Savage Weekend: per una (im)possibile exploitation d’autore

Forse mai come nei tardi Settanta, quando gli umori della New Hollywood iniziavano a consolidarsi o a sfiorire (a seconda delle scuole di pensiero), il cinema exploitation americano è stato tanto capace di introiettare il particolare senso di alienazione dell’uomo medio nei confronti della propria realtà: il paesaggio agreste di certi scorci da entroterra è sembrato infatti capace di riflettere un senso di ritorno alle origini, di recupero della propria autenticità di coloni, stranieri in terra straniera, che costringeva a fare i conti con le paure più recondite. Di esempi, naturalmente, se ne possono fare tanti, da Heartbreak Motel, fino a Savage Weekend. Strano titolo quest’ultimo, una produzione Cannon Films realizzata nel 1976, con una certa qual impronta autoriale da David Paulsen, che dirige, scrive, co-produce e si accredita anche come autore dei testi per la canzone The Upstate Man, montata sui titoli di coda. Alcune discordanze sulle date pospongono però l’uscita fino al 1981, quando ormai impera il nuovo cinema slasher di Halloween e Venerdì 13, che si rispecchia nel lavoro di Paulsen: l’autore americano – che in seguito otterrà maggior fortuna come produttore delle celeberrime soap Dallas e Dynasty – era riuscito in pratica a intercettare la moda degli assassini mascherati in un contesto, per l’appunto, rurale, fatto che ha probabilmente permesso il più tardo recupero della pellicola – la location in questo caso è comunque l’Hudson Valley, nello stato di New York, non troppo distante dalla costa Est. Di più: il suo killer faceva uso anche di tutto l’armamentario del genere, fatto di motoseghe, machete, spilloni, tavoli da lavoro con sega circolare e quant’altro. Ma, al di là dell’anticipazione di una specie di “politica degli oggetti”, nella messinscena degli omicidi emerge ancora una certa goffaggine dovuta alle evidenti ristrettezze di budget, o forse a un parziale disinteresse per elementi che vengono ritenuti inevitabili cascami di un meccanismo spettacolare.

 

 

Per il resto, a interessare sembra altro, a iniziare da una pulsione erotica che si esplicita in un gusto particolare per il corpo esibito, femminile ma non solo: che di per sé è pure un elemento exploitation, ma che qui si accompagna a una sorta di ricognizione intorno alla sfera personale, e favorisce così l’interazione tra soggetti evidentemente a disagio con se stessi e il mondo. Una generale sensazione di doppiezza che nell’indeterminatezza di questo paesaggio al contempo placido eppure selvaggio accompagna le frustrazioni di un gruppo che sembra un campionario di svariate possibilità della sfera sessuale, tutte destinate a non soddisfare le proprie aspirazioni: c’è la sorella ninfomane, ma vittima della sopraffazione altrui; il fratello omosessuale, ma efficacissimo nell’autodifesa, la protagonista che ha lasciato il marito e si è rifatta una vita, ma nei sogni erotici ripensa all’ex consorte… Il ritmo molto disteso, a fronte della durata abbastanza contenuta, permette una certa sospensione delle atmosfere, propedeutica a dare una sfaccettatura superiore al dovuto nei confronti di personaggi che non sembrano essere unicamente carne da macello, ma rivendicano una propria tridimensionalità. Tutto questo mentre la colonna sonora di David Broza alterna il silenzio a insistiti e ossessivi riff di banjo (eredità di Un tranquillo weekend di paura?) in grado di esaltare oltremodo il senso di alterità di quel tempo e quel mondo. Lo sguardo di Paulsen è brutale nella sincerità dei corpi, e nell’immersione panica nelle distese d’erba secca e tra le acque del fiume, e crea così un’atmosfera suggestiva, forse per controbilanciare la pochezza delle sequenze più spettacolari. O forse è solo il senno di poi che permette una maggiore contestualizzazione nelle indimenticabili atmosfere e nei filoni dell’epoca. Rimasto inedito in Italia, il film arriva adesso in DVD grazie alla Opium Visions, che prosegue così la sua ricognizione sui precursori dello slasher e su un certo tipo di exploitation capace di dire qualcosa in più circa il definirsi dei filoni nel cinema americano a cavallo fra le epoche. L’edizione presenta il film rimasterizzato in buona qualità video, con i soli sottotitoli, in mancanza di un doppiaggio italiano. Negli extra il trailer che calca la mano sulla natura grindhouse del film: la visione della pellicola nella sua interezza può dunque riservare qualche ulteriore sorpresa.