Dalla Finlandia un racconto che nel brivido dell’incontrollabile flusso temporale sa mantenere un aplomb di marcato realismo, di verità genuina, di credibilità che senza cedere alla quotidiana narrazione si colora soltanto di una patina di sci-fi che sembra dovere avvolgere la storia e che invece diventa ingrediente necessario e qualificante, ma quasi in un sottotono studiato ed efficace. In altre parole si vuole dire che se proprio vogliamo categorizzare After Us, the Flood – presentato in anteprima all’ottava edizione di Monster festival tarantino che guarda al cinema fantastico e horror – dobbiamo riconoscere la sua matrice fantastica, il suo carattere e la sua essenza fantascientifici, però non possiamo pensarlo come un film di fantascienza a pieno titolo, il che lungi dal diventare un handicap, diventa, invece, tema su cui riflettere per una declinazione credibile del fantastico. Nella Finlandia dei giorni nostri Henrik (Tuomas Nilsson), un ragazzo prodigio e poi alunno talentuoso tendente a bullizzare i diversi, nel proseguire i suoi studi in fisica forma un piccolo team costituito da Sakari (Kasperi Kola), un giovane collega succube del carattere autoritario di Henrik e da Julia (Linnea Leino) la sua ragazza, studiosa di altrettanto talento. La creazione di una formula dà vita alla possibilità di realizzare un reattore capace di produrre energia pulita e le cui ulteriori applicazioni potrebbero diventare essenziali per la salvezza del pianeta.

L’invenzione offre la notorietà al team, ma gli anni passano e gli sconvolgimenti climatici sono inarrestabili. Un viaggio nel tempo riporta Henrik nei panni di Markku (Elias Westerberg), un ragazzo che da piccolo aveva problemi relazionali e veniva deriso da Henrik e dai suoi amici. Il ritorno al passato potrebbe cambiare le cose, ma al tempo stesso perché il futuro abbia ancora speranze non tutto deve cambiare. Quella che ci propone Halonen, nel suo Paese apprezzato regista, è dunque una fantascienza più idealizzata, immaginata che reale, svolgendosi il film, nell’ambito di una normalità quotidiana che diventa la leva sulla quale giustamente punta il racconto, lasciando quel tanto di immaginario, di utopistico o distopico, come luogo invisibile del film, traccia presente che costituisce un particolare habitat naturale dei suoi personaggi. Un’intuizione che diventa un uovo di Colombo e carattere del film, che al tempo stesso sa essere un film sui sentimenti e sulla loro natura duratura in quell’immaginario dentro il quale si esprimono, in quel tempo indefinito del racconto tra passato e presente. Henrik, Sakari, ma soprattutto Markku e Julia vivono le loro esistenze in un ambiente di coltura che è quello di un futuro imminente, tra formule e intuizioni, e in un viaggio nel tempo che diventa chiave di volta del racconto nella sua dissimile ripetizione.

After Us, the Flood preconizza un futuro, dispone, con una certa innata leggerezza di approccio, un apparato sentimentale che diventa sottofondo costante per un racconto che si svolge dentro un’attualità stringente con quell’incombente futuro ancora più preoccupante. Ma risolve anche in un crescente racconto delle individualità, che si arricchiscono di emozioni originarie, l’amore, l’amicizia, il rapporto con gli animali – sebbene qui si tratti di un animale speciale – e che proprio per questa ragione ci riportano ad una contemporaneità che non è più fantascienza, non è più distopico futuro, ma materia viva per vivere una specie di benessere. Un piccolo film che sa tradurre, nel suo linguaggio semplice, un tema che pesa sulle nostre teste come una spada di Damocle. E viene il sospetto che l’andirivieni nel tempo, la crisi climatica, il reattore per l’energia pulita, il tempo che torna e si ripete uguale ma allo stesso tempo non identico, diventino solo pretesti per parlare di quella piccola galassia umana che sono proprio i sentimenti, il loro ripetersi uguale e diverso nel tempo, per parlare di fiducia e speranza e raccontare amori silenziosi che vivono nel tempo e non si dimenticano mai. Per quale altra ragione, infatti, Markku già un po’ anziano, stanco e solo, dovrebbe sorridere pensando al passato?


