“…Anche se non è più qui con noi, la sua umanità e la sua anima gentile continueranno a guidarci e ispirarci. La sua eredità continuerà a vivere attraverso la sua musica leggendaria. Pace, amore e armonia a tutti coloro che conoscevano David e coloro che ha toccato. Ci mancherà moltissimo. In questo momento, chiediamo rispettosamente e gentilmente la privacy mentre ci addoloriamo e cerchiamo di affrontare la nostra profonda perdita. Grazie per l’amore e le preghiere”. Così la famiglia ha annunciato la scomparsa, a 81 anni, di David Crosby.”Crosby era un personaggio colorato e imprevedibile, indossava il mantello di Mandrake, non andava d’accordo con troppe persone e aveva una bella voce, era un architetto di armonie”, ecco come lo inquadra Bob Dylan nel suo libro di memorie Chronicles: Volume One (2004). Crosby ha meravigliosamente cavalcato la rivoluzione culturale degli anni sessanta e settanta, con Roger McGuinn è stato il cervello dei Byrds, poi insieme a Stephen Stills e Graham Nash ha firmato un autentico gioiello di voci intrecciate e sognanti accordi di chitarre acustiche come Crosby Stills & Nash (1969) che influenzerà decine di band della West Coast. L’anno seguente alla formazione si aggiunge l’ombroso e misterioso Neil Young (ha iniziato con i Buffalo Springfield, poi ha incontrato i Crazy Horse). La chimica del gruppo è perfetta, Déjà vu (1970) prende una strada elettrica e Four Way Street (1972), doppio dal vivo, fa la storia e segna la fine della band che si riunisce nel ’74 per un tour trionfale.
Nel frattempo a Crosby è capitato di tutto, compreso la morte in un incidente della fidanzata ventenne Christine Hinton (“Era una cosa più grande di me e ha finito per schiacciarmi. Seduto per terra nello studio, piangevo senza sosta” dichiara a Rolling Stone). Viene a patti col dolore realizzando If I Could Only Remember My Name (1971). Un capolavoro al quale ha contribuito uno stuolo di super-musicisti: Jerry Garcia, Joni Mitchell, Neil Young, Graham Nash, Phil Lesh, Grace Slick, Paul Kantner, Mickey Hart, Bill Kreutzmann, Gregg Rolie, Jack Casady, Jorma Kaukonen. Crosby sceneggia storie d’amore, confessa brividi profondi, racconta improbabili corse sul pelo dell’acqua…Il viaggio (il trip, in tutte le sue declinazioni) è l’impresa più spettacolare della sua recita. Almost Cut my Hair è l’inno perfetto per la generazione hippie. Nel suo canzoniere si parte sempre per andare da qualche parte, per scoprire qualcosa (i pesci di The Lee Shore). Il meraviglioso che si credeva lontano è negli occhi verdi di Guinnevere, nel suono celestiale di Music is Love e per chi ha fantasmi da cacciare, ombre che non lasciano vedere, c’è l’ottimismo forte di Long Time Gone:”L’ora più scura è quella che annuncia l’alba”.
“Ho sempre detto che ho preso in mano la chitarra come scorciatoia per il sesso e dopo il mio primo spinello ero sicuro che se tutti avessero fumato droga ci sarebbe stata la fine della guerra”, così Crosby nella sua autobiografia Long Time Gone (1988), scritta insieme a Carl Gottlieb. “Avevo ragione sul sesso. Ma mi sbagliavo quando si trattava di droga”. Paul Kanter in una famosa intervista ha raccontato gli inizi della sua vocazione psichedelica, ricordando come ancora studente era stato avvicinato da un giovane pusher di San Francisco, fornito di una eccellente canapa. Era David Crosby che ha frequentato l’erba tutta la vita ma ha passato anni anche in compagnia degli acidi e dell’eroina. Ha sconfitto la dipendenza nel 1985-86 quando si è fatto quasi un anno in carcere per droga e armi in Texas. Ha vissuto più a lungo di quanto si aspettasse (nonostante un’epatite C, trapianto di fegato, operazione al cuore, diabete) e ha goduto di un rinascimento creativo, pubblicando diversi album da solista mentre collaborava con altri musicisti. Non ultimo suo figlio James Raymond, che è diventato un partner fidato per la scrittura di canzoni. Di questa stagione della sua vita artistica fanno parte Croz (2014), Lighthouse (2016), Sky Trails (2017), Here If You Listen (2018), For Free (2021). Album vestiti di una musica che cerca di trovare equilibrio tra le fibre di un’elegante semplicità. Dopo decenni di puntiglioso lavoro Crosby riesce sempre a suscitare suggestione e magia. L’ultima conferma arriva da Live At The Capitol Theatre, l’entusiasmante album dal vivo con The Lighthouse Band, uscito il mese scorso, che ci restituisce un David Crosby di commovente consapevolezza nell’esaltare la bellezza della dimensione acustica.