Perché l’Uomo Invisibile? Nel parco mostri della Universal è forse tra le creature meno iconiche e più scarsamente considerate, sebbene sia anche una delle più malvagie e prive di scrupoli, dato il suo umanissimo agire mosso da pulsioni terrene, senza troppi alibi soprannaturali, come accade ai compagni Dracula, l’Uomo Lupo, Frankenstein e la Mummia. Tutti aspetti che verosimilmente devono aver interessato Leigh Whannell, magari per un rimando ai temi “etici” della saga di Saw, da lui creata insieme a James Wan all’inizio del secolo. O forse perché nel suo mix di malizia e fuggevolezza, l’Uomo Invisibile riesce a incarnare bene le ambiguità del nuovo millennio e le minacce “liquide” di una società dove individuare le ragioni di parte è operazione decisamente complessa. Ne consegue che il nuovo film, un autentico re-imagining fortunatamente privo dei facili ammiccamenti da remake contemporaneo, è opera innanzitutto fortemente teorica: per come incarna la fragilità prospettica di un mondo dove vittima e carnefice perdono i rispettivi confini. L’una, Cecilia (un’eccellente Elisabeth Moss), fugge per riguadagnare la libertà dal possessivo compagno Adrian, ma cade poi vittima di un’autentica paranoia non si capisce quanto motivata dai fatti reali. Qualcuno sembra convivere con lei sotto il nuovo tetto, una presenza materiale ma nascosta da un trucco percettivo, che si manifesta attraverso piccoli segnali, in modo insinuante ma sempre più prepotente. Qui da Saw si passa agilmente all’altra grande epica horror creata dal Whannell sceneggiatore (e in parte anche regista) ovvero Insidious, per il lavoro sugli spazi che determinano un clima asfissiante e oppressivo. In particolare, la casa-laboratorio di Adrian è il contraltare esatto delle magioni gotiche in cui si muovono i demoni dell’Altrove fronteggiati da Elise/Lin Shaye nell’altra saga. Uno spazio luminoso, aperto nelle sue pareti di vetro, che apparentemente non ha nulla da nascondere, ma che invece è un labirinto di nascondigli che rivelano altre realtà e verità – quasi una propaggine della casa di Parasite di Bong Joon-ho.
La lotta di Cecilia non è dunque soltanto orientata alla sopravvivenza, ma anche alla conservazione della propria verità, che si rivelerà giocoforza sottoposta alle torsioni del caso. Dapprima vittima, poi beneficiaria di un’eredità, poi ancora costretta a dimostrare di non essere una visionaria, fino all’approdo opposto della giustiziera, subirà un’autentica e continua transizione fra stati, esattamente parallela a quella dell’Uomo Invisibile, destinato a passare a sua volta da carnefice a vittima (e il film, saggiamente, non scioglierà fino in fondo la riserva sulla sua reale identità, lasciando una nota di ambiguità). In tutto questo, Whannell accarezza naturalmente le tematiche più pregnanti rispetto al momento storico in cui questa sua versione del mito si pone: dalle rivendicazioni di genere in aria di #metoo alla presenza forte di una tecnologia capace tanto di suscitare meraviglia quanto orrore (e che perciò ha un ruolo determinante nei vari passaggi di stato cui sono sottoposti i personaggi), al senso di isolamento in un mondo dove le interazioni iniziano ad andare in crisi: la scena in cui Cecilia ha paura di uscire di casa anche solo per ritirare la posta è quasi una prefigurazione delle ansie attuali da Coronavirus.
Così, l’intelligenza di Whannell, che agisce nell’alveo protettivo della Blumhouse, sta nel riuscire a veicolare queste tematiche senza snaturare un approccio che vuole essere eminentemente thriller e horror, gotico come si scriveva, in grado perciò di costituire anche e soprattutto un ottimo esercizio di tensione. Il che genera un’ulteriore vertigine, quella di un universo mostruoso che, dopo i tentativi di snaturamento attuati con i progetti “action-fantasy” legati a Dracula, l’Uomo Lupo e La Mummia, compie l’ulteriore passaggio di stato tornando alle caratteristiche precipue originali, ma in una chiave moderna e al passo con i tempi. Peccato soltanto per il mancato approdo sul grande schermo, le già citate problematiche legate all’emergenza sanitaria lo hanno infatti relegato alla diffusione in streaming, a pagamento su Chili: l’ennesimo nascondiglio per l’imprendibile Uomo Invisibile.