Come scrive Rebecca Solnit camminare «ci permette di essere nel nostro corpo e nel mondo senza esserne sopraffatti». Andrea Mattei è un giornalista e un camminatore. Sempre con lo zaino pronto per nuovi percorsi, per nuovi incontri. Per lui camminare, pensare, scrivere sono parte di uno stesso processo vitale che si ripete sovente nella sua esistenza. Dopo L’arte di fare lo zaino (“Quando cammino con un amico, senza dare nell’occhio provo talvolta a sondare il terreno, butto lì con nonchalance una domanda, una considerazione sul peso che ci portiamo sulle spalle. Ostentando indifferenza, cerco di capire come la pensa il mio compagno di viandanza, quanto tempo impiega a riempire il suo zaino, a decidere cosa metterci dentro, a soppesare ogni singolo oggetto…”), Mattei ha scritto La Via dei Sassi – Da Bari a Matera lungo il Cammino Materano (Ediciclo Editore, pag.208, euro 15). Un viaggio lento e riflessivo che miscela storia e natura, miti e tradizioni popolari. Si parte da Bari e si cammina fino a Matera. 160 chilometri per conoscere Maria Laterza e i suoi racconti; le Murge e il paesaggio misterioso dell’altipiano; le leggende di Federico II; i popoli delle grotte, i santi, gli ulivi, le pietre, i lupi, i briganti, le balene, il profumo del pane…
Per gentile concessione di © Ediciclo Editore (Portogruaro, 2018 – https://www.ediciclo.it/libri/dettaglio/la-via-dei-sassi/) pubblichiamo un estratto da La Via dei Sassi di Andrea Mattei.
Un dedalo di sentieri invisibili. Un reticolo misterioso che gli europei chiamano Piste del Sogno o Vie dei Canti, e gli aborigeni Orme degli Antenati o Via della Legge. È il tessuto connettivo dell’Australia narrato da Bruce Chatwin, l’antico intreccio di cammini che copre tutto il continente australe. Secondo i miti aborigeni sulla creazione, fu percorso nell’epoca ancestrale del dreamtime da creature totemiche che, cantando il nome di ogni cosa – uccelli, animali, piante, rocce, pozzi –, col loro canto fecero esistere il mondo.
Hai tre direttrici come opzioni percorribili a piedi quando ti trovi a Bari – ché il mare non è fatto per noi viandanti. Puoi risalire il filo di costa verso le scogliere del Gargano o puntare in basso alla scoperta delle bianche spiagge del Salento. Ma è la terza opzione la più affascinante e misteriosa, perché via sconosciuta e tutta da svelare. Voltar le spalle all’Adriatico e guardare con decisione di fronte a te, a quel gradino carsico che, parallelo, si staglia all’orizzonte e che apre le porte a un mondo antico, un ambiente selvaggio che si innalza sopra le mete tradizionali e più scontate del turismo di massa. Partire dalla basilica di San Nicola e raggiungere Matera a piedi in sette giorni è la tua strada, un viaggio nel cuore della Puglia più vera che poi si fa Basilicata, in un territorio ancora in gran parte incontaminato. Ancestrale anch’esso, così legato ai suoi miti, ad antichissime tradizioni e rituali consolidati. «Anzitutto la Puglia è un’espressione archeologica. La nostra vita fu» scriveva Tommaso Fiore. La Murgia è «una Puglia non letteraria, non retorica, del tutto ignorata, desolata, tetra, respingente, disperata, da tutti per calcolo e per viltà trascurata». C’è appunto la Murgia trascurata da attraversare. O, meglio, le Murge, terre dalle mille facce e le infinite sfumature, da ambienti variegati che si susseguono tra boschi secolari e steppe sconfinate e (solo apparentemente) desolate, dai colori e profili che cambiano radicalmente a ogni stagione: «A primavera i terreni meno magri diventano enormi riquadri verdi, tra cui arde qualche fiammata della senape in fiore, e il piano si riaccende tutto del giallo di narcisi, del rosso di papaveri selvatici, del bianco di ombrelline». Terre di incontri sorprendenti, con animali e piante sconosciute, con storie e tradizioni fantastiche, e soprattutto con genti che dell’ospitalità hanno fatto il loro tratto distintivo. Un’accoglienza fuori tempo e fuori moda che, forse, nasce dall’orgoglio del proprio territorio, dalle radici che – come quelle dell’ulivo che qui è di casa – sono capaci di penetrare nelle profondità carsiche più remote, in cerca di linfa e nutrimento. La Via Peuceta del Cammino Materano fa questa strada: centosessanta chilometri o giù di lì che si srotolano in lieve ascesa tra città antichissime e altipiani selvaggi, Altamura, Gravina e infine Matera, chiese rupestri e abitati ipogei, soprattutto vicende famose e inaspettate, perché questa è terra di personaggi storici entrati nell’identità popolare e di leggende narrate a ogni passo, miti, magie e misteri, imperatori adorati e scomunicati e santi inventati di sana pianta, briganti e contadini, lupi e dinosauri, balene e cinghiali, tutto perennemente in bilico tra preistoria e contemporaneità. E c’è una base su cui tutto questo poggia, uno zoccolo duro che tiene insieme questi mondi e queste genti, duro come pietra, appunto. È la «scabrosità del calcare» – per dirla ancora con Fiore –, perché di calcarenite è fatto il suolo che calpesti, roccia sotto i piedi e davanti agli occhi, che emerge dal terreno per farsi case, grotte, muri a secco e… fede. Le Orme degli Antenati sono impresse nel calcare, le Piste del Sogno attraversano le Murge, perché in fondo, come le Vie dei Canti degli aborigeni, le Vie dei Sassi sono – qui – elemento comune e unificante di tradizioni culturali, e mappa invisibile del territorio, conoscenza iniziatica e segreta tramandata di generazione in generazione. Identità.