entrambi con il tempo di 9’’97, ma l’impressione migliore l’ha fornita il giamaicano Thompson che, pur spingendo soltanto dai 30 ai 70 metri, ha chiuso  in 10 netti. Oggi dalle 20.05 le tre semifinali, con Ali impegnato nella prima e Jacobs nella seconda. I primi due e i migliori due tempi si ritroveranno ai blocchi alle 21.50 per contendersi le medaglie.

 

 
La finale più attesa da noi italiani era quella del peso, nella quale Fabbri ambiva legittimamente al podio, nonostante una concorrenza di primissimo livello, come testimoniano le misure di quanti lo hanno preceduto: l’oro era infatti a 22.90, cinque centimetri meno del record del toscano stabilito lo scorso maggio, mentre per salire sul podio sarebbe servito un lancio di 22.16. Fabbri si è fermato prima, a 21.70, iniziando la gara con un nullo e finendola addirittura con tre, patendo oltremodo la pedana bagnata e forse anche la partenza bruciante del suo più pericoloso rivale, lo statunitense Crouser, che nell’ordine ha piazzato un 22.64, un 22.69 e il già citato 22.90, misure rivelatesi fuori portata anche per il suo connazionale Kovacs e per il giamaicano Campbell, classificatisi nell’ordine sulla scorta del secondo miglior lancio, avendo entrambi all’attivo 22.15. Le note più liete per l’atletica azzurra sono così arrivate dai recuperi (una novità di questi Giochi) dei 1.500 metri e segnatamente da Federico Riva, che ha corso in 3’32’’84 pur rallentando nel finale, ad appena sei centesimi dal tempo con il quale Gennaro Di Napoli è stato primatista italiano dal 1990 fino allo scorso 30 maggio, quando venne stato spodestato da Pietro Arese (3’32’’13) che già venerdì si era guadagnato l’accesso alle semifinali, che vedranno al via anche l’altro ripescato azzurro, Ossama Meslek. A livello assoluto, la seconda giornata di atletica a Saint Denis va in archivio all’insegna delle Piccole Antille, che hanno conquistato le medaglie d’oro dei 100 metri femminili con Julien Alfred (10’’72 sotto l’acqua)  portacolori di Saint Lucia, indipendente dal 1979, meno di duecentomila abitanti, e del salto triplo donne grazie a Thea Lafond, alfiere di Dominica – da non confondersi con la più grande e popolosa Repubblica Dominicana – circa 75.000 abitanti e non più colonia britannica da 46 anni. Piccole Antille crescono, mi verrebbe da chiosare.

 

 
Ma la giornata di ieri verrà ricordata anche per la straordinaria doppietta perfezionata nel ciclismo dal belga Evenepoel, che dopo essersi assicurato l’oro a cronometro, precedendo Ganna, ieri si è imposto anche nella prova in linea, come non era mai accaduto prima ai Giochi. Il ventiquattrenne Remco ha tagliato il traguardo con oltre un minuto di vantaggio sul francese Maduas, l’unico che in un primo tempo gli fosse rimasto a ruota, ma che è stato inesorabilmente staccato nell’ultima ascesa a Montmartre, a 15 chilometri dal traguardo, giungendo comunque secondo davanti al connazionale Laporte. E dire che il fuoriclasse belga a poco meno di quattro chilometri dall’arrivo era stato costretto a fermarsi per un problema meccanico, attendendo alcuni secondi prima che gli venisse consegnata una nuova bicicletta, ma il suo vantaggio era tale da scongiurare quella che sarebbe stata una clamorosa beffa. Prosegue intanto l’Olimpiade da reginetta di Simone Biles, al terzo oro in altrettante gare, in virtù del successo nella finale al volteggio, dove si è meritata 15.300, mentre la brasiliana Andrade ha ottenuto 14.966 e l’altra americana Carey 14.466. Domenica si assegneranno le medaglie alle parallele asimmetriche, specialità nella quale Alice D’Amato potrebbe dire la sua. Per evitare di tediarvi con i miei outfit, come dicono quelli che padroneggiano la lingua italiana, ho indossato una maglietta celebrativa degli Europei di atletica di Göteborg 2006 (regalatami a suo tempo da un amico e collega), che, come previsto, non ha meritato apprezzamenti.