Lo studio Laika e il racconto classico, ma adeguato ai tempi: Mister Link, di Chris Butler

Uscito in tempo per celebrare i dieci anni dall’uscita del primo lungometraggio in stop-motion dello studio Laika (ovvero Coraline e la porta magica), il nuovo film di Chris Butler nasce, nelle intenzioni, come un incontro fra I predatori dell’arca perduta e Sherlock Holmes. Un mix evidente nella scelta di un protagonista “appassionato e idiosincratico” come sir Lionel Frost, avventuriero, donnaiolo, sempre in cerca di avventura e fama. Un tipo smanioso perciò di entrare anche a far parte del club londinese degli esploratori, da cui è escluso perché le sue imprese non producono mai prove concrete delle sue scoperte. L’occasione buona sembra essere la caccia al Sasquatch negli Stati Uniti, che si rivela però molto più che l’anello mancante nell’evoluzione umana. È infatti una creatura intelligente e sensibile, ma sola, che vorrebbe perciò ricongiungersi ai suoi più lontani affini, gli yeti dell’Himalaya. Quale migliore incentivo per Frost, che documentare l’esistenza di non una, bensì due creature mitologiche? Il viaggio annetterà alla missione anche la volitiva vedova Adelina, ma sarà minacciato dal malvagio Willard Stenk, un killer assoldato dal borioso e conservatore Lord Piggot-Dunceby, il quale non è assolutamente disposto ad ammettere Frost nel prestigioso club londinese.

 

 

È perciò evidente come il modello, al di là degli avventurieri di Spielberg e Conan Doyle, attinga a piene mani anche dall’avventura ottocentesca alla Verne (con chiaro riferimento al Giro del mondo in 80 giorni), sul cui canovaccio classico Butler innesca le istanze della nostra attualità, attraverso una chiara dicotomia fra passato e presente. Da un lato c’è infatti lo scontro diretto fra il conservatore Piggot-Dunceby e il giovane e smanioso Frost affamato di avventura. Ben più significativo però, è il percorso di formazione che lo stesso Frost compirà nel confronto con quel Mister Link che lo metterà di fronte alla peculiare “umanità” delle creature che il nostro ha sempre e solo considerato come prede lungo la sua strada del successo. Qui si ritrova la mano di Butler, che già in ParaNorman aveva dimostrato il suo favore per personaggi soli e malinconici, che nel confronto con il mondo riuscivano non solo a trovare il loro posto, ma anche a influenzare le dinamiche altrui ribadendo la necessità di un ascolto delle reciproche istanze. La missione diventa così sia un modo per dare a Mister Link una casa e una famiglia, sia un’occasione per Frost di maturare un senso dell’avventura più consapevole, in grado di valorizzare il valore della vita, della natura e dell’amicizia. Il reticolo di relazioni non lascerà fuori nemmeno Adelina, capace di transitare da vedova inconsolabile a reattiva donzella per nulla disposta a cedere alle lusinghe del donnaiolo Frost, fino all’inevitabile maturazione della propria consapevolezza che la spingerà infine a cercare nuove avventure in solitaria.

 

 

Tutto il film è così articolato lungo continue opposizioni, a iniziare dal prologo con la caccia al mostro di Loch Ness (in cui Frost “usa” la creatura come trofeo e finisce così per rompere la collaborazione con il suo precedente aiutante) che diventa il preciso controcampo dell’avventura successiva con Mister Link. Anche la “classica” stop-motion, nella sua incredibile perfezione dei movimenti, finisce per sposarsi naturalmente alle più moderne visualità da animazione in cgi, tanto che l’occhio, pur allenato, ha difficoltà a capire dove finisca una tecnica e subentri l’apporto dell’altra. L’effetto è così vertiginoso per la pienezza delle figure e la vivida palette cromatica (ispirata alle foto del National Geographic) che producono un’avventura sicuramente molto spettacolare, ma comunque in grado di gestire i tempi del racconto con ritmi meno frenetici di quelli a cui è abituato il cinema attuale, lasciando a ogni situazione e personaggio il suo giusto spazio. Un classico moderno, insomma, o, se preferiamo, un’evoluzione di un modello immortale, capace di assorbire la più recente sensibilità all’inclusione delle minoranze e alla parità di genere, contro i conservatorismi di ogni parte. Lo dimostrerà anche la scelta del nome da parte di Mister Link, insieme al sorprendente esito della missione sull’Himalaya.