https://www.italorondinella.com/2018/12/16/shipwreck-crime/

A Venezia la terribile verità di Shipwreck Crime di Italo Rondinella

Rinviata a marzo l’apertura, la mostra Shipwreck Crime (A cura di Anna Lucia Colleo con il contributo di Elisa Muliere), personale del fotografo Italo Rondinella, torna visibile a Venezia fino al 19 luglio presso Magazzini del Sale messi a disposizione dalla Reale Società Canottieri Bucintoro 1882. Con il patrocinio dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (UNHCR), di UNICEF Italia, Regione del Veneto, Comune di Venezia, Università Ca’ Foscari (Dip. di Studi sull’Asia e sull’Africa Mediterranea), Ateneo Veneto. La mostra propone una serie di oggetti personali appartenuti alle centinaia di persone che – nella speranza di raggiungere l’Europa – hanno tentato di attraversare il breve tratto di mare che separa la costa turca dall’isola greca di Lesbo. Molti di loro non ce l’hanno fatta. Gli oggetti – abiti, scarpe, biberon, salvagenti e tanto altro – sono stati fotografati dall’autore così come rinvenuti sulla riva e successivamente raccolti per formare parte, insieme alle immagini, il corpus di questa mostra che ha lo scopo di restituire dignità alle storie anonime di coloro a cui sono appartenuti. All’interno del percorso espositivo è  presente un contributo narrativo di Anna Lucia Colleo.

 

 

44 sono le fotografie e 44 i rispettivi oggetti. Il progetto è stato realizzato a più di due anni di distanza da quando il flusso migratorio dalla Turchia all’Europa ha conosciuto il suo picco più alto. In quel tratto di costa turca tra Babakale e Ayvalık si alternano spiagge frequentate da vacanzieri a tratti vuoti, dove sono stati trovati gli oggetti dei naufraghi. Al fine di rappresentare queste due realtà parallele, l’autore ha incluso negli spazi di mostra il sonoro della spiaggia frequentata dai bagnanti, appositamente registrato dal vivo. Il solco emotivo che separa queste due realtà sul medesimo palcoscenico – la spiaggia – esprime secondo l’autore una metafora della rappresentazione mediatica della vicenda umana dei migranti che perde la sua naturale dimensione compassionevole per diventare mera descrizione di un fenomeno. Come conclude l’artista (da anni residente in Turchia): “Shipwreck Crime non è pertanto un progetto sul fenomeno migratorio, bensì sulla commozione”.