Dropout Boogie, ovvero il ritorno dei blues rocker Black Keys

«… That shit! How crazy it is… 

Innovating fireworks!»

Damon Dash, 

a proposito della musica dei Black Keys (in Blakroc webisode 1)

 

«I’m just a stranger/With a twisted smile and I’m wondering, ah/Your heart is in danger/Come close now, let me tell you a lie/Wild child…» (Sono uno straniero/Con un sorriso storto, mi chiedo se il tuo cuore non sia in pericolo/Vieni qui vicino ora, lasciami dire una bugia, ragazza selvaggia…). Si apre – emblematicamente – così, il nuovo album del duo di blues-rocker The Black Keys, Dropout Boogie (l’“escluso” del Boogie, titolo preso da un pezzo di Captain Beefheart). Il singolo Wild Child è un chiaro manifesto di un ritorno alle origini. “Sporchi” riff di chitarre elettriche, atmosfere texane di fango e polvere. Dropout Boogie esce dopo un anno esatto dal precedente Delta Kream ed è una notevole fiammata rock‘n’roll di quasi trentacinque minuti. Pezzi brevi, potenti e ritmatissimi. Per testi e sonorità tutto fa pensare al disco d’esordio (a vent’anni esatti), The Big Come Up, ma anche al bluesaccio sporco e iper elettrico del capolavoro Brothers. È di certo uno dei migliori album recenti dei Black Keys. Vitale, energico, groovy, spesso selvaggio (come la canzone citata), fin dai “titoli di testa”. In mezzo scorre un fiume di “blackkeysità”: pochissimi pezzi (vagamente) melodici (It Ain’t Over, How Long), moltissimo blues texano elettrico e spudorato, da For the Love of Money alla chiusa ruvida, in parte “beatlesiana”, di Didn’t I Love You.

 

 

Dan Auerbach e Patrick “Pat” Carney si presentano in look blue collar sulla copertina dell’album. Sono anche i personaggi del videoclip di Wild Child: Danny, travestito da addetto alle pulizie d’altri tempi, Patrick in tenuta da cuoco. Entrambi fumano un grosso sigaro. Pare quasi il poster di un film. E in effetti l’intero album è ricco di suggestioni visive, evocative, fughe oniriche o reali. «Bright, bright diamonds that shine like shame/Green, green acres and God’s good name…» canta Auerbach nella magnifica For the Love of the Money. Oppure «Way out over the ocean/Deep down under the sea/Way up high to the top of the mountain/And everywhere in between/We’ve been rolling…» in Burn the Damned Thing DownDropout Boogie è quasi un film sonoro on the road – in musica e testi – per le strade sterrate d’America, attraverso i suoi paesaggi impervi o talmente vasti da essere inafferrabili anche solo con lo sguardo, fino al ritorno a “casa” (Baby, I’m Coming Home). Tra i vari ospiti illustri della nuova avventura griffata Black Keys: Billy F. Gibbons degli ZZ Top suona la chitarra elettrica in Good Love, mentre Greg Cartwright dei Reigning Sound e Angelo Petraglia (Kings of Leon) hanno collaborato o suonato su diversi pezzi. «Dance all night ‘cause people, they don’t wanna be lonely…» (Ballare tutta la notte, perché le persone non vogliono restare sole…) cantava la band originaria di Akron, Ohio, qualche anno fa in Weight of Love (nell’album Turn Blue). Questo nuovo progetto sembra fatto (anche) per ballare e per essere suonato live (speriamo al più presto in Europa). Tra solitudini texane e mondiali, è musica creata per colmare i nostri vuoti collettivi. Perfino le (quasi ballate) sono più ritmate del solito e chiudono sempre con schitarrate energiche. I musicisti paiono suggerirci, a ogni pezzo: Let’s rock!