Tattiche surreali di guerriglia non convenzionale, Gli ultimi giorni della nuova Parigi di China Miéville

Per porre fine all’occupazione nazista in Francia viene costruita un’arma mai vista prima, un ordigno che mescola occultismo e ingegneria. Anni dopo, in un 1950 che vede Parigi ancora occupata dalle truppe della Wehrmacht, i surrealisti francesi ingaggiano una lotta senza quartiere con gli occupanti in una Ville Lumière trasfigurata dallo scoppio della Bomba S. Le strade della capitale francese, teatro degli scontri, sono attraversate dai Manifs, opere d’arte surrealiste che hanno preso vita, e demoni infernali evocati dai nazisti. Questo è lo sfondo della precaria alleanza fra un partigiano surrealista e un misterioso fotografo americano. I riferimenti storici, così come le presenze di personaggi realmente esistiti, in ruoli più o meno importanti, si sprecano nell’ultimo romanzo di China Miéville, Gli ultimi giorni della nuova Parigi ( Fanucci Editore pag.180, euro 14). Il libro è un pastiche di ucronia e urban fantasy con un buon ritmo, non serratissimo ma senza grossi cali, che mette in scena un universo narrativo estremamente suggestivo, specie per gli chi conosce bene la cultura e soprattutto l’arte della prima meta del ventesimo secolo. L’espediente narrativo della Bomba S e dei suoi effetti funziona, la Parigi dei Manifs e del gruppo partigiano dei Main à Plume, partigiani che combattono usando le tecniche dei surrealisti come la scrittura automatica applicata alle armi da fuoco, danno vita a momenti divertenti, vere e proprie chicche che danno al world building una profondità interessante e un tocco di divertimento che rende alcuni passaggi del romanzo piacevolmente leggeri.

 

 

Un effetto collaterale ma non casuale della mistura di referenti culturali “alti” e letteratura di genere è una sconfessione ulteriore, casomai ce ne fosse ancora bisogno, della velleitaria e inutile barriera fra prodotti culturali “intellettuali” e cultura pop. L’autore, con l’abilità dello scrittore consumato, si muove con agilità fra i registri amalgamando il tutto senza posticce soluzioni di continuità. Miéville si dimostra un autore immaginifico e capace, che sa valorizzare le sue numerose trovate citazioniste contestualizzandole in un libro solido e ben congegnato, un romanzo brillante che intrattiene con uno stile di scrittura scorrevole e funzionale allo scopo. E qui, forse, sta il problema. Lo stile e soprattutto la caratterizzazione dei personaggi sono certamente funzionali, ma non riescono ad andare oltre ed esprimere appieno ciò che il libro avrebbe potuto esprimere. A Gli ultimi giorni della nuova Parigi manca quel guizzo che rende il libro memorabile. Attenzione, non ci troviamo di fronte a un brutto romanzo, tutt’altro, ma l’opera non esprime tutto il suo potenziale, né il potenziale di Miéville come scrittore. A difettare è soprattutto il protagonista, Thibaud, che non viene caratterizzato a sufficienza, restando per lo più un ingranaggio, per quanto importante, che fa certamente il suo lavoro nel portare avanti la trama. Detto questo, Gli ultimi giorni della nuova Parigi resta un’opera più che godibile, un ‘aggiunta di valore al catalogo Fanucci, non di quelle che fanno la differenza ma di quelle che costruiscono una proposta editoriale interessante da seguire.