Louisiana: paure e purezza di un’America vinta

LouisianaStop The Pounding Heart era per Minervini il film dell’ascolto, l’atto di valutazione dell’interstizio tra una pulsione e l’altra, focalizzato su figure sospese tra la materialità della vita e una spiritualità cercata nei gesti, nelle strutture, nella famiglia. Con Louisiana (The Other Side) Minervini fa invece il film dell’attesa, l’osservazione dello spazio tra una parte e l’altra dell’esistere, tra la paura e la libertà. Il film nasce dopo la trilogia del Texas, come viaggio lungo la tangente di un’America degli esclusi: l’approdo a West Monroe, nella Louisiana del Nord, nasce dal bisogno di risalire la traccia della famiglia di Stop the Pounding Heart.  E, come in una genealogia dei dispersi, nell’altra parte dell’America Roberto Minervini trova Mike, un tossico in fuga dalla libertà vigilata, corpo fragile di una morale della sopravvivenza fatta di lavoretti alla giornata, crack, tentativi di risollevarsi, qualche vaga diversione sia dal senso del disordine che da quello dell’ordine…

Non che sia determinante nell’economia del film, ma la sua ragazza, Lisa, è la sorella di Todd, il protagonista di Stop the Pounding Heart. Insieme i due galleggiano sulle giornate sballate di eroina, crack, nullità esistenziali. Mike cerca una salvezza, prospetta l’ipotesi di tornare in carcere per ripulirsi e iniziare di nuovo; Lisa è più scettica, più radicata nella prassi di una quotidianità a perdere. Poi ci sono i dannati dell’eroismo, i tutori della eterna paura d’invasione in cui si ribalta da sempre il sogno americano, il mito della Frontiera: un gruppo di estemporanei vigilantes, banali cultori delle armi, che si ritrovano nella macchia di un entroterra astratto socialmente e paesaggisticamente, per sparare al vuoto dei loro falsi target: sono certi che stia per arrivare una nuova rivoluzione, quel nero di Obama non sa cosa fare dell’America e loro saranno il baluardo contro l’apocalisse geopolitica imminente… Giocano a combattere con mitra e pistole, infine vanno via dopo aver distrutto con un bazooka ma anche con calci, mazze e massi un’auto abbandonata, residuato bellico dell’american way of life on the road firmata General Motors…

 

Minervini focalizza il suo film sul doppio registro di una marginalità che sta tra il ritiro introflesso di Mike, che cerca una sua dimensione di identità, salvezza, persino purezza, e la tensione  estroflessa  della comunità di vigilantes, la loro aggressione al terrore eterno. Da una parte e dall’altra c’é un sentimento di difesa che scompone la struttura stessa della realtà messa in scena, la slabbra nella sua placida indifferenza oggettiva al flusso delle esistenze. L’idea stessa dell’entroterra è attraversata da Minervini come una sostanza fluida che scorre sulla pelle delle figure che osserva. Lo scarto tra la sua disposizione registica e la dinamica contemplativa dei suoi personaggi è minimo, ma non perché Minervini lavori per osmosi, quanto perché è proprio nella percezione dello spazio e del tempo che il regista trova la sua vera vicinanza spirituale  (che, attenzione, non è empatia…) alle figure che racconta. Sicché resta forte la sensazione che The Other Side sia costruito (sin dal titolo che rimanda a un altrove…) su una sorta di mLouisiana-roberto-minervini-659x347essianesimo terreno: caduto nudo sulla terra in un incipit spiazzante, Mike è una figura che rimanda alla continua attesa di un tempo migliore (tre mesi di prigione e poi una nuova vita, dice a Lisa), che cerca una purificazione e un nuovo patto con se stesso. Dall’altra parte ci sono i combattenti, armati sino ai denti nell’attesa di un nuovo tempo, di cui loro saranno i custodi: una nuova rivoluzione in arrivo…