Interrogare i corpi: Sconosciuti Puri di Valentina Cicogna e Mattia Colombo

Tempo fa ho seguito il convegno Suicidi e omicidi: le procedure investigative e le cronache giornalistiche. Fra i relatori c’era Cristina Cattaneo, Antropologo forense e Medico Legale, che ha consacrato parte del suo intervento alla necessità di dovere dare un’identità a tutti i corpi, partendo dal concetto che lo scambio di informazioni tra la polizia giudiziaria e la Procura o l’istituto di Medicina Legale è fondamentale e non può essere affidato alla sensibilità individuale; impone, dunque, un percorso obbligato. Ci vogliono delle regole sicure e stabili che consentano di dare un’identità a tutti i cadaveri. Il suo approccio mi aveva molto colpito perché evidenziava con forza che anche i corpi devono conservare dei diritti (restituire l’identità ai morti è un diritto sancito dalla Convenzione di Ginevra). Ora il documentario Sconosciuti Puri di Valentina Cicogna (sceneggiatrice al debutto dietro la macchina da presa) e Mattia Colombo (autore di docu come Il posto, Ritmo sbilenco) rende in modo plastico e silente questo impegno di Cristina Cattaneo. Medico Legale e docente all’Università Statale di Milano,  dirige il LABANOF,  primo laboratorio di Antropologia forense d’Italia dove si cerca di restituire una identità ai corpi senza nome che vengono trovati a Milano e dintorni, detti: Sconosciuti Puri. In realtà da molti anni il team di LABANOF si occupa anche dei migranti.

 

 
I registi con una impeccabile scelta stilistica hanno deciso di non ricorrere alla scorciatoia dell’intervista, ma di semplicemente portare sullo schermo momenti della vita di Cristina Cattaneo: dalla lezione in università al lavoro in laboratorio; dall’autopsia all’incontro con i parenti per annunciare il ritrovamento del loro caro (struggente l’incontro con la sorella di una ragazza albanese scomparsa nel 1996 che deve affrontare l’esperienza di attendere che venga tirata una tenda e finalmente le sia data la possibilità di vedere). Un film che contempla e ci interroga. Osserva il certosino lavoro di chi parte da frammenti di vita per dare un nome, da oggetti ritrovati: scarpe, vecchie fotografie, occhiali, una copia del Corano, fibre di vestiti, le pagelle di scuola…E ci suggerisce che la morte non è né luce né tenebre ma è semplicemente tutt’altra cosa dalla vita. Certo, ogni vita è un universo ed è un dolore vederla svanire, vedere il tutto ridursi a nulla. Ogni morto senza nome è una persona che qualcuno sta cercando. E chi non trova la persona amata entra nel limbo della “perdita ambigua” che provoca depressione e altri disagi.

 

 
Sconsciuti Puri è un film di primi piani su Cristina Cattaneo, sui suoi occhi davanti al computer, sul silenzio che circonda e attraversa il suo lavoro e di conseguenza la sua vita. Ci sono molte attese perché le cose devono seguire il loro corso, bisogna sempre ripartire, ricominciare, confrontarsi con la memoria di chi è rimasto per ricostruire le esistenze. Per i registi Sconosciuti Puri è:«un documentario d’osservazione che cerca di affrontare il tema dell’identità da un punto di vista insolito e, attraverso l’indagine, di rispondere alla domanda su cosa ci rende noi stessi, cosa ci rende riconoscibili, in ogni sfumatura…» Il naufragio di un peschereccio, il 3 ottobre 2013 a Lampedusa con 368 morti, ha spinto Cristina Cattaneo e il suo team a cercare di dare un nome a queste vittime dimenticate da tutti. Nel film la vediamo, nel marzo del 2022, andare al Parlamento europeo per chiedere che l’intero continente si faccia carico del compito di restituire l’identità. Purtroppo a oggi niente è cambiato, Cristina Cattaneo non smette ri ripetere, che se i peasi europei lavorassero insieme, identificare gli Sconosciuti Puri sarebbe possibile. Sta percorrendo per tutti noi una lunga strada perché si rifiuta di cedere il passo alle tenebre e alla morte che soffoca, restituendo il nome e il ricordo a chi non c’è più.