MONSTERS Fantastic 7 – Spartano e disorientante: The Beast Hand di Taichiro Natsume

Osamu è un rubagalline che, con scarso successo, cerca di rifarsi una vita mentre campa di lavoretti saltuari vivendo in una baracca. Nella sua vita torna Akira, una conoscenza del passato che fin da subito s’impone come un manipolatore prepotente. L’uomo convince Osamu a rapire Koyuki, una sua vecchia fiamma che pur di nascondersi da lui si è sottoposta a un intervento di chirurgia plastica e, dopo averne abusato ripetutamente, convince i due a spalleggiarlo in un colpo che dovrebbe fruttar loro parecchi soldi. Koyuki cerca rifugio in una relazione clandestina con Osamu prima che l’atto criminale fallisca concludendosi con la morte di Akira e la perdita di un braccio da parte di Osamu. La coppia di superstiti si rivolge a un oscuro chirurgo che riattacca l’arto. Esso tuttavia prende vita imprimendo alla storia una svolta surreale, grottesca e cruenta dove sangue e disperazione si mescolano in una vicenda violenta e allucinata. The Beast Hand, il film di Taichiro Natsume presentato al Monster Fantastic Film Festival del 2024, è un’opera strana, per certi versi disarmante che, mutatis mutandis in quanto il termine di paragone è estremamente differente, ricorda Dal Tramonto all’Alba di Robert Rodriguez. Non stilisticamente, le due pellicole sono in tal senso agli antipodi, ma nel cambiamento che in entrambi i casi fa da perno alla narrazione. Se la pellicola di Rodriguez parte come un noir tarantiniano e sbraga in un horror comedy scanzonato e ricco d’azione, il lavoro di Taichiro Natsume parte come il racconto di tre vite ai margini, allacciate l’una all’altra in una relazione tossica e fondata sull’abuso, per trasformarsi in un body horror che, in controtendenza ai classici di genere come Tetsuo o i film di Cronenberg, abbassa drasticamente la spettacolarità dando vita a una narrazione in cui non è che il sangue non scorra, ma la messa in scena essenziale sposta l’attenzione su altri aspetti.

 

 

Il ritmo lento, i tempi narrativi dilatati, la tensione costante e non costruita su picchi che impennano rapidamente calamitano lo sguardo dello spettatore sulla disperazione, sul racconto di umanità ai margini la cui rabbia esplode come unico possibile tentativo di fuga da uno stato delle cose che li vede perennemente schiacciati e lontani dalla redenzione. L’horror c’è, la dimensione mostruosa non manca, ma tutto arriva da dove non ci si aspetta, di traverso, inaspettatamente. Ne viene fuori un film in controtendenza rispetto alle aspettative dello spettatore, un body horror incentrato sull’approfondimento psicologico dei personaggi con una componente visiva ridotta all’osso e un ritmo tendenzialmente lento che rifugge all’esplosività adrenalinica a tutti i costi. La fruizione è difficile in quanto, pur non trattandosi di un film di bassa qualità, non è sempre semplice capire dove voglia andare a parare e a chi si stia rivolgendo, quindi un’opera coraggiosa ma non del tutto chiara nei propri intenti. A ogni modo, The Beast Hand mostra la propria forza nonostante i ridotti mezzi a disposizione offrendo momenti toccanti e altri in cui la rabbia disperata parlano forte e chiaro alla pancia dello spettatore. Forse il trucco sta nel non farsi aspettative e prendere il film per com’è, sia per quanto riguarda le etichette che per quanto riguarda l’esperienza della visione.