Il pifferaio magico Ian Anderson è tornato in Italia (per quattro date a Taormina, Udine, Breno e Forte dei Marmi). Lo ha fatto nuovamente sotto l’egida dei Jethro Tull, di cui è sempre stato il leader assoluto e lo è a maggior ragione oggi, che i suoi compagni di palco – Joe Parrish alla chitarra elettrica, David Gooder al basso, John O’Hara alle tastiere, Scott Hammond alla batteria – non sono più gli altri fondatori che formarono il gruppo a Blackpool:nel 1967, bensì musicisti da lui stesso cooptati in formazione tra il 2007 e il 2020. Dopo diciotto anni di silenzio discografico, c’è anche un nuovo album da far ascoltare live (ovviamente insieme agli evergreen della band): uscito a gennaio, The è stato descritto da Anderson come un insieme di riflessioni su temi e concetti biblici: “Anche se nutro un’autentica passione per lo sfarzo e la narrazione fiabesca del Libro Sacro, sento ancora il bisogno di mettere in discussione e disegnare paralleli a volte sacrileghi del testo“. Abbiamo rivolto alcune domande a cui Anderson ha risposto con la consueta, impareggiabile, ironia.
I Jethro inseriscono sempre date italiane nei loro tour. Cosa le piace del nostro Paese?
Purtroppo, quando lavoro non ho tempo per fare il turista. Posso in alcuni casi ricordare il colore delle pareti della camera d’albergo, di sicuro il percorso per raggiungere il palco e fare ritorno. Ma, a parte cercare un ristorante tranquillo per il pranzo e forse una breve sosta in una chiesa o una cattedrale, viaggio, faccio soundcheck e concerti.
In una discografia sontuosa, che conta complessivamente su una sessantina di pubblicazioni, il nuovo album, The Zealot Gene, è quasi una sorpresa, a diciannove anni di distanza dal precedente disco di inediti…
La gestazione è stata in effetti parecchio articolata. Avevo scritto l’intero album nei primissimi mesi del 2017 e mandato al gruppo l’abbozzo delle demo prima di iniziare con cinque giorni di prove e cinque di registrazioni nel mese di marzo. In quel periodo abbiamo inciso sette brani, quattro dei quali sono stati completati più tardi nel corso dell’anno. Il 2018 e il 2019 sono stati dedicati alle tournée con intervalli cosi brevi da impedirci di provare e registrare le rimanenti cinque tracce. In seguito, la pandemia ci ha dapprima impedito e poi sconsigliato di trovarci in uno studio. In avvio di 2021 ho ritenuto di non rimandare ulteriormente e dunque completare l’album a casa da solo, facendomi inviare dagli altri membri del gruppo i file audio con le loro parti e quindi provvedere al missaggio finale. Comunque, il totale delle ore spese per registrare e missare non è stato superiore a quello di un progetto tradizionale. A giugno avevamo l’approvazione della casa discografica, ma abbiamo dovuto aspettare il gennaio del 2022 in seguito ai tempi lunghi per stampare i vinili, che rappresentano ancora una fetta significativa del mercato.
Un tempo, parlando delle sue fonti, citava Beethoven, Muddy Waters, John Lee Hooker. Attualmente, che musica ascolta?
A partire dalla metà degli anni 70, prevalentemente la mia. Lavorando sulla musica parecchie ore al giorno, difficilmente la ascolto in altri momenti. Ma, poiché non sono mai felice di volare, in aereo talvolta punto su Handel o Beethoven, che mi calmano.
Affronta tour da 55 anni. Quali sono i lati positivi e quelli negativi del viaggiare per fare musica?
L’obiettivo resta sempre suonare al meglio nei concerti. La parte peggiore è il viaggio stesso, specialmente in questo periodo, con le incertezze e le complicazioni conseguenti alla pandemia. Aggiungete il peggioramento della situazione economica, ed ecco che spostarsi è diventato molto più stressante. Mi godo invece la mia breve, solitaria, pausa per il pranzo, di solito con cibo indiano o asiatico vegetariano, visto che mangio cose che non hanno una “faccia”. Posso però gestire gli spaghetti con le vongole (in italiano, ndr), dato che i molluschi sono piuttosto indietro in termini di evoluzione e capacità di provare sentimenti. Mangiare vongole, cozze, ostriche e simili non è così diverso dal cibarsi di piante. Peraltro, abbattere begli alberi per creare campi sui quali piantare colture per alimentare il bestiame, ottenere materiali da costruzione o produrre carta, non è un comportamento esente da colpe.
A cosa ha rinunciato per la carriera di musicista?
A una carriera nella polizia, quando avevo 18 anni. Forse a quella di scrittore o di astronauta. Chi lo sa? La musica è diventata la mia professione nel 1967, quando avevo vent’anni, sicché non ho idea di come le cose avrebbero potuto evolvere diversamente. Ho solitamente trovato il tempo per fare altre cose che mi interessavano, ma non sono un animale sociale e pertanto non mi sono mancate le amicizie e le attività sociali di cui la maggior parte delle persone sembra non poter fare a meno. I periodi di lockdown per me sono stati semplicemente normali giorni in ufficio.
Sta per compiere 75 anni. Cosa la spinge a viaggiare tuttora per il mondo?
In realtà, i miei giorni di voli a lungo raggio sono probabilmente finiti: preferisco concentrarmi sull’Europa, dove gli spostamenti si possono effettuare con brevi voli o in treno. Non ho più pressioni esterne, per cui trovo che tre spettacoli alla settimana e tre notti a casa nel mio letto abbiano più senso.