Venezia81 – Il Leone d’oro Peter Weir: c’è sempre qualcosa che non si può controllare e quella cosa è l’ispirazione

Per il Direttore Alberto Barbera il Leone d’oro alla carriera Peter Weir si è assicurato: «un posto nel firmamento dei grandi registi del cinema moderno. Alla fine degli anni Settanta, si era affermato come l’autore principale della rinascita del cinema australiano in virtù di due lavori, Le macchine che distrussero Parigi e Picnic ad Hanging Rock, il secondo dei quali acquisterà nel corso degli anni lo statuto di film culto. Il successo internazionale dei due film successivi, Gli anni spezzati e Un anno vissuto pericolosamente, gli aprirono le porte del cinema hollywoodiano…Pur nella diversità dei soggetti affrontati, non è difficile rinvenire nel suo cinema, insieme audace, rigoroso e spettacolare, la costante di una sensibilità che gli consente di affrontare tematiche eminentemente moderne, come il fascino per la natura e i suoi misteri, la crisi degli adulti nelle società consumiste, le difficoltà dell’educazione dei giovani alla vita, la tentazione dell’isolamento fisico e culturale, ma anche il richiamo degli slanci avventurosi e l’istinto della salutare ribellione…». Peter Weir negli incontri veneziani ha parlato del suo percorso, del suo amore per il cinema, del fatto di avere lavorato con giganti come  Sigourney Weaver, Mel Gibson, Harrison Ford, Jim Carrey, Jeff Bridges, Robin Williams. Con i quali ha collaborato in grande armonia, forse anche perché ha iniziato come attore:«scrivevo sceneggiature e le interpretavo con gli amici all’università. Poi ho capito che non faceva per me e ho deciso che era meglio se mi limitavo a fare il regista. Però quelle esperienze mi hanno fatto capire cosa significa trovarsi dall’altro lato della cinepresa».

 

 

 
La mia vita
Ho avuto un vita ricca e strana, perché non importa quanto tu conosca l’arte, c’è sempre qualcosa che non si può controllare e quella cosa è l’ispirazione: ancora oggi per me è un mistero cosa sia davvero, so solo che non puoi chiamare la musa quando serve. Ma so anche che senza l’ispirazione non si può andare da nessuna parte, perciò sono grato per tutte le volte che è arrivata da me e mi ha aiutato a fare ciò che ho fatto.

 

Un consiglio
Ai giovani dico: non prendete nemmeno una cinepresa, prendete carta e matita e appuntate idee, pensieri, scrivete piccoli racconti. Fate esercizio con in cervello: siamo capaci di cose straordinarie nella nostra mente, molto più di quanto si possa fare con il computer. Cercare ispirazione staccandovi dal mondo dell’informazione, andate in un posto tranquillo, in campagna, oppure lavorate su un mercantile… Insomma lasciate che la vostra immaginazione si sviluppi e non sovracaricatela di informazioni.

 

L’attimo fuggente (1989)

 

L’attimo fuggente a Venezia
Mi ricordo che nel 1989 sono venuto a Venezia con L’attimo fuggente, se il film fosse andato male sarei entrato in Marina. Prendevo in considerazione l’idea di lasciare il cinema in presenza di un insuccesso. La sceneggiatura era prevista negli anni di Kennedy. Ma io desideravo ricollocare la vicenda nell’epoca di Eisenhower perché avrei potuto confrontarmi con la mia esperienza allo Scott College di Sydney.  Volevo rivivere la mia gioventù. Penso che anch’io, se fossi stato in quella classe, avrei  aderito alla Dead Poets Society. Con Robin Williams ci incontravamo per lavorare sulla sceneggiatura.  Era una persona molto aperta e fiduciosa. Faceva battute, ridevamo tutti, ma gli ho chiesto di essere meno stravagante. Di far cadere le difese, di fidarsi e di mettersi, con coraggio, a nudo…

 

Crescere con la tv
Sono cresciuto con una televisione in cui i film erano la cosa principale e questi film hanno avuto su di me un effetto enorme. Oggi sono soprattutto un grande lettore. Sono in pensione e leggo tantissimo. Prima di partire per venire qui mi sono chiesto: sarà un viaggio da due o tre libri? Ne ho messi in valigia tre… Ora che sono in pensione cerco di cogliere i dettagli della vita, mi godo le giornate: vivo in un luogo bellissimo a Sidney e ho tempo per pensare a com’era il mondo che ho vissuto e a come è cambiato.