Un anno sull’Altipiano, un capolavoro da riscoprire

Lussu C’è da sperare che l’anniversario del centenario dell’entrata nella Prima guerra mondiale dell’Italia contribuisca a fare riscoprire quel capolavoro che è Un anno sull’Altipiano di Emilio Lussu. Scritto nel 1936, uscito in Francia nel 1938, pubblicato da noi nel 1945, il libro è stato per decenni letto svogliatamente solo a scuola dove insegnanti irresponsabili lo hanno inchiodato alla retorica degli “orrori della guerra” mentre gli alunni sbadigliavano convinti. Sulla percezione del romanzo ha negativamente influito anche Uomini contro di Francesco Rosi, girato nel 1970 e interpretato da Gian Maria Volonté, Pier Paolo Capponi, Alain Cuny, Franco Graziosi. Nel film e nella sue grevità, Lussu non si è mai riconosciuto, come scrive Mario Rigoni Stern nell’introduzione all’edizione Einaudi:”Uomini contro non è Un anno sull’Altipiano. Un giorno a Roma, dopo aver visto il film con lui e Rosi, mentre lo accompagnavo verso piazza Adriana, mi disse come seguendo un suo pensiero: tu lo sai, in guerra qualche volta abbiamo anche cantato…”

 

Emilio_Lussu_WWILe pagine di Emilio Lussu possiedono il fascino leskoviano del racconto orale, in presa diretta con l’esperienza reale. Probabilmente si tratta della cosa più difficile da realizzare in letteratura, almeno nel Novecento italiano. Il rischio che si corre è di scivolare subito nel resoconto cronachistico, pecca dalla quale Un anno sull’Altipiano rimane immune. Si pensi solo a quando gli austriaci vanno all’assalto, con il lettore che se li vede proprio di fronte e viene investito da “un odore di cognac, carico, condensato, come se si sprigionasse da cantine umide, rimaste chiuse per anni.” Questo modo di narrare che fa passare l’emozione attraverso un deragliamento di sensi improvviso, sarebbe impensabile in uno scrittore attento solo alla notizia e non all’impressione. Lussu è sintetico, rapido, preciso, affilato. Ha il gusto del racconto, sa variare i toni, gli bastano poche battute per introdurre un personaggio. Alcuni rimangono memorabili: il generale Leoni, “zio Francesco”, lo stesso giovane protagonista. La passione morale lo coinvolge in prima persona e lui non si tira indietro. Dalla Grandgrande-guerra-2.jpg_1379307876e Guerra  Jünger  trasse con Nelle tempeste d’acciaio un quadro metafisico e astratto, Lussu cupo e drammatico: “non alla fantasia ho fatto appello, ma alla mia memoria; e i compagni d’arme, anche attraverso qualche nome trasformatoi, riconosceranno facilmente uomini e fatti. Io mi sono spogliato anche della mia esperienza successiva e ho rievocato la guerra così come noi l’abbiamo realmente vissuta, con le idee e i sentimenti d’allora.”