Venezia82 – La deriva della democrazia in Cover up, di Laura Poitras e Mark Obenhaus

Cover up significa “copertura” e il film di Poitras e Obenhaus segna con un lungo filo rosso, di quel rosso che è anche il sangue di molti, le nefandezze di una storia segreta, ma non troppo, dolorosa, molto, che ha dominato quella grande democrazia, esempio per l’intero mondo e simbolo di libertà assoluta e rispetto di ogni sogno come ci ricorda quella statua che apre le porte all’impero del bene che invece anche tanto male ha fatto all’intero pianeta. Laura Poitras e Mark Obenhaus sono lucidi, spietati, diretti e coinvolgenti in questo lungo appassionato racconto, il loro Cover up, vera passerella ragionata di piccoli e grandi misfatti operati dalle iniziative della CIA e/o dalla politica. La narrazione comincia dagli anni della sanguinosa guerra del Vietnam per andare avanti fino ai nostri giorni. I due registi nel loro viaggio dentro le viscere infernali di un’America che solo pochi vogliono ricordare e raccontare scelgono, come si conviene, un mentore eccezionale Seymour Hersh (classe 1937), già giornalista assai scomodo del New York Times, oggi anziano signore pieno di ironia e di ricordi, di cultura politica e giornalistica, attento lettore di una realtà poliedrica e al momento impegnato ad indagare, come già fece in passato con la guerra del Sud Est asiatico, sul genocidio di Gaza. Laura Poitras e Mark Obenhaus firmano Cover up – nella sezione del Fuori Concorso qui a Venezia82 – un film potente che parte dal massacro di My Lai, il villaggio vietnamita in cui furono massacrati centinaia di vietnamiti inermi. Uccisi a freddo con la stessa accusa che fa eco con quelle in voga in questi mesi e che colpisce adulti e bambini senza distinzione, in quel tempo di essere vietcong era di essere componenti delle milizie comuniste che lottavano contro il regime neo colonialista del Vietnam del Sud, alimentato e sostenuto dagli USA.

 

 
Hersh e i due registi ripercorrono in parallelo la carriera del giornalista dagli inizi, quasi del tutto occasionali e fortuiti fino al suo arrivo alla grande testata newyorkese e alle delicate indagini che lo misero in diretta e scomoda opposizione alla politica. Dallo scandalo del Watergate alla onnipresente figura di Kissinger, che mal lo sopportava, dal colpo di Stato in Cile – di cui il Segretario di Stato appena citato fu uno dei principali ispiratori restando iconica la sua stretta di mano con il sanguinario Pinochet sostituto comodo di un socialista come Allende che per queste ragioni doveva essere fatto fuori -, fino ai tempi più recenti della disastrosa guerra dell’Iraq. Tutti fatti, scandali denunciati da Hersh con coraggio e con la convinta certezza di essere dalla parte di una verità sempre più oscura, in quella nebbia perenne che avvolse e avvolge ogni apparato che vede nel giornalismo – i tempi e i temi non mutano al mutare delle latitudini – una dolorosa spina nel fianco e quindi da estirpare.

 

 
Hersh ebbe sempre la schiena dritta e i suoi contrasti con la testata videro il giornalista e scrittore abbandonare la sicurezza di quella redazione per diventare una sorta di free lance e punto di riferimento per la cultura liberal americana, che ancora crede in quella democrazia che ogni giorno, sempre di più, appare malata e in fin di vita. Come si diceva una lucida analisi Cover up, un saggio storico che attraversa grazie agli archivi dello scrittore-giornalista, gli anni bui di quella storia che solo ai distratti resta sconosciuta. I due registi offrono le prove di quanto affermano in un processo che sa anche di giudizio che non è solo storico, puntellando dunque il loro racconto di documenti, immagini, parole e interviste. Un lavoro accurato, di vera indagine che resta cinema a tutto tondo e diventa pagina di storia per un mondo che dalla deriva in cui sta navigando, prima o poi ritroverà una rotta certa e sicura. E questo film potrà aiutare a ricostruire le vicende oscure, i pezzi di quel mondo che progressivamente già allora si allontanava dalla verità.