V Congresso nazionale del Fuori, Piazza San Pietro, Roma, 23-25 aprile 1976 (archivio

I 50 anni del FUORI!: un ripasso di storia LGBT italiana

“Il grande risveglio degli omosessuali è cominciato. È toccato
a tanti prima di noi, Ebrei, Neri (ricordate?), ora tocca a noi.
E il risveglio sarà immediato, contagioso, bellissimo”.

Angelo Pezzana, editoriale per il primo numero di “FUORI!”, 1972

 

Il Collettivo Frocialista e le Brigate Saffo. La prima contestazione al  congresso di sessuologia di Sanremo, con slogan come “Psichiatri, siamo venuti a curarvi” e il collettivo teatrale Nostra Signora dei Fiori. Il primo campeggio gay nudista tentato in Grecia e poi trovato a Capo Rizzuto (a margine della locale festa dell’Unità). Gli elementi di critica omosessuale di Mario Mieli e La pagina frocia del giovedì su “Lotta continua”. Sono tutte emanazioni degli anni Settanta, anche se prima del 1971 le parole “omosessuale” o “lesbica” non circolavano né si erano mai lette sui giornali e l’idea stessa di Gay Pride era inconcepibile. Nel 2021 la lotta di liberazione (omo)sessuale in Italia compie 50 anni. Per chi fosse interessato c’è molto da ripassare e riscoprire ma anche da studiare ex novo e approfondire. Per storicizzare il movimento — ammesso che ne sia mai esistito uno riconoscibile, per chiarezza e unità di intenti – tentare di identificare un anno zero, qualcosa di analogo alla rivolta newyorkese di Stonewall e tracciare, ripercorrere, una storia tutt’altro che lineare. Di seguito, alcuni spunti. 

 

 

Inaugurata il 23 settembre e aperta fino al 24 ottobre, la mostra FUORI! 1971-2021organizzata al Polo del ‘900 di Torino, frutto della collaborazione tra Museo Diffuso della Resistenza, Polo del ‘900 e Fondazione Sandro Penna/FUORI!, celebra i 50 anni dalla fondazione del primo movimento omosessuale in Italia. Il FUORI! (acronimo di Fronte Unitario Omosessuale Rivoluzionario Italiano) nacque infatti come movimento per il riconoscimento dei diritti di omosessuali, lesbiche e transessuali. Per reazione a una recensione pubblicata il 15 aprile su “La Stampa” (del saggio Diario di un omosessuale di Giacomo Dacquino, Feltrinelli) in cui l’autore, psicanalista cattolico, sosteneva di aver “guarito” un omosessuale. Titolo dell’articolo: “L’infelice che ama la propria immagine”. (Breve promemoria: solo nel 1990 l’OMS ha eliminato l’omosessualità dall’elenco delle malattie mentali, che nel 1974 era già stata eliminata negli USA dal Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali). Angelo Pezzana, libraio della torinese Hellas, con altri firmatari inviò una lettera di protesta al quotidiano, mai pubblicata. Lo stesso gruppo decise quindi di passare all’azione, fondando un’associazione culturale e una rivista che facessero da punto di riferimento. Quel “mensile di liberazione sessuale”, il cui numero zero uscì a dicembre del ’71, sarà pubblicato e distribuito in edicole e librerie con periodicità sempre più ampia, per una decina d’anni. Indicando la strada, dopo il molto coatto nascondersi, del venire allo scoperto (altro senso del nome della testata, esclamativo incluso).

 

Il primo numero di "FUORI!", giugno 1972

 

Oggi, grazie a Polo del 900, Fondazione Sandro Penna/Fuori! e Università di Torino, i trentadue numeri della rivista e molti altri materiali in mostra, sia testuali che fotografici, sono stati digitalizzati e sono liberamente consultabili qui. Curiosando nell’archivio, si trova anche un articolo di un Michele Serra ventiseienne, nel 1981 inviato del Dal numero 14 di "Fuori!"quotidiano “L’Unità” al terzo congresso (il primo, in Italia, a Torre Pellice, centro della chiesa valdese) dei “movimenti di liberazione gay”. Serra scriveva che i movimenti, “ottenuto l’obiettivo della “legittimazione”, cominceranno a prendere in esame meno casualmente anche le profonde differenze economico-sociali esistenti in seno al proprio ambiente”. Una delle grandi questioni trascurate che attraversa la vita della comunità che oggi si riconduce alla sigla LGBTQI+. Un concetto chiaro al Fassbinder di Il diritto del più forte ma chissà perché evaporato in tempi più recenti, in cui i diritti fa comodo concepirli come alternativi tra loro. Il catalogo della mostra “Fuori 1971-2021” pubblicato da Hopefulmonster, e il volume Fuori!!! 1971-1974 – raccolta parziale a cura di Carlo Antonelli e del duo Francesco Urbano Ragazzi per Nero edizioni, contenente i primi tredici numeri – vengono presentati in questi giorni al Salone del Libro. Non sarà un caso che sempre all’Università di Torino nel 2018 sia stato avviato il primo corso universitario di Storia dell’omosessualità e che la docente Maya de Leo abbia pubblicato per Einaudi nel 2021 il saggio Queer. Storia culturale della comunità LGBT+.

 

 

 

 

 

 

Fuori numero 3, giugno 1972, Mario Mieli

 

Va ricordato anche che tra i fondatori del FUORI! figuravano anche il notissimo, geniale ma ancora troppo poco studiato Mario Mieli (1952-1983), a cui nel 2019 Andrea Adriatico ha dedicato il film Gli anni amari, e la molto meno nota attivista Mariasilvia Spolato (1935-2018). Prima donna in Italia a “venire fuori”, fondatrice del FLO – Fronte di Liberazione Omosessuale, poi confluito nel FUORI!, autrice di I movimenti omosessuali di liberazione (Samonà e Savelli, 1972, di recente ripubblicato da Asterisco edizioni con una prefazione di Dacia Maraini), è stata una figura ultrapionieristica. L’ha riscoperta, con taglio molto personale, l’autrice Sara Poma in Prima, una serie di sei podcast prodotti da Chora.

 

 

Straordinario strumento di memoria, immedesimazione e immaginazione, è un podcast anche il progetto a sé stante che integra e arricchisce la mostra torinese: la serie di Le radici dell’orgoglio. Da un’idea, e a cura di, Giorgio Bozzo, con Bianca Rondolino, Jacopo Bedussi, Andrea Meroni, e Arianna “Tangino” Romagnolo, prodotto da Costantino della Gherardesca, è partita proprio il 15 aprile 2021, a 50 anni esatti dalla famigerata recensione riportata sopra. Un lavoro multidisciplinare e una vera miniera di suggestioni, che attraversando storia, politica, letteratura, cinema e cultura pop individua le tappe di un graduale percorso di emancipazione dei costumi. Così, in un flusso legato da più di una rarità musicale, si può sentire tra le voci quella dello stesso Pezzana, classe 1940, raccontare della fondazione, o di quando a Mosca venne pedinato e interrogato dal KGB per aver manifestato a sostegno del regista Parajanov, incarcerato con l’accusa di omosessualità. O Vittorio Caprioli (che nel 2021 avrebbe avuto cent’anni) con Franca Valeri in un frammento epico di Parigi, o cara. E ancora: Fernanda Pivano che offre la sua casa alle prime riunioni della rivista; Paola Mieli, sorella di Mario, che descrive analiticamente la personalità e il ruolo del fratello. Il nipote di Aldo Braibanti che rievoca il vergognoso processo per plagio subito dallo zio intellettuale, rimesso in scena in Il caso Braibanti da Carmen Giardina e Massimiliano Palmese (e su cui sta lavorando per un film di fiction, signore delle formiche, Gianni Amelio). Ricky Tognazzi testimonia l’incazzatura del padre per la scelta del titolo italiano di La cage aux folles, fuorviante e moralista, al contrario del film. E poi le mille intersezioni con altre battaglie politiche, in primis il femminismo, fuori e dentro il Parlamento e dal Partito Radicale.

 

 

Progetto partecipativo in progress, sostenibile tramite donazioni via crowdfunding sul sito (il motto è “recuperiamo insieme le radici di questa storia per dare un nuovo valore alla parola orgoglio”), Le radici dell’orgoglio ha già lanciato i primi dieci episodi, che coprono gli anni Settanta. A breve uscirà un episodio speciale sulla nascita dei primi gay club tra Settanta e Ottanta, mentre la seconda stagione, sugli anni Ottanta, arriverà a novembre. Su Instagram e Facebook fotografie e bibliografie di ogni puntata. A chiudere, a metà tra il viatico e il ripassone, in ascetica attesa di approvazione del disegno di legge Zan, si distingue Fuori i nomi! Intervista con la storia italiana Lgbt di Simone Alliva (Fandango Libri), raccolta di conversazioni con sedici protagonisti della militanza della diversità sessuale. Già autore di Caccia all’omo, inchiesta sulla violenza omotransfobica in Italia, per lo stesso editore, Alliva associa ad ogni incontro una presentazione caratterizzata da impressioni molto personali e carica di pathos. I suoi interlocutori sono Enzo Cucco, Giovanni Minerba, Felix Cossolo, Massimo Milani e Biagio Campanella, Beppe Ramina, Graziella Bertozzo, Franco Grillini, Titti De Simone, Sergio Lo Giudice, Porpora Marcasciano, Deborah Di Cave,Vladimir Luxuria, Imma Battaglia, Giuseppina La Delfa, Bianca Pomeranzi (è stato tentato un incontro, mancato, con Cristina Gramolini). 

 

Simone Alliva, Fuori i nomi! - Intervista con la storia italiana Lgbt, Fandango

 

Prendendo come punto di partenza il 1971, tra un dialogo e l’altro Alliva fissa su una carta immaginaria le tappe di una militanza eterogenea, difficile da sintetizzare qui. Alcuni fatti salienti che emergono da conversazioni anche molto private: la svolta della candidatura di persone dichiaratamente omosessuali nelle liste del Partito Radicale nel 1976, il primo Pride (28 giugno 1980) a Bologna e nello stesso anno l’attribuzione dello spazio pubblico Cassero a un’associazione gay. Il delitto di Giarre (1980), a cinque anni dalla morte di Pasolini. L’impatto devastante dell’Aids e l’infelicissimo intervento dell’allora ministro democristiano della Salute Donat-Cattin. La legge 164/1982, sulle norme in materia di rettificazione di attribuzione di sesso. La nascita di Arcigay (1984), grazie anche a Franco Grillini (“il leader”), protagonista dell’imminente documentario di Filippo Vendemmiati, Let’s Kiss – Storia diuna rivoluzione gentile, selezionato alla Festa del cinema di Roma 2021. La prima libreria gay (Babele, nell’87) a Milano, le nozze celebrate dal consigliere comunale Paolo Hutter sempre a Milano nel ’92. Gianfranco Fini e la sparata sugli insegnanti omosessuali che non possono lavorare alle elementari. Il successo e spartiacque del World Pride del 2000 di Roma (l’intervento di Sylvia Rivera sul palco si intravede nel documentario The Death and Life of Marsha P. Johnson). Fino alla più recente negoziazione sulla legge sulle unioni civili e allo stralcio della stepchild adoption, nel racconto preciso di Sergio Lo Giudice, che parla di “movimento da ripensare” e che ancora oggi è promotore di un disegno di legge contro le terapie riparative, tuttora in vigore in Italia.  Una storia sismica, frastagliata, diseguale, tra storie di coming out, di un mondo e un vocabolario da creare, militanza politica, avanzamenti, passi falsi e fasi di stallo, tutta da leggere e integrare con altre letture. Ovviamente il primo intervistato è Angelo Pezzana, molto critico sul concetto stesso di gay community, testimone e custode di una rivoluzione che ha solo mezzo secolo di storia, ma fitto di eventi: “È importante ricordare il passato, che – me lo lasci dire – purtroppo molti non conoscono. Serve ricordare il passato per immaginare il futuro”.