Biopolitica repressiva: Polpa, la distopia dei sensi di Flor Canosa

Flor Canosa

Nel futuro è vietato soffrire. La vita umana è medicalizzata e strettamente controllata nei suoi aspetti più fondamentali, soprattutto la riproduzione e la malattia, e lo Stato si prende cura di chi sta male fisicamente o mentalmente oltre la soglia consentita dalla legge, che il soggetto interessato lo voglia o no. Anche l’accesso al web è fortemente limitato e la RACK, l’entità che ha preso il posto di internet, non è che l’ombra della rete che esisteva in precedenza, le informazioni indesiderate epurate e la scelta per i cittadini fortemente ridotta. In questo torpore indotto per legge, Irma riscopre il dolore ferendosi con una pianta di Santa Rita che, con le sue spine, lacera la sua pelle e la fa sentire viva. La ragazza intraprende un percorso di esplorazione dei propri sensi infliggendosi dolore di nascosto finché non conosce Lunes, un ricco sadico e decadente che diventa il suo amante e la guida in un percorso di dominazione e sottomissione che sovverte l’ordine costituito. Polpa (Neo Edizioni, pag.112 euro, euro 16) è un romanzo di Flor Canosa, scrittrice argentina e forse questa sua origine non gioca un ruolo del tutto casuale nella definizione di un’ambientazione distopica in cui la repressione è tanto profonda da radicarsi come pratica biopolitica, una riflessione sia storica che attuale in quanto, se in passato l’Argentina è stata uno dei laboratori di autoritarismo e di pratiche repressive a causa dell’esperienza della sanguinaria giunta militare del processo di riorganizzazione nazionale, nel presente la politica della sorveglianza e del controllo viene esercitata sempre di più sul corpo, sulla quotidianità e sull’agire minimo arrivando, nelle vasche di coltura delle realtà aziendali che più aderiscono ai dettami del liberismo sempre più fuori controllo, a un micro management che sempre meno gradi di separazione da a una compiuta esperienza totalitaria.

 

 
Ma la riflessione di Flor Canosa è anche senza tempo, nella misura in cui la politica è sempre gestione dei corpi, con la differenza che il progresso tecnologico la sta solo rendendo più totalizzante e invasiva. Ed è dal corpo che parte la ribellione, il desiderio diventa sovversivo anche nelle sue derive più distruttive, nella dominazione a carattere sessuale che pur essendo a propria volta sopraffazione si muove in direzione opposta alla morsa schiacciante ma asettica di un regime che emozioni, desideri e sofferenza li vuole reprimere. La relazione tra Irma e Lunes è liberatoria da una parte ma scompensata dall’altra perché non trova un equilibrio, ha bisogno di portare ogni cosa all’estremo fino al limite del sostenibile e oltre. Repressione contro desiderio è una guerra che non può essere priva di vittime né di spargimenti di sangue, metaforici quanto reali, perché la prosa di Canosa è materica, sensoriale e parla di carne, sensazioni e fluidi corporei senza mai alleggerire il carico. La carne si deforma e si strazia quasi a sfociare nel body horror, come se si stesse contorcendo per sfuggire a un’autorità sempre più onnipresente e ineluttabile. Polpa è un’opera colta, costruita sullo studio e sulla riflessione, su un’impalcatura teorica che parte da Foucault per trasmettere molto del pensiero della filosofia politica contemporanea attraverso una forma sui generis di speculative fiction, forse l’unico luogo letterario dove ancora si può parlare di tutto questo.