Accantonando l’ipertrofia schizofrenica dei sui film più popolari in Notizie dal mondo Paul Greengrass adotta uno sguardo più lineare e pacato, orientato alla rielaborazione di quelle forme salvifiche che hanno permeato buona parte del suo cinema da Bloody Sunday a Captain Phillips passando per la saga di Jason Bourne fino a 22 luglio, suo ultimo lungometraggio. Cinema prevalentemente action, d’impatto e puro intrattenimento, non raramente impegnato ad avvicinare mondo “civilizzato” a mondo “barbaro”, costruito sempre intorno a storie di eroi casuali con caratteristiche normali e immersi nella tremenda quotidianità o eletti con caratteristiche eccezionali e al centro di missioni speciali da compiere: uomini ugualmente sofferenti per la propria natura ambivalente di predestinati, condizione che sopportano attraversando scontri, responsabilità, ferite, lottando in cielo come in terra, in acqua come nel deserto, sempre per la sopravvivenza degli altri, facendo i conti con il rischio dell’alienazione e dell’abbandono.
Greengrass sceglie così la strada della semplicità e della classicità. Si appoggia al western per aggiornarlo alla contemporaneità, esaltarne le componenti più contemplative e ricavarne una limpida rappresentazione allegorica del presente, chiaramente con echi trumpiani, non priva di una matrice umanista ibrida che intreccia memoria e identità, passato e progressismo. Lo spunto di partenza è il romanzo di Paulette Jiles (edito in Italia da Neri Pozza, pp. 202, euro 18, traduzione di Laura Prandino), poetessa, romanziera e giornalista texana, da sempre attenta al tema delle minoranze e vivace interprete di quel fertile incontro generato da culture diverse, figlio di viaggi, esperienze vissute e di mondi esplorati, non soltanto immaginati, ma pure specchio di una sensibilità conquistata strada facendo accogliendo lo sguardo dell’estraneo che può scoprire qualcosa di quella realtà che chi ci vive immerso da sempre non ha mai visto. L’approdo è un nuovo mondo, promessa di un luogo da abitare per un popolo riconciliato, non più diviso, non più chiuso nei propri limiti ma in grado di suturare le ferite lasciate dalla Guerra civile, aprirsi a quella soglia varcabile anche grazie a figure pacifiche ma risolute come Jefferson Kyle Kidd, ex capitano dell’esercito confederato interpretato da Tom Hanks, icona e messaggero, volto classico di una trasmissione prima cinematografica e poi culturale che interpella l’anima profonda dell’America evocando una certa ideologia protesa verso un orizzonte democratico fatto di integrazione e tolleranza che, oggi come ieri, vuole sbarazzarsi degli incubi trumpiani.
Jefferson Kyle Kidd è un testimone, gira di città in città nel Texas del 1870 per leggere ad alta voce le “notizie dal mondo” pubblicate sui giornali americani, impronte di una narrazione che sta per compiersi raccogliendosi su se stessa. Questo è il suo modo di guadagnarsi da vivere. La sua parola di testimone riferisce ciò che ha visto e chiede di essere creduto, lui è un rappresentante del mondo della cultura che offre le sue competenze a piccole folle avide di informazioni e novità, pronte a scommettere sulla costruzione del futuro del Paese pur essendo a stretto contatto con incertezze e arretratezze, degrado e barbarie, nuove leggi e disordine. Kidd legge e interpreta le tracce del tempo, i giornali-impronta, invitando i suoi uditori, e quindi lo spettatore, ad aprirsi alla relazione fiduciaria, costitutiva della credibilità della sua testimonianza. In tal modo il personaggio di Hanks-Kidd ci fa assistere al fatto raccontato sciogliendo l’enigma del passato. Un giorno, un uomo offre a Kidd cinquanta dollari per riportare ai suoi parenti una bambina di una decina d’anni, figlia di coloni tedeschi che era stata rapita e allevata dagli indiani. La piccola si chiama Cicada, ma il vero nome è Johanna Leonberger, è doppiamente orfana dei genitori uccisi dagli indiani a loro volta ammazzati dai soldati, e di quel passato sembra non ricordare più niente, veste e parla come i Comanche e i Kiowa con cui è cresciuta. Inizialmente convinto di consegnarla a un avamposto dell’esercito, Kidd accompagnerà la bambina da alcuni suoi zii nel nord dello stato, attraversando il Paese in tutta la sua asprezza selvaggia, tra pericoli, insidie e inattese opportunità. Notizie dal mondo è un western vestito da road movie dove si è costretti a fare i conti con le pulsioni più recondite e gli istinti più violenti di una nazione in cerca della propria identità.
Il film cattura un equilibrio instabile costituito da incertezze del passato e novità del futuro, uno scenario in cui supremazia razziale e messa in discussione di valori radicali sembrano contendersi la scena a colpi di linciaggio e dove le irrisolte tensioni interne sono raffigurate dalla presenza di una natura ostile fatta di deserti e siccità cui si affianca la minaccia che arriva dall’uomo ma anche l’imperscrutabilità del mistero (come nelle due struggenti scene in cui prima un temporale, poi una tempesta di sabbia, celano la presenza di una carovana simbolicamente irraggiungibile e di una tribù in marcia nel deserto). Nel corso del viaggio, sulla strada, tra la polvere, la sabbia e le stelle, Notizie dal mondo rivela la sua reale vocazione di film salvifico raccontando come un essere umano sia riuscito ad approdare all’autentico significato della sua esperienza vitale: questo significato ha direttamente a che fare con l’Altro, il suo riconoscimento, la sua accoglienza, la sua promessa. «Voglio portarti via da tutto questo dolore e morte. Devi liberartene», dice ad un certo punto del viaggio Kid alla bambina e lei risponde: «Per poter andare avanti bisogna prima ricordare». La risposta sorprendente di Johanna è rivelatrice, quindi, di una riscoperta del senso del tempo: il futuro è possibile soltanto ricordando il passato. Inserendo la memoria nel movimento di scambio con l’attesa del futuro e la presenza del presente, è come se Notizie dal mondo interpellasse lo spettatore circa l’uso della memoria rispetto all’oggi e al domani. Il contrario della memoria, il suo nemico, è l’oblio: la memoria come dovere, lotta contro l’oblio, e l’oblio come minaccia, dalla quale salvare il passato. Kidd salva Johanna, segno e senso del tempo inteso come unione di memoria, visione e attesa. Ma è Johanna a salvare Kidd, come un angelo che parla la lingua del cielo. Senza di lei, pensando alla vicenda di Kidd, le parole del salmista suonerebbero come una condanna e una resa “Solo a vuoto purificai il mio cuore, lavai le mie mani nell’innocenza, ero ugualmente tormentato tutto il giorno, ogni mattina venivo punito!”.