Marco Bacci
Il Maestro e Margherita di Michail Bulgakov (Feltrinelli)
Si è rivelato più divertente e acrobatico (e più disperato) di quel che ricordavo. Nel centenario della 1917 fa un effetto strano immaginare il lettore/censore Stalin dietro le quinte: non può non ammirare il sarcasmo di Bulgakov, ma non può lasciar girare una critica così radicale della burocrazia. E comunque sapere che il figlio di Dio, un pazzo, una pasionaria, Pilato e satanasso se la giocano ai bordi della Rivoluzione è esilarante.
Luca Barnabé
Dean & Me di Jerry Lewis e James Kaplan (ed. Sagoma)
L’ho riletto a settembre, poco dopo la morte di Lewis, è una splendida, struggente, accorata e divertente lettera d’amore all’amico e partner di scena, Dean Martin, scomparso molti anni prima. La presa di coscienza della fine del sodalizio artistico dei “re dell’improvvisazione” fanciullesca e di un doloroso passaggio all’età adulta firmata dal più geniale schlemiel (l’idiota della tradizione ebraica) della storia del cinema.
Matteo Bittanti
I tweet di Trump su Twitter
American Horror Story.
Massimo Causo
Yasujiro Ozu – Scritti sul cinema (Donzelli Editore)
«Poco dopo aver superato Anyi, sulla strada c’erano i corpi di un soldato nemico e di un indigeno. Vicino a essi, c’era un neonato, nato miracolosamente in quella situazione, che si baloccava candidamente con un sacchetto di gallette. Aveva quell’espressione imperturbabile che si ha dopo aver pianto a lungo. Era una scena di fronte alla quale chiunque si sarebbe impietosito. La caccia ai nemici però era frenetica e nessuno poteva preoccuparsi del neonato. Tutti acceleravano il passo per superarlo prima che si rimettesse a piangere. Le quattro file di soldati in marcia, arrivate davanti al bimbo, si biforcavano a destra e a sinistra. Scarponi con le ghette. Il bimbo, che se fosse stato calpestato sarebbe morto immediatamente, giocava spensierato in mezzo allo scorrere dei soldati. Quella scena, con lo sfondo di fiori di colza, era naturalmente una scena cinematografica. Era persino più che cinematografica. Non mi è venuto di fotografarla, mi è mancato quell’atteggiamento cinico di cogliere senza riserve quell’immagine. Anch’io ho accelerato con passo pesante». Da una delle lettere dal fronte per la rivista “Kinema Junpo”, scritta nell’aprile 1939. Avere accanto per un intero anno Ozu è stato un vero privilegio.
Enrico Danesi
la Trilogia della Pianura (Benedizione, Canto della Pianura, Crepuscolo) di Kent Haruf (Ed. NNE)
Perché il “provinciale” Haruf, con la sua scrittura ipnotica, ha costruito un mondo che non volevo più abbandonare. E mi ha regalato alcuni personaggi memorabili, disegnandoli con pochi tratti, ma assegnando loro la forza straordinaria di di chi affronta l’ordinarietà del quotidiano con un animo non corrotto.
Davide Di Giorgio
Guillermo del Toro Cabinet of Curiosities – My Notebooks, Collections, and Other Obsessions di Gullermo Del Toro e Marc Zicree (Harper Design)
Più di un semplice artbook o “making of book”, un viaggio in una concezione di cinema che è una visione del mondo, e dell’arte come eterna fonte d’ispirazione. Un libro che è un vero insegnamento.
Caterina Domeneghini
L’uomo duplicato di José Saramago
La scrittura fluida e audace del premio Nobel, non sottoposta a rigide regole di punteggiatura e ai canoni narrativi comuni, si riflette in un contenuto altrettanto libero da convenzionalità e schemi, in cui a parlare è la messa in discussione dell’identità e unicità che ciascuno di noi crede fieramente di rappresentare. Il protagonista Tertuliano e il suo sosia, che ritrova per caso in un film, si confrontano in uno spassionato ed estenuante gioco di specchi in cui a trionfare sarà una riflessione autentica sulla persona, in grado di coinvolgere il lettore stesso. Un libro che si divora e ti divora d’un fiato.
Graziella Donati
Aquarium di Marcelo Figueras (Ed. L’Asino d’Oro)
Perché racconta, insieme a molte altre cose, l’incontro (in Israele) tra due anime ferite che non hanno nemmeno una lingua in comune per capirsi. La scrittura è di grande originalità, singolare la prospettiva con cui affronta la materia sentimentale.
Manuela Florio
Exit West di Mohsin Hamid (Einaudi)
Andrea Fornasiero
Il rapporto di Brodeck vol.2 – L’indicibile di Manu Larcenet (Coconino Press)
Manu Larcenet si cala di nuovo nelle ombre del romanzo omonimo di Philippe Claudel per completarne l’adattamento. Storia cupissima di sopravvivenza all’Olocausto, le cui cicatrici soffocano lo straniero giunto al villaggio solo per disegnare. Una messa in scena dell’oscurità dell’animo umano, della mentalità del branco, dell’importanza della memoria e della paura che possono fare l’arte e la vita. A tratti maestosa, negli innevati paesaggi di montagna, ma più spesso immersa nel nero inchiostro di capanne buie e sporche e di volti arcigni, rocciosi, famelici, la trasposizione trasforma le parole in puro disegno e sì fa così ancora più astratta e incisiva dell’originale.
Giuseppe Gariazzo
Bruciare tutto di Walter Siti (Rizzoli)
Bruciare. Tutto. Darsi fuoco davvero – dopo avere, anche, sbriciolato la propria (carta d’)identità per un definitivo disperdersi – come atto conclusivo di un percorso nel dolore stampato nella mente e sul corpo. Quello di Leo, giovane prete – personaggio difficile da dimenticare. Protagonista, con la moltitudine di figure che lo attorniano, di un romanzo da leggere e rileggere. (Meta)narrazione cristallina, spietata e irriverente, stratificata e fluida, musicale nella sua durezza sociale, febbricitante e documentaria.
Fabrizia Malgieri
1Q84 di Haruki Murakami (Einaudi)
L’intensità enigmatica di un racconto sospeso nel tempo in cui due anime solitarie si rincorrono senza sosta, sfiorandosi da lontano. Il fascino del romanzo di Murakami risiede in quella straordinaria potenza con cui i personaggi riescono a insinuarsi nel cuore dei lettori, quasi con prepotenza, stringendo con essi un rapporto unico, speciale, indescrivibile, da cui è impossibile non uscire arricchiti.
Roberto Manassero
Innocenti e gli altri di Dana Spiotta (La nave di Teseo)
Non il libro più bello che ho letto, ma quello – paradossalmente – con l’idea cinematografica più folgorante: la fuoriuscita dalla crisi creativa di una regista di cinema, protagonista del romanzo, attraverso il fosfene, la percezione di puntini luminosi in assenza di luce, quando gli occhi chiusi sono soggetti a una pressione dall’esterno. Si chiama anche “il cinema del prigioniero”, scrive l’autrice, “la cecità trasformata in splendida visione”…
Michele Menditto
David Bowie. L’arte di scomparire di Francesco Donadio (Arcana)
A quasi due anni dalla scomparsa dell’artista inglese, il lavoro di ricerca di Francesco Donadio prova a gettare luce sui misteriosi dodici anni che hanno preceduto la morte del Duca Bianco, un’indagine necessaria perché non solo risponde alle curiosità dei fan più affezionati, ma fornisce nuovi dati e prospettive per analizzare il colpo di coda artistico di Bowie, che nell’era dell’informazione pervasiva è riuscito a nascondere al mondo la lavorazione degli ultimi strepitosi tasselli della sua carriera.
Emiliano Morreale
Uomini e caporali di Alessandro Leogrande (Feltrinelli)
Per conoscere il più grande intellettuale militante (nel senso pieno) di oggi, Alessandro Leogrande, morto giovanissimo a fine novembre.
Lorenzo Mosna
Il Signore degli Anelli di John R. R. Tolkien (Bompiani)
«Che leggi?». Questa è la domanda che mi chiede continuamente mia moglie quando mi vede indaffarato di fronte a un muro di testo sul mio PC. Io, sommessamente e con un certo imbarazzo, rispondo sempre «Niente». Perché lo ammetto: sono un avido lettore della Wikipedia che, spesso, mi porta a documentarmi su argomenti così casuali da spingermi a provarne vergogna. D’altronde, quale persona sana di mente leggerebbe articoli su di una remota isola dell’Oceano Indiano popolata solo da pinguini e ricercatori o su di un astronomo cingalese del settecento? Così, quest’anno mi è stato regalato Il Signore degli Anelli, che mi sono imposto di leggere trascurando i miei articoli enciclopedici sulle tecniche di rivestimento dei copertoni. Come quello di Frodo, il mio è stato un viaggio lungo e faticoso che mi ha insegnato molto. Per certi versi, persino di più della Wikipedia.
Grazia Paganelli
Voli separati di André Dubus (Mattioli 1885)
Dubus riempie i suoi racconti di sfumature, come a cercare la verità ai margini della realtà. Descrive i sentimenti con un linguaggio concreto, per farceli toccare con mano e insinuarceli sotto la pelle.
Federico Pedroni
Il giardino delle delizie/I ricchi/Loro/Il paese delle meraviglie (Epopea americana) di Joyce Carol Oates (Il Saggiatore)
Paola Piacenza
La tigre. Un’avventura siberiana di vendetta e sopravvivenza di John Vaillant (Einaudi)
Un reportage giornalistico, un racconto di caccia, un’indagine poliziesca, una straziante riflessione sulle conseguenze della storia (la perestrojka) sul rapporto tra l’uomo e la natura.
Andrea Pirruccio
Città in fiamme di Garth Risk Hallberg (Mondadori)
Motivazione: Un editor più severo e meno compiacente, probabilmente lo avrebbe potato di 3-400 pagine. E l’intelligenza di questo quasi quarantenne al debutto nel romanzo è a volte fastidiosamente compiaciuta. Eppure. Eppure la sua capacità di intrecciare le microstorie dei suoi indimenticabili personaggi (quanti!) con un brandello di Storia degli Stati Uniti che culmina nel blackout di Manhattan del 1977 è impressionante, da grandissimo narratore. Al netto della sua tracotanza, un’opera memorabile.
Massimo Rota
Lonesome Dove di Larry McMurtry (Einaudi)
Pubblicato nel 1985, nato dal tramonto di un progetto di western fordiano di Bogdanovich, il monumentale romanzo (937 pagine) è un capolavoro (vincitore del Pulitzer) che ha rinvigorito il genere. Due ex ranger che vivacchiano sul confine fra Messico e Texas, la comparsa di un vecchio compagno d’armi, l’idea di portare una mandria nel Montana e costruire un ranch. Un viaggio per attraversare le Grandi Pianure, una strada mitica e selvaggia fra indiani, cacciatori, trapper, sceriffi, prostitute, giocatori d’azzardo… L’anima della Frontiera e il suo inestinguibile desiderio di libertà.
Giulio Sangiorgio
Sul cinema e altre imperfezioni di Ezio Alberione (Bietti)
Letto e riletto. Per lavoro ma, soprattutto, per riconfrontarmi con chi in questo lavoro m’ha guidato, anni fa, proprio sulle pagine cartacee da cui rinasce questo sito. Ezio Alberione, duellanti. Tutto un conflitto d’interesse, tutta una questione di cuore? No, soprattutto pensieri e parole che sono ancora attuali e luminosi, capaci di indicare un modo, un gusto, un’etica del fare critica che mancano. E non solo a me.