La situazione va avanti da tempo. La giornalista Giovanna Botteri, dallo scorso agosto corrispondente responsabile per i servizi giornalistici radiofonici e televisivi Rai dalla Cina, dal Giappone e dai Paesi del Sud-Est asiatico (prima lo era stata dagli Stati Uniti, dopo essere stata inviata nelle zone più calde del mondo: Algeria, Sudafrica, Iran, Albania, Kosovo, Afghanistan, Iraq, Libano…) subisce quello che in gergo viene chiamato body shaming ovvero la «derisione, fino ad arrivare a vere e proprie offese, per come si appare, per come è il corpo, per come ci si veste» (così è esplicitato nel comunicato USIGrai del primo maggio): stiamo parlando di attacchi che riguardano la sua persona, in particolare il suo abbigliamento e le sue acconciature non abbastanza curate, secondo i detrattori, per andare in video. Gli attacchi di questo tipo hanno come bersaglio privilegiato le donne (a un uomo nessuno rimprovera le borse sotto gli occhi o i capelli fuori posto). Fino a un certo punto i commenti sono stati fatti sui social ma il livello si è alzato quando anche Striscia la notizia, trasmissione che promuove come modello di donna la velina, è intervenuta nel dibattito. Come ha raccontato con dovizia di particolari il sito Dagospia, il servizio andato in onda lo scorso 28 aprile (per vederlo cliccare qui) comincia così: «I telespettatori ci hanno segnalato una piacevole sorpresa dal mondo del telegiornalismo».
Se all’inizio si vuole puntare il dito contro chi ha attaccato la Botteri per «la sua immutabile mise. A ogni appuntamento la corrispondente dalla Cina infatti sfoggiava il medesimo abito nero attirandosi critiche e ironie», poi cade rovinosamente: «Ebbene l’altro giorno in prima linea la giornalista ha voluto stupire tutti […] Ad un tratto la sua chioma curata e vaporosa in risposta a tante frecciate velenose di cui evidentemente ne aveva fin sopra ai capelli».
Senza entrare nel merito dell’umorismo piuttosto becero, a rendere ancora più triste il servizio è il fatto che il commento sia stato affidato a un’altra donna, Michelle Hunziker, nota anche per il suo impegno a favore delle donne (con Giulia Bongiorno ha fondato la onlus Doppia difesa per «aiutare chi ha subito discriminazioni, abusi e violenze ma non ha il coraggio, o le capacità, di intraprendere un percorso di denuncia»). Al ritorno in studio Gerry Scotti ha cercato di stemperare i toni dicendo: «Brava, brava Giovanna, vai avanti così nel tuo importante lavoro», ma non è servito a molto.
Anche in questo caso sono fioccati i commenti negativi tanto che Striscia la notizia ha cercato di fare una parziale retromarcia scrivendo a Dagospia per chiarire la sua posizione, arrivando a scomodare le fake news: «Caro Dago, ecco un esempio di fake news. Striscia fa un servizio a favore di Giovanna Botteri, ma molti commentatori che esprimono opinioni per sentito dire, nonché Ilfattoquotidiano.it, scrivono che ce la siamo presa con lei», poi pubblicando un comunicato stampa che si concludeva con «Insomma, parliamo di cose serie e certamente il body shaming lo è e va combattuto con ogni mezzo. Ma non confondiamolo con una messa in piega». La stessa Hunziker ha spiegato in un primo video che «si è alzato un polverone incredibile di una fake news totale… questo non è body shaming» e in un secondo video ha scelto di chiamare direttamente in causa la Botteri: «Cara Giovanna, a questo punto mi rivolgo direttamente a te perché sta succedendo un putiferio su una notizia completamente falsa. Dicono che Striscia abbia fatto un servizio per offenderti e invece noi abbiamo fatto un servizio contro i tuoi haters…» e chiedendole di farle sapere cosa ne pensa. Ognuno vedendo il video della puntata potrà decidere, se lo desidera, da che parte stare.
Giovanna Botteri una risposta l’ha già data ed è stata riportata nel comunicato USIGrai. La riportiamo integralmente perché rivela, se ce ne fosse bisogno, la levatura di una donna da sempre in prima linea:
«Mi piacerebbe che l’intera vicenda, prescindendo completamente da me, potesse essere un momento di discussione vera, permettimi, anche aggressiva, sul rapporto con l’immagine che le giornaliste , quelle televisive soprattutto, hanno o dovrebbero avere secondo non si sa bene chi…
Qui a Pechino sono sintonizzata sulla Bbc, considerata una delle migliori e più affidabili televisioni del mondo. Le sue giornaliste sono giovani e vecchie, bianche, marroni, gialle e nere. Belle e brutte, magre o ciccione. Con le rughe, culi, nasi, orecchie grossi. Ce n’è una che fa le previsioni senza una parte del braccio. E nessuno fiata, nessuno dice niente, a casa ascoltano semplicemente quello che dicono. Perché è l’unica cosa che conta, importa, e ci si aspetta da una giornalista.
A me piacerebbe che noi tutte spingessimo verso un obiettivo, minimo, come questo. Per scardinare modelli stupidi, anacronistici, che non hanno più ragione di esistere. Non vorrei che un intervento sulla mia vicenda finisse per dare credibilità e serietà ad attacchi stupidi e inconsistenti che non la meritano. Invece sarei felice se fosse una scusa per discutere e far discutere su cose importanti per noi, e soprattutto per le generazioni future di donne».