«Chi pensate di essere?» era il titolo del tema assegnato agli studenti in punizione nel magnifico Breakfast Club (John Hughes, 1985). Nel titolo di quel tema c’era già tutta l’arroganza delle istituzioni e la presunzione degli adulti. È quasi l’universo di regole, incomprensioni e muri che aleggiano come fantasmi reali nella Napoli multirazziale, multilinguistica e multiculturale descritta nel bel cortometraggio La recita di Guido Lombardi (premio MigrArti 2017 come miglior film alla Mostra di Venezia). Chinuè, giovane africana immigrata di seconda generazione, durante le prove teatrali di Romeo e Giulietta interpretato da sole donne, scopre di essere incinta. Teme la reazione violenta dei genitori all’evidenza di un rapporto con un ragazzo italiano e, nonostante il fidanzato voglia tenere il bambino, decide di interrompere la gravidanza. Per farlo però serve il consenso di un genitore. Chiederà aiuto a una matura compagna di teatro africana inadatta a recitare sul palco per l’eccesso di “overacting” («ho solo una battuta, la devo gridare!»). La donna si rivelerà una “madre” credibile e struggente. Il finale è imprevedibile quanto spiazzante.
I rimandi shakespeareani, oltre a quelli lampanti della guerra tra Montecchi e Capuleti della “recita”, sono continui. Non si può non pensare ad esempio all’Amleto (Hamlet, Act III, sc. 2), che mette a fuoco il fine e l’essenza dell’arte drammatica: «Reggere […] lo specchio alla natura; mostrare alla virtù le sue fattezze, rinfacciarle la sua immagine, e al vecchio corpo del tempo il suo aspetto e la sua afflizione». Non a caso, infatti, la donna che si finge madre di Chinuè è una pessima attrice finché tenta di “recitare” sul palco, strilla ed esagera ogni movimento, gesto e posa. Si rivela invece attrice perfetta quando dà corpo a una propria esperienza tragica e la esplicita in lacrime, il volto segnato dal dolore. In quella scena vive tutto il senso profondo e “vero” del recitare emozioni e del “fare cinema” o teatro. La recita di Lombardi è un film essenziale, schietto e sentito. Sa raccontare le difficoltà d’integrazione, senza mai cadere nel didascalico. Possiede un umorismo spiazzante ed efficace, una lingua parlata che è impasto vivo e meticcio di italiano, francese, napoletano e vari idiomi africani. È stato ideato nel centro Annalisa Durante di Forcella nel corso di un laboratorio teatrale che fa recitare insieme donne di diverse età e nazionalità, ragazze immigrate e napoletane. Il regista di Là-bas – Educazione criminale e Take Five, coautore di due libri biografici potenti come Non mi avrete mai (Gaetano Di Vaio, ed. Einaudi) e Teste matte (Salvatore Striano, ed. Chiarelettere) conosce la realtà di cui parla e sa come raccontarla in forma cinematografica preziosa, diretta, mai banale. Osservava Richet, maestro di scuola nel capolavoro Gli anni in tasca (Truffaut, 1976): «i bambini urtano contro tutto, urtano contro la vita, ma hanno la grazia e la pelle dura». Chinuè non è più una bambina, è ormai una giovane donna al di là della gravidanza, ma della bambina truffautiana ha la grazia e la pelle – oltre che scura – dura, anzi inscalfibile.
Dopo un passaggio notturno su Raiuno, La recita di Guido Lombardi è ora visibile (legalmente) qui:
http://www.raiplay.it/video/2017/10/La-recita-d1be26bd-b597-4c33-971c-b8b389f40e85.html