Tra i film diretti da Alessandro D’Alatri Casomai è quello con il titolo più evocativo. Sorta di Sliding doors in cui la vita, in questo caso il matrimonio dei due protagonisti, è esposto all’incognita del caso e del tempo che passa, alla presenza o assenza degli amici e dei parenti. Un racconto garbato e insolito sulla vita di coppia, realista ma anche capace di invenzioni e ipotesi. Il cinema di D’Alatri, in fondo, si nutriva di idee irreali che facevano scaturire azioni e reazioni reali, capace di rappresentare la quotidianità con lo sguardo curioso e interrogativo, libero da preconcetti e stereotipi. I suoi film prediligono temi semplici e quotidiani, trattati con cura e sincerità, capaci di far scaturire nello spettatore una immediata identificazione nei suoi protagonisti. Regista, attore, produttore e sceneggiatore, aveva esordito dietro la macchina da presa con il lungometraggio Americano Rosso (1991), aggiudicandosi il David di Donatello e il Ciak d’oro come migliore esordio cinematografico dell’anno. Viaggio lungo la riviera veneta alla ricerca di una giovane da far sposare ad un ricco (e furbo) italo-americano. Un gioco di incastri perfetti, di inganni e di sotterfugi ambientato negli anni Trenta di Mussolini, denso di dettagli e dai colori tenui, l’ironia elegante e un certo gusto per il paesaggio. A seguire D’Alatri ha diretto Kim Rossi Stuart in due film, Senza pelle (1994) e I giardini dell’Eden (1998), il primo, presentato a Cannes alla Quinzaine des réalisateurs, il secondo in concorso a Venezia.
Seguono La febbre (2005), Commediasexi (2006), Sul mare (2010), The Startup: Accendi il tuo futuro (2017), oltre a dirigere documentari (uno speciale per la tv su Sergio Citti e successivamente un documentario dal titolo Il prezzo dell’innocenza che raccontava la prostituzione infantile in Thailandia), videoclip (per Articolo 31, Elisa, Negramaro, Laura Pausini e Renato Zero) e serie tv (tra le più recenti I bastardi di Pizzofalcone, Il commissario Ricciardi, Un professore). In pochi, tuttavia, sanno che D’Alatri ha mosso i suoi primi passi nel mondo del cinema come attore, recitando giovanissimo a teatro con Luchino Visconti ne Il giardino di ciliegi e poi per il piccolo schermo per lo sceneggiato I fratelli Karamazov diretto nel 1969 da Sandro Bolchi a fianco di attori del calibro di Corrado Pani, Lea Massari, Salvo Randone, Umberto Orsini, Carla Gravina, Gianni Agus e Glauco Onorato, Viaggio di ritorno di Enrico Colosimo e Una mattina come le altre. Sempre del 1969 il debutto al cinema come protagonista di Il ragazzo dagli occhi chiari di Emilio Marsili seguito, l’anno successivo da Il giardino dei Finzi Contini di Vittorio De Sica.