L’orizzonte è in rivolta, grande è la confusione sotto il cielo dell’innominato paese euroasiatico che fa da sfondo a Steppenwolf: trattandosi del nuovo film del kazako Adіlkhan Yerzhanov siamo in territorio noto, visione futura dal presente anteriore… Così, per dire dell’assetto da metafora del dissesto storico e sociale in guerra in cui versano vaste aree del pianeta oggigiorno, tra bande che si contendono il potere, popolazione in armi, governi disfatti e forze dell’ordine che approfittano del disordine. Il film (che era a Rotterdam 2024) è approdato proprio in quota distopica al BIFFF 42 di Bruxelles, dove ha appena vinto il Corvo d’Oro: scelta di giuria che spinge il festival belga del cinema fantastico in territorio storico, mirando alla trasfigurazione del caos e della violenza di cui è preda il nostro pianeta. Adіlkhan Yerzhanov attiva il body count dei caduti in una rappresentazione della rivolta sociale che sembra quasi un videogame “sparatutto”: la macchina da presa si muove nello spazio di un campo di battaglia dove rivoltosi in armi e poliziotti si uccidono in un assalto al potere che ha poco di politico e molto di resa dei conti tra disperati di fazioni opposte. C’è un attacco alla stazione di polizia, una danza corale di proiettili, corpi armati, poveracci in armi, esplosioni, fughe, prigionieri da interrogare e torturare, agenti al suolo sanguinanti… In questo orrore si muovono due figure opposte: l’ex detenuto arruolato dalle forze dell’ordine che tutti chiamano Steppenwolf, spietato, violento, cinico, scaltro come un personaggio dei fumetti ma in versione antieroica. Come fosse Jena Plissken a Manhattan, Steppenwolf si muove nella desolata landa in rivolta portandosi dietro una giovane donna in stato confusionale, una madre che ha un unico scopo: ritrovare il suo bambino che il padre ha portato via in tutto quel caos.
Poiché assicura di avere una gran quantità di denaro da dare in cambio, l’uomo accetta di aiutarla, anche per salvarsi la vita dalle bande che intendono giustiziarlo per la sua collaborazione con la polizia… Inizia così una quest che non lascia scampo all’umanità di nessuno, se non quella della povera donna che è l’unica a voler disperatamente salvare una vita. Tutto il resto è morte, spietatezza, disordine e aggressione continua…Come già nel precedente Assault, Adіlkhan Yerzhanov sviluppa un immaginario di genere per aggredire la metafora antiumanistica che elabora con un cinismo pari a quello della scena che rappresenta e intende stigmatizzare. Il punto di contatto tra il giudizio morale e la caduta di valori trova nel suo cinema un grado di astrazione che stranamente tiene insieme gli opposti e produce un effetto stordente. Steppenwolf è un film che sicuramemnte resta inciso nello sguardo e nell’immaginario, anche se a vederlo si ha la sensazione di un drammatico déjà vu che sta a metà tra il repertorio telegiornalistico e le sceneggiature della violenza sociale messa in opera da tanto cinema. La caratterizzazione dell’antieroe eponimo data da Yerkin Gubashev gioca con il doppio registro della crudeltà e del sacrificio ottenendo il suo effetto anche nel gioco di relazione con la presenza umanistica e autistica di Anna Starchenko, che interpreta la madre.