Il famelico ménage degli inquilini: Riunione di condominio di Santiago Requejo

Il mondo in una stanza o meglio, in un appartamento. Anzi, di più, in un condominio. Mescolando kammerspiel e satira sociale, per La riunione di condominio, suo terzo lungometraggio, Santiago Requejo prende ispirazione da un suo fortunato cortometraggio e costruisce un efficace gioco al massacro tutto di impianto teatrale, pensato per essere consumato al cinema e poi riciclato comodamente sul divano (produce Prime), ridere amaramente magari rispecchiandosi nei guai degli altri. Un tranquillo ménage delle finzioni e dell’ipocrisia, una danza tragicomica che mette in risalto il lato famelico e opportunista di (quasi) tutti gli esseri umani che, senza esclusione di colpi, sembrano essere arrivati alle strette avendo mandato per aria ogni forma di comunità e dialogo, qualsiasi disegno politico di rispetto e civiltà.

 

 
La vicenda raccontata nel film è semplice, in un certo senso già vista e in qualche modo già incontrata altrove; l’elenco dei possibili riferimenti cinematografici, da Siamo tutti inquilini di Mattoli a Carnage di Polanski, è vasto e variegato semplicemente perché il luogo e le dinamiche della realtà prestano il fianco a facili riletture paraboliche della società e dei comportamenti umani. Dal micro al macro, letteralmente e metaforicamente. Non è un caso, quindi, che il regista spagnolo si concentri sulla dimensione del contro pensiero e del sospetto che prova ciascun membro della riunione, inevitabilmente innescando così una serie di possibili equivoci e tracce narrative che degenerano nel caos, scatenando ironia, smarrimento e un filo di indignazione (anche nello spettatore). Se si pensa che tutto è scritto per evidenziare, talvolta in maniera esasperatamente didascalica e verbosa, fanatismo e discriminazione, pregiudizio e fragilità emotiva, è inevitabile collocare il film nella nostra contemporaneità pur riconoscendo un certo ritardo nell’arrivare a denunciare con questa allegra-ma-non-troppo satira politico-sociale, le derive e l’inasprimento del sistema democratico.

 

 
Il titolo originale Votemos! si dirige proprio verso la direzione di una riflessione sociologica sullo stato delle cose, in Spagna in particolare ma il discorso vale anche in generale, e si sofferma sull’aridità di pensiero e la conseguente cattiveria di una manciata di persone convinte, conviventi ma anche conniventi, che tutto possa risolversi alzando la mano schierandosi a favore o contro qualcosa e qualcuno. Requejo intrattiene con ritmo nella prima parte, riesce a condurre lo spettatore con abilità, adotta anche intelligenti soluzioni di messa in scena che alternano luci e ombre, primi piani e totali in uno spazio asfissiante e labirintico, ma smarrisce il senso della misura nell’epilogo, proprio nel momento decisivo e maggiormente intenso e drammatico, quando con incertezza l’accumulo delle situazioni e degli indizi non riesce del tutto a convergere in uno scioglimento più avvincente lasciando lo spettatore con l’impressione che certi siparietti cattivi e insolenti servissero solo per tirare per le lunghe. Si ride a denti molto stretti anche nel finale sospeso e beffardo forse, tutto sommato, drammaticamente empatici nei confronti del proprietario dell’appartamento che ha organizzato la riunione. Non tanto per la furbata quanto per aver visto uscire dalla porta di casa i molesti condomini. E noi, pure, tiriamo un sospiro di sollievo liberati da una visione ingombrante.