In ricordo di Claude Brasseur, faccia da flic

Il tempo delle mele

Per i giornali italiani era praticamente solo «il padre di Vic» mentre Claude Brasseur, scomparso a 84 anni lo scorso 22 dicembre, è stato un attore celeberrimo in Francia, a teatro e soprattutto al cinema. Figlio d’arte: il padre Pierre Brasseur, oltre a essere stato protagonista della rivoluzione surrealista, era talmente noto che a inizio carriera al giovane Claude venne consigliato di assumere un nom de plume per non essere confuso. Non diede retta e si costruì una carriera tutta sua, attraversando di corsa la Nouvelle vague nel capolavoro (per me assoluto) di Jean-Luc Godard Bande à part (1964, foto in apertura), insieme a Sami Frey e Anna Karina, e successivamente in Mica scema la ragazza! di François Truffaut (1972). Ma la grande popolarità in Francia arriva grazie alla televisione. Interpreta infatti tra il 1971 e il 73 i tredici episodi di Les nouvelles aventures de Vidocq, ancora oggi celebrati. Subito dopo la sua morte il critico e giornalista francese Th Barnaudt ha fatto su twitter uno dei suoi frequentatissimi e seguitissimi sondaggi (#SondageBrasseur) su quale fosse il miglior “film” dell’attore, e Vidocq ha vinto di misura su tutto il cinema, per dire.

 

Andremo tutti in paradiso

 

Secondo classificato, un po’ a sorpresa, A cena con il diavolo di Edouard Molinaro (1992), che non ho mai visto, mentre al terzo posto sta il titolo che davo per favorito, ovvero Andremo tutti in paradiso di Yves Robert (1976), il seguito di Certi piccolissimi peccati con lo stesso cast (oltre a Brasseur, Jean Rochefort, Guy Bedos e Victor Lanoux), divenuto nel tempo di culto. Conviene restare negli anni 70, il decennio d’oro per Brasseur al cinema. Oltre al dittico di Robert, anche Una storia semplice di Claude Sautet, prova gigantesca di Romy Schneider e finalmente nel 1979 Guerra tra polizie di Robin Davis cosceneggiato da Jean-Patrick Manchette, per il quale vince il César come migliore attore protagonista. Il cinema francese si accorge di quanto Claude Brasseur abbia la faccia da flic; il film, misconosciuto in Italia, ha invece un buon successo in patria, lo rapina un po’ Olivier Marchal per 36 Quai des orfèvres (la storia è molto simile). L’altro “duellante” della guerra del titolo è Claude Rich, molto convincente anche lontano dai suoi ruoli brillanti, e spicca tra i due litiganti Marlène Jobert (per la cronaca: mamma di Eva Green) poliziotta abile nel giocare doppio e sporco. Si replica subito dopo il trionfo di Il tempo delle mele (1980) con Légitime violence di Serge Leroy (1982) e La crime di Philippe Labro (1983) che con Guerra tra polizie (nella foto qui a fianco) compongono quasi un trittico, sempre con Manchette in cabina di scrittura. A chiudere l’elenco dei miei Brasseur preferiti ovviamente Sale comme un ange di Catherine Breillat (1991) dove interpreta uno sbirro in disarmo che vorrebbe salvare il suo migliore amico condannato dal milieu mettendogli alle costole un collega, della cui giovane moglie però si innamora. Lei è Lio, la cantante belgo-portoghese celebre per questa robina sexy qui. Breillat al suo massimo, conturbante come solo lei.

 

Sale comme un ange

 

 

Mauro Gervasini è autore del blog qualcosanellanotte.it