La genesi di C’era una volta il West da Sergio Leone – Il romanzo di una vita di Piero Negri Scaglione

Piero Negri

«Tra cinema e vita non ci vedo tutta questa differenza» diceva Sergio Leone a Gianni Minà nel 1985, un anno dopo l’uscita di C’era una volta in America e quattro anni prima di morire all’improvviso, a 60 anni, con un paio di progetti ancora in testa, tradito dal cuore da tempo malato. Per questo, raccontare la vita di Leone significa soprattutto raccontare i suoi film, quelli diretti (in tutto sette), quelli prodotti (sempre sette), quelli, impossibili da contare, a cui ha lavorato fin da ragazzo: studente liceale, a guerra finita passava le estati a Cinecittà sui set di Carmine Gallone. E questo fa Piero Negri Scaglione in Sergio Leone – Il romanzo di una vita (Sperling & Kupfer, pag. 272, euro 19,90), racconta la vita di Leone attraverso i suoi film, anche quelli progettati, sognati e mai realizzati. La pagina che pubblichiamo riguarda la genesi di uno dei suoi film più memorabili, C’era una volta il West, e coglie Leone in un momento decisivo, quando va in America in cerca dei soldi mancanti per girare «l’ultimo western» sulla sceneggiatura scritta con Sergio Donati, fondata su un soggetto ideato con Dario Argento e Bernardo Bertolucci.

 
 

 

Per gentile concessione di Sperling & Kupfer proponiamo un estratto da Sergio Leone – Il romanzo di una vita di Piero Negri Scaglione

 

Non si saprà mai chi ha avuto l’idea di mettere una donna al centro della storia. Bertolucci dirà sempre che questo è il suo principale contributo a C’era una volta il West. Leone, ovviamente, spiegherà che l’idea è sua, ed è quella che fa la differenza. Per i film precedenti, quando gli domandavano perché non ci fossero donne protagoniste, né vere storie d’amore, lui rispondeva che una presenza femminile di quel tipo avrebbe fatto «perdere tempo», cioè ritmo, all’azione. E nei suoi film il ritmo è tutto. Si diceva anche che una scena d’amore, forse addirittura di sesso, in Per qualche dollaro in più fosse stata scritta, perfino girata. Ma che poi fosse stata inesorabilmente tagliata. Dario Argento ha sempre confermato la versione di Leone, andando, a dire il vero, perfino oltre: «Lui non aveva assolutamente un’idea del film. Aveva in mente una sola cosa: fare un film con una protagonista femminile». Crede addirittura che sia questa la ragione per cui ha scelto lui e Bernardo: «Non si fidava degli sceneggiatori tradizionali, perché diceva che non capivano le donne… E pensava che noi, essendo giovani, avessimo dei rapporti più cordiali con l’universo femminile».

 

Bertolucci rivendicherà anche la scelta del cognome McBain per la nuova famiglia di Jill, in omaggio allo scrittore e sceneggiatore (anche degli Uccelli di Hitchcock) Ed McBain, e del nome Sweetwater per il loro ranch, ispirato da una località texana nata nel 1881 nei pressi di Abilene come tappa della Santa Fe Railway verso ovest. Però un Ed McBain c’è anche ne I comanceros, l’ultimo film di Michael Curtiz, forse concluso da John Wayne quando il regista era troppo malato per lavorarci. E dove si reca il Texas Ranger Jake Cutter (Wayne, appunto) quando si infiltra sotto il falso nome di McBain in un traffico d’armi? Proprio a Sweetwater. Leone I comanceros, che in Italia è arrivato nel 1961, lo conosce certamente. Anche perché c’è una scena in cui John Wayne entra in paese a dorso di mulo proprio come Clint Eastwood in Per un pugno di dollari: in questo caso, però, l’ironia è più bonaria, e nessuno uccide nessuno per aver offeso l’onore del mulo. Nel giro di un paio di mesi, il soggetto di C’era una volta il West è pronto. Secondo Argento è un trattamento di una settantina di pagine, nel ricordo di Bertolucci sarà sempre una storia molto più corposa, che arriva a contarne quasi trecento, di pagine. Prima ancora che finiscano, comunque, Leone prende il telefono e chiama Sergio Donati: «A Se’, i due intellettuali non funzionano. Vie’ qua che scriviamo ’sto film».

 

 

Donati riceve un soggetto – a sentire lui, anzi a leggerlo nel libro autobiografico C’era una volta il West (ma c’ero anch’io) – lungo una trentina di pagine. Poi per poco meno di un mese va tutti i giorni a casa Leone, a sentirsi raccontare il film e a discuterne con chi a questo punto l’aveva tutto in testa. Racconta Donati: «Quando arrivammo a una scaletta soddisfacente, mi chiusi in casa per scrivere la prima stesura. Leone, come sempre, non scriveva una riga: ma in tutta onestà il contributo creativo, anche se solo verbale, giustificava più che ampiamente il suo diritto ad apparire come coautore della sceneggiatura. E per quella di C’era una volta il West mi aveva così caricato che scrissi tutte le quattrocentoventi pagine in ventuno giorni esatti». All’inizio di aprile 1967, Leone vince ancora una volta la paura di volare e va negli Stati Uniti, dove rimarrà per un mese e mezzo circa. Questa volta può portare con sé la sceneggiatura del suo nuovo film, chissà se nella versione definitiva, magari già tradotta, oppure ancora tutta immagazzinata nella sua mente, pronta per essere raccontata con l’aiuto dell’inglese fluente di suo cognato. Più che un altro western, è la storia di come tramonta un’epopea, e della nuova, non necessariamente migliore, che ne prenderà il posto.

 

Giunto da poco a New York, viene intervistato dal corrispondente del quotidiano di Milano Il Giorno, al quale confida che si trova da quelle parti per incontrare Robert O’Brien, presidente della Metro-Goldwyn-Mayer. Parleranno di Caravans, dal romanzo di James A. Michener, una grossa produzione che gli ha proposto la MGM (il film lo faranno nel 1978, e sarà un flop). Sempre a O’Brien intende chiedere notizie dei diritti di Viva Villa!, un film che ha amato da bambino e che vorrebbe rifare con Toshirō Mifune (scoprirà che un progetto simile è già in lavorazione, con Yul Brynner nella parte di Pancho Villa, sarà un flop), e di un altro remake, quello di Via col vento, che potrebbe fare – dice – con 15 milioni di dollari, la metà del costo stimato dagli americani (non si farà mai). Poi vorrebbe riprendere i contatti con la United Artists, che gli ha proposto tre nuovi film, un’offerta che non lo convince del tutto. Lì vedrà il capo delle produzioni, David Picker, per Ricordati di Abilene, che ha già gli attori principali, ovvero Jean-Paul Belmondo e Ursula Andress, e di cui ha già scritto la sceneggiatura. Il momento è cruciale, un altro punto di svolta. Leone non è sicuro di voler continuare a lavorare con la United Artists, grazie al cognato e al suo inglese professionale si è reso conto che la nuova proposta contrattuale non è poi così favorevole. Quasi nello stesso momento, inoltre, ne riceve un’altra migliore dalla Paramount. Senza esitazioni dà l’addio a Remember Abilene, a Jean-Paul Belmondo, a Ursula Andress, alla United Artists. Trova in fretta un nuovo cast e un nuovo titolo, C’era una volta il West.