Dopo cinque film diretti da Michael Bay, lo scettro della saga dei Transformers cambia proprietario e viene raccolto dal talentuoso Travis Knight. Il cambio di regia era necessario per provare a dare vita a un nuovo tassello slegato dalla serie principale. Bumblebee infatti non è solamente uno spin-off/prequel delle avventure robotiche messe in scena da Bay, ma un’operazione ben mirata a rilanciare la saga di Optimus Prime e compagni. Knight si trova dunque nella difficile posizione di dover accontentare da un lato gli spettatori più affezionati, dall’altro non deludere le aspettative dei neofiti che potrebbero di conseguenza trasformarsi in nuovi fan. Seppur con qualche sbavatura di troppo, complessivamente il tutto funziona grazie all’intuizione di spostare la lente della saga dalle magnetiche ed inimitabili esplosioni di Michael Bay al cuore più ingenuo ma sincero di Steven Spielberg (produttore del film). Knight infatti ha a disposizione “solamente” cento milioni di dollari (il budget più basso mai investito per un film dei Transformers) per confezionare il tutto e sapientemente sceglie di insistere sul cinema più che sugli effetti speciali. Ecco allora che il suo Bumblebee racconta le avventure di un alieno venuto da lontano, costretto a nascondersi per non farsi dare la caccia dagli adulti mentre l’unica persona ad accoglierlo come un proprio simile sarà un’adolescente che non riesce a trovare il proprio posto nel mondo.
Solo in un secondo momento ci sarà spazio per la resa dei conti, il legame con il pianeta d’origine e la battaglia
per la salvaguardia della Terra. Knight è più interessato alle relazioni dei suoi personaggi, alle sfide quotidiane e alle problematiche comuni (l’amicizia, la famiglia). Tutti temi presenti anche nella saga di Bay ma oscurati dalla potenza roboante delle immagini digitali. Certo, non che ci si trovi di fronte a un film cardine o innovativo. L’impronta umana di Spielberg (comunque produttore anche degli altri episodi) si sente ma più che prenderne spunto per un
aggiornamento sembra che l’operazione sia maggiormente mirata a un omaggio cinefilo in grado di restituire l’immaginario degli anni Ottanta (mai cos’ di moda come in questi ultimi anni) e il gusto di uno spettacolo cinematografico dal sapore passato ma ancora decisamente attuale.