La figlia di un fisico oppresso e ucciso dal regime cinese per le proprie idee non ortodosse manda un messaggio all’universo, ignorando un avvertimento. Anni dopo, le più grandi menti della fisica muoiono come mosche. La scia di sangue sembra essere legata a una serie di numeri luminosi che compare davanti ai loro occhi. Il filo rosso che unisce questi fenomeni porta nel futuro, all’incontro che avverrà, tali sono le previsioni, con una razza infinitamente più evoluta della nostra, una civiltà aliena che ci ha trovato e intende invaderci per sopravvivere. Per noi, loro sono la minaccia più grande mai affrontata. Per loro, noi siamo insetti. Mancano quattro secoli all’ora fatale, farci trovare pronti oppure no determinerà il futuro. Il nostro, il loro, e quello dell’universo. Il problema dei tre corpi è una serie TV (creata da David Benioff, D.B. Weiss, Alexander Woo) trasmessa da Netflix che si pone il traguardo, estremamente ambizioso, di adattare per il piccolo schermo la prima parte della trilogia di romanzi chiamata Memoria del passato della Terra, dal cui primo volume prende il titolo, scritta da uno dei tre generali della fantascienza cinese, Cixin Liu. La fatica si prospetta come improba: l’opera nel suo complesso è epica, con un worldbuilding di ampissimo respiro e con una complessità tematica estremamente ricca. Forse andranno fatte delle scelte e la difficoltà sarà quella di rendere efficacemente lo spirito dei libri mantenendo una narrazione godibile entro i tempi della serie TV senza perdere pezzi fondamentali e, sembra scontato ma non lo è, mettendo in scena un’esperienza visiva all’altezza della scrittura di Liu.
Una scrittura fredda, siderale, in linea con l’obiettivo di raccontare una vicenda con un livello cosmico di coralità, che non celebra il singolo e l’azione dell’individuo sul mondo ma cattura la Storia come movimento infinitamente vasto e complicato. Cixin Liu abbraccia il mondo e il tempo, ha dei personaggi ricorrenti e li approfondisce ma quanto basta, scava a una profondità strettamente funzionale e totalmente lontana dal feticismo dell’interiorità che caratterizza, e spesso azzoppa, la narrativa occidentale. Ed è qui che sta il rischio maggiore dell’adattamento di Netflix che, è bene sottolinearlo, proprio al pubblico occidentale è destinato, esiste un adattamento cinese ma è su un’altra piattaforma. Per questo i cambiamenti operati sono numerosi ma, perlomeno finora, apportati con una buona dose di cautela. Dopo le battute iniziali il centro della vicenda si sposta dalla Cina a Londra e buona parte dei protagonisti sono riscritti come personaggi di origine occidentale, così come l’ipertrofia della vita interiore, che qui forse non arriva a diventare feticismo ma si fa sentire, viene ripresa in un adattamento che non è solo estetico ma tiene conto della sensibilità dell’ideale target di Netflix. Un po’ di peso nella serie TV vengono pompate le emozioni, le relazioni e le decisioni dei singoli che rispetto ai romanzi vengono collocate maggiormente sotto i riflettori. L’evoluzione, la lotta per la vita, la risposta brillante al paradosso di fermi ci sono tutte ma cedono molto spazio ai sogni, alla caratterizzazione psicologica e soprattutto alle relazioni fra i personaggi.
Quindi, Il problema dei tre corpi soffre di un’eccessiva sindrome della soap opera? Non esattamente. L’esperienza non è quella dei romanzi ma così come si adotta la sospensione dell’incredulità per consumare storie fantastiche si può comprendere la diversa sensibilità con cui è stata adattata la serie. Certo, la parte complicata deve ancora arrivare, fin qui la fantascienza cammina a braccetto con il thriller e ciò fa sì che diverse scelte narrative abbiano senso, ma l’immaginazione con il proseguire della vicenda si fa molto più audace e la vicenda vira nettamente verso la sci-fi pura. Diciamo che questa prima serie de Il problema dei tre corpi è una rampa di lancio, la vera difficoltà sarà nel far arrivare la navicella a destinazione sana e salva, una sfida certamente non da poco.