FilmMakerFest – Un couple e l’amore secondo Frederick Wiseman

A vent’anni di distanza da The Last Letter Frederick Wiseman torna a concepire un film sulla parola e sulla sua profondità spazio-temporale. Un couple (presentato in concorso a Venezia 79) infatti, è liberamente tratto dalle lettere che si scambiarono Lev Tolstoj e la moglie Sofia durante i trentasei anni di vita insieme, ma anche dalle pagine dei loro diari. Un matrimonio difficile, caratterizzato, secondo il racconto della donna, da litigi, insoddisfazioni, riconciliazioni e crudeltà. Sofia, diciannovenne, sposa il celebre autore di Anna Karenina, di molti anni più grande di lei, da cui desidera essere amata e la cui stima cercherà ogni giorno della sua vita. E così si occupa della casa e dei figli (ne ebbero nove), trascrive tutti gli scritti del marito, partecipa agli incontri pubblici e lo aspetta durante le sue lunghe assenze. Anche quando le cose tra loro cambiano e si trasformano in un circuito interminabile di crisi e riconciliazioni, umiliazioni e delusioni, Sofia resterà fedele a una sorta di missione, non senza porsi domande e interrogare il marito delle sue contraddizioni. Wiseman racconta una storia d’amore attraverso un solo punto di vista, in una sorta di monologo femminile (proprio come The Last Letter), scandito tra primi piani e campi lunghi dell’attrice Nathalie Boutefeu.

 

 

Wiseman immagina la sua unica protagonista in una sorta di astrazione, nel paesaggio anch’esso contrastato dell’isola bretone di Belle-Île, tra giardini in fiore, boschi, spiagge e scogliere battute dal mare. L’aria è tersa e uccelli e insetti attraversano le inquadrature, il vento risuona, si sente il freddo dei suoi vortici, mentre il calore del sole illumina un apparente inizio di primavera. Lo spazio scenico ricorda i film di Jean-Marie Straub e Danièle Huillet, ma la recitazione è più intima, capace di creare complicità con lo spettatore grazie agli sguardi in camera della protagonista e al suono della sua voce pacata e interrogativa al tempo stesso. Rispetto ai suoi celebri documentari, qui Wiseman cerca di annullare ogni tipo di distanza tra il suo sguardo e il suo soggetto. Il tempo scorre in diverse direzioni, in un andirivieni di ricordi e di pensieri, di passato e di presente, modellato dalla luce del sole o di una candela, ma, soprattutto, inventato dallo scorrere delle parole e dei silenzi. Il vero protagonista di questo film misterioso e brillante è proprio la parola, compagna di vita dei due coniugi, tortura di entrambi e forma estrema e raffinata di desiderio. Il racconto, dunque, come strumento di conoscenza, ma anche alfiere di un’illusione che riproduce se stessa all’infinito, cercata instancabilmente da una donna combattiva e ancora in attesa, nonostante il velo triste sui suoi occhi.

 

 

Filmmaker    Cineteca Cinema Arlecchino   27 novembre  19h30