Le dimensioni dei margini rimangono quelle dei randagi, eletti a spiriti guida di una realtà transitoria, indefinita e solo un po’ spaurita: non più i cani dei loro due film precedenti (Space Dogs e Dreaming Dogs), questa volta la prospettiva che Elsa Kremser e Levin Peter scelgono è quella di due corpi umani, fantasmi di un mondo a sua volta un po’ fantasmatico come quello bielorusso in cui si muovono, vago e trasparente, giusto accennato nella sua tensione oppressiva (ridondanze nazionalistiche dai notiziari, paura di dire troppo al telefono…). Siamo nella scena di White Snail, terzo lungometraggio della coppia di filmmaker in Concorso a Locarno78, nel festival dove il loro primo film aveva lasciato il segno nel 2019. Masha e Misha sono due anime fragili, figure reali incontrate una decina d’anni fa da Kremser e Peter e a lungo coltivati come personaggi di questo film, che lavora evidentemente sul confine della finzione per definire una scena romantica attorno alla loro reale confusione esistenziale.

Masha è una modella, esile e pallida come un alieno filiforme, sospesa tra le pose eleganti che il lavoro le richiede e la curvatura introflessa del suo spirito. Misha, all’opposto, è un giovane uomo corpulento, pervaso da tatuaggi, chino sul tavolo autoptico dell’obitorio dove lavora e sulle grandi tele dei dipinti in cui trascrive in forma visionaria la sua esperienza sui corpi morti.
La realtà emotiva e psicologica di ognuno dei due è l’esatto opposto di quello che il loro lavoro lascerebbe presupporre: sicura e ossessionata dalla bellezza lei, cupo e insensibile lui. E invece Masha ha un tormento che intristisce le sue aspettative (tanto che la madre le impone assurde sedute da una santona metropolitana, che pretenderebbe di scacciare il demone che ha dentro…) e che la rende insicura sulla scelta tra raggiungere il padre in Polonia (autorità permettendo) e accettare il lavoro di modella in Cina. Misha nutre una dolcezza e una sensibilità che disincarna rispetto all’abitudine a guardare dentro i corpi morti e che trasfonde in un senso di responsabilità verso la vita che forse Masha non prova. Sarà per questo che i due si incontrano proprio sulla porta dell’obitorio dell’ospedale in cui la ragazza è ricoverata per quello che forse è stato un tentativo di suicidio: una notte Masha si presenta a Misha e con una scusa chiede di vedere le salme che custodisce. Misha accetta ed è l’inizio di una relazione che starà timidamente tra i sentimenti dell’amicizia e quelli di un possibile amore. Quale sia la reale richiesta di Masha nel momento in cui cerca Misha è evidente: sta tutta sul versante dell’istinto di morte che la sua bellezza quasi astratta si porta dentro e che trova nella dolcezza di Misha il contenimento necessario. Almeno sino a quando la realtà delle loro esistenze non si impone sul sentimento implicito e sul valore esplicito della loro relazione, e il film si spinge allora nella direzione di un ritorno ai margini della realtà da cui Elsa Kremser e Levin Peter hanno tratto questi due ennesimi randagi (umani) del loro cinema sospeso tra sogno e realtà.

In tutto questo White Snail è un film mosso da una dolcezza un po’ intransitiva che lavora su corde di una strana intensità: il suo valore più forte sta nella capacità di essere inversamente mimetico rispetto alla tensione caratteriale delle due figure (reali) sulle quali lavora, cercando un approccio più empatico e stringente sulla apparente freddezza di Masha e, al contrario, applicando uno sguardo più distante e osservativo sulla natura più calda e accogliente di Misha. L’approccio prevalentemente notturno garantisce alle scene una sospensione un po’ onirica che disperde il senso documentario dell’assunto e genera una pulsione finzionale alla quale la narrazione si affida generosamente. Il titolo fa riferimento alle grandi lumache bianche che Masha ha in casa per un trattamento cosmetico del viso, ma anche alla figura esile della ragazza, lenta ed elegante nei movimenti, come sospesa su un suo tempo interiore. E infatti Masha resta il punto focale principale del film, che appartiene per intero alle sue incertezze, all’instabilità del suo rapporto con la realtà. A Masha resta però la responsabilità della strategia d’uscita dall’impasse in cui la loro storia finisce: sarà su di lui che gli autori chiuderanno la loro ricerca un po’ romantica e un po’ disincantata sul posto che i sentimenti hanno nella marginalità di questo mondo.


