La morte che non finisce: Colpiti da una pioggia nera, le conseguenze di Hiroshima raccontate da Nakazawa Keiji

Il 6 agosto 1945, il bombardiere americano Enola Gay sgancia una bomba atomica sulla città di Hiroshima, in Giappone. L’ordigno esplode a 576 metri con la potenza di 12.500 tonnellate di tritolo. Sul momento, dovuti alla sola deflagrazione, i morti sono circa 60.000, a cui si aggiungono 100.000 vittime del fallout nucleare che è seguito. Ma la morte, a Hiroshima, arriva per restare. Al pikadon, il nome che i giapponesi danno alla catastrofe usando una crasi di due parole che significano bagliore e fragore, sopravvivono gli hibakusha, persone che pur non morendo direttamente a Hiroshima o a Nagasaki, si sono spesso portati dietro il marchio della tragedia sotto forma di malattie e deformità su sé stessi o trasmesse ai propri figli. Colpiti da una pioggia nera (‎ Coconino Press, pag. 284, euro 17,90) racconta le storie degli hibakusha, che sono sopravvissuti alle bombe cadute su Hiroshima e Nagasaki per morire più tardi nel corso degli anni. Nakazawa Keiji, autore del classico del manga Gen di Hiroshima, era solo un bambino quando la prima bomba atomica mai usata su degli esseri umani è caduta sulla sua città aprendo una ferita nel tempo oltre che nello spazio, un trauma che ha plasmato la politica e la cultura degli esseri umani da allora fino al presente.
 

 
Non è un pensiero campato in aria l’idea che, se quella tragedia non si è ancora ripetuta, è stato anche grazie alla mole immane di narrativa prodotta a partire dagli eventi di Hiroshima e Nagasaki, letteralmente un fiume di cautionary tales. Con questo suo Colpiti da una pioggia nera, Nagasaki usa il fumetto per raccontare le storie degli hibakusha, una serie di drammi che raccontano di persone che si portano dietro le conseguenze drammatiche della guerra atomica con le loro vicende senza scampo, magari con una minima speranza di redenzione postuma ma mai una vita che si possa definire serena. La cifra autoriale di Keiji è la schiettezza. I suoi racconti sono brevi, diretti e dolorosi, i primi spesso contengono anche un monologo un filino didascalico circa il dolore causato dalle bombe americane, un eccesso tutto sommato perdonabile considerate le tematiche trattate. Le storie raccolte nel volume raccontano di rabbia, di voglia di vendetta, di emarginazione e lo fanno senza fronzoli, con un’essenzialità quasi brutale portata avanti anche nei disegni che non di rado ritraggono corpi che si sciolgono, trafitti dai vetri scagliati in giro dalle esplosioni, ustionati, gonfi e pieni di vermi, ma lo fanno senza compiacimento e senza indugiare nel gore, con tratto spartano e nervoso che non perde nulla del dramma messo in scena. Colpiti da una pioggia nera è una testimonianza importante e, soprattutto, tristemente attuale che racconta un momento nella Storia in cui le regole del gioco sono cambiate, in cui gli esseri umani hanno acquisito gli strumenti per annientarsi definitivamente e, c’è da sperarlo, la consapevolezza necessaria a non usarli, una consapevolezza che sembra si stia perdendo ed è forse proprio per questo che abbiamo bisogno di opere come quella di Nakazawa Keiji: per ricordarci che il pericolo è reale e fin troppo vicino.