Dentro ma fuori la realtà: a Venezia82 vince la conservazione

Una Mostra che stia nella realtà: più che un auspicio è stata un’invocazione continua, iniziata con gli appelli degli artisti di Venice 4 Palestine, proseguita con i cortei e i dibattiti sull’inopportunità di far partecipare chi aveva manifestato vicinanza a Israele nel contesto storico attuale, come a voler ricordare quell’“io non sono imparziale” di morettiana memoria. Ora che le polveri si posano sulle strutture del Lido per un altro anno, possiamo affermalo con forza: è stato bello notare come l’evento cinematografico più antico del mondo abbia cercato e voluto diventare teatro di istanze che richiedevano a questa arte, così malandata e contesa da algoritmi e tappeti rossi, di tornare a immergersi con forza nei gangli della Storia contemporanea. E se la Biennale ha sventolato con orgoglio i numeri di un festival ormai ridiventato polo attrattore di personalità, pubblico e (soprattutto) tanti giovani, il programma non ha certamente mancato la possibilità di offrire spunti, affrontando non solo il dramma lacerante del genocidio (The Voice of Hind Rajab, di Kaouther Ben Hania), ma anche quello del potere (Il mago del Cremlino, di Olivier Assayas), delle paranoie da guerra globale (A House of Dynamite, di Kathryn Bigelow), della competizione deumanizzante (No Other Choice di Park Chan-wook), della difficoltà di sopravvivere fra salute e lavoro (The Sun Rises on Us All, di Cai Shangjun), della violenza domestica (Girl, di Shu Qi), di immaginare nuove connessioni in una ricerca formale che è anche indagine sulla natura e il senso dell’esistere (lo straordinario Silent Friend, di Ildiko Enyedi), fino al senso del perdersi nel caos come pratica estetizzante (L’étranger, di Francois Ozon).

 


 

A fronte di tanta vitalità cinefila, il parterre dei premi appare perciò non solo incongruo, ma anche lesivo degli sforzi compiuti da Alberto Barbera con la sua squadra. Alexander Payne e i suoi colleghi hanno scelto infatti di stare fuori dalla realtà, restituendo un’idea di élite prigioniera nella torre d’avorio e interessata solo a veicolare una visione di conservazione. Solo in quest’ottica si può infatti considerare la doppietta statunitense di Leone d’Oro e Miglior Regia, rispettivamente per Father Mother Sister Brother e The Smashing Machine. Non perché Jim Jarmusch e Bernie Safdie non meritino di per sé ammirazione, ma perché il disegno generale suggerisce una strategia di corto respiro, più interessata a celebrare un’idea di cinema indipendente made in Usa che a rispondere a quelle istanze sul mondo cui si accennava in precedenza. Ecco dunque che Payne ha sostanzialmente premiato chi già conosceva, lui che in quell’humus produttivo indie ci è nato e cresciuto: da un lato un maestro, di quelli che i premi maggiori li ha quasi sempre sfiorati senza raggiungerli, cui ha regalato la considerazione che vale una carriera. Dall’altro una giovane leva, con una buona opera che ha chance anche di farsi strada fino agli Oscar, lungo la linea che da Toro scatenato arriva a The Wrestler, passando per le varie iterazioni di Rocky. Lo stesso corto respiro è ravvisabile pure nei premi agli italiani: dal pur ottimo Toni Servillo de La grazia fino al Gianfranco Rosi di Sotto le nuvole, parliamo in ogni caso di personalità note in terra d’Hollywood (Servillo era il protagonista de La grande bellezza, premio Oscar per il miglior film internazionale, riconoscimento cui fu anche candidato Rosi con Fuocoammare). In uno scenario simile, l’esclusione della Bigelow, che pure elabora nella forma del thriller la paranoia del potere per la guerra globale, appare ancor più rivelatrice degli intenti “rasserenanti” che hanno guidato le scelte.

 


 

Non ce l’ha fatta perciò il favorito The Voice of Hind Rajab, insignito di un Leone d’Argento Gran Premio della Giuria che sa più che altro di risarcimento per evitare ulteriori polemiche, un po’ come il Premio Mastroianni a Luna Wedler ha permesso di tenere dentro senza troppi scossoni il più complesso film della Enyedi, Silent Friend. Meglio dunque guardare altrove, al Leoncino d’Oro di Agiscuola che ha incoronato proprio il film della Ben Hania riconoscendone l’urgenza. Oppure fare capolino nelle sezioni ospitate, come la Settimana internazionale della Critica, fresca quarantenne con un programma di eccellente qualità, che ha visto trionfare l’inglese Straight Circle, di Oscar Hudson, arguta riflessione sull’inimicizia tra i popoli che diventa un gioco di specchi sul tema del “confine” attraverso una vertiginosa performance dei gemelli Luke e Elliot Tittensor, e una messinscena di grande inventiva nello scarno scenario a disposizione: avrebbe potuto giocarsela nel concorso principale, anche e soprattutto per la capacità di intercettare il momento storico attuale in una chiave universale. Che è quello che poi chiedevamo alla Mostra fino in fondo. Se ne riparlerà il prossimo anno, in un festival settembrino (dal 2 al 12) sperando che la strada intrapresa dal programma venga comunque confermata con scelte altrettanto interessanti e coraggiose.

 

 

Tutti i premi di Venezia 82:

Leone d’Oro per il Miglior Film: FATHER MOTHER SISTER BROTHER di Jim Jarmusch
Leone d’Argento Gran Premio della Giuria: THE VOICE OF HIND RAJAB di Kaouther Ben Hania
Leone d’Argento premio per la migliore regia: Benny Safdie per THE SMASHING MACHINE
Premio Speciale della giuria: SOTTO LE NUVOLE di Gianfranco Rosi
Migliore Sceneggiatura: Valérie Donzelli e Gilles Marchand per À PIED D’ŒUVRE
Coppa Volpi per la migliore attrice: Xin Zhilei per THE SUN RISES ON US ALL
Coppa Volpi per il miglior attore: Toni Servillo per LA GRAZIA
Premio Marcello Mastroianni a un giovane attore emergente: Luna Wedler per SILENT FRIEND
Orizzonti – Miglior Film: EN EL CAMINO (ON THE ROAD) di David Pablos
Orizzonti – Migliore regia: Anuparna Roy per SONGS OF FORGOTTEN TREES
Orizzonti – Premio speciale della giuria: HARÀ WATAN (LOST LAND) di Akio Fujimoto
Orizzonti – Migliore attrice: Benedetta Porcaroli per IL RAPIMENTO DI ARABELLA
Orizzonti – Miglior attore: Giacomo Covi per UN ANNO DI SCUOLA
Orizzonti – Migliore sceneggiatura: Ana Cristina Barragán per HIEDRA (THE IVY)
Orizzonti – Miglior cortometraggio: UTAN KELLY (WITHOUT KELLY) di Lovisa Sirén
Leone del Futuro – Premio Venezia Opera Prima “Luigi De Laurentiis”: SHORT SUMMER di Nastia Korkia
Venezia Spotlight – Premio degli spettatori – Armani Beauty: CALLE MÁLAGA di Maryam Touzani
Venezia Classici – Miglior documentario sul cinema: MATA HARI di Joe Beshenkovsky e James A. Smith
Venezia Classici – Miglior film restaurato: BASHÙ, IL PICCOLO STRANIERO di Bahram Beyzaie
Venice Immersive – Gran Premio Venice Immersive: THE CLOUDS ARE TWO THOUSAND METERS UP di Singing Chen
Venice Immersive – Premio Speciale della Giuria Venice Immersive: LESS THAN 5GR OF SAFFRON di Négar Motevalymeidanshah
Venice Immersive – Premio per la Realizzazione Venice Immersive: A LONG GOODBYE di Kate Voet e Victor Maes