Galgo è un ex sicario che si ritrova libero nelle strade di Buenos Aires dopo aver scontato una lunga condanna nelle carceri argentine. Vorrebbe rivedere sua figlia ma, dopo esser stato pestato da una pattuglia di poliziotti corrotti in seguito a una rapina incontra alcuni suoi ex compagni di malavita che lo convincono ad accettare un ultimo lavoro per la sua boss di un tempo. Si dovrebbe trattare di una cosetta semplice e veloce ma Lalo, uno dei due scagnozzi che gli hanno affidato il compito, lo ha messo in una trappola. Galgo si ritrova solo e braccato nella notte di Buenos Aires, in una corsa senza fiato per salvarsi la vita tra regolamenti di conti e sparatorie. Gunman, di Cris Tapia Marchiori, ha fatto incetta di premi in una moltitudine di festival internazionali: Buenos Aires, Porto Alegre, Bilbao, Toledo, Oslo e Città del Messico. Si può dire che le vittorie siano state assegnate a ragion veduta a una pellicola riuscita, un’opera potente, adrenalinica e claustrofobica girata in un unico piano sequenza che mette in scena un thriller che si svolge in tempo reale, senza un momento per tirare il fiato per una durata che, per quanto breve, offre allo spettatore una visione densa che mette alla prova i nervi. Il ritmo, superfluo dirlo, è pazzesco, tirato fino all’estremo, senza tregua e con un senso di pericolo costante che deriva dalla messa in scena di una Buenos Aires minacciosa e sporca, un posto dove la pressione della sopravvivenza quotidiana si sente concretamente, ha un suo peso tangibile, trasmette quel sentimento di inquietudine e di minaccia imminente che si percepisce in certi documentari ambientati nelle favelas.

Tutto può succedere e, anche prima che inizi a succedere, si capisce che l’ambientazione della storia è un luogo tutt’altro che sicuro. L’atmosfera in tal senso è costruita anche dalla recitazione degli attori che danno vita a personaggi nervosi e pronti a scattare per un niente, delinquenti pragmatici che sanno il fatto loro ma non per questo meno costantemente sull’orlo di perdere la vita in maniera violenta e per questo per niente intenzionati a perdere quel secondo di troppo o ad accettare la stupidità gratuita che porta agli errori fatali. La scrittura è densa di eventi, in una durata relativamente breve succede tantissimo, i tempi morti sono ridotti a zero e i momenti che mantengono la tensione elevata tantissimi per quanto mai ridondanti, il continuo ripetersi di momenti d’azione non risulta ripetitivo ma va a comporre una struttura solida nella sua compattezza, con un protagonista che corre e combatte, di continuo, con poco tempo per riflettere ma con la disperazione di chi ha scelto una redenzione tragica proprio perché messa in atto in un contesto dove la speranza di una vita migliore sembra una pia illusione che deve cedere il passo al rischio costante di lavori cruenti che servono a nient’altro che mettere soldi in tasca per tirare avanti ancora un po’, un moto d’orgoglio doloroso in quanto racconta più la voglia di riscatto che la sua effettiva possibilità.


