«Dopo la guerra tornerò a insegnare. Mi rende felice» risponde Aida in uno dei fugaci istanti proiettati al futuro, uno dei rari momenti di quiete offerti dal film di Jasmila Žbanić. Quo vadis Aida? concede allo spettatore poche occasioni per rifiatare, allentare la tensione, liberarsi dall’angoscia dell’imminenza: il flashback di una festa, una sigaretta in compagnia, alcune fotografie che rendono vivi i ricordi. E poi quel canto finale, testimonianza di un’umanità che è andata avanti nonostante tutto, che ancora spende la propria voce, si impegna per qualcosa, si prende cura di qualcuno e ancora fa i conti con le proprie radici e si sente in vita. Fin dall’inizio Jasmila Žbanić ha avuto le idee chiare: il suo intento era quello di realizzare un film per salvare la memoria di chi era stato travolto nel genocidio di Srebrenica. Così è stato. Quo vadis Aida? instaura con lo spettatore un rapporto mai ambiguo ma molto sincero, ricorre a una narrazione classica scandita dai tre atti canonici, esprime la psicologia della sua protagonista attraverso l’insistenza dei primi piani, il contrasto con gli spazi chiusi e con movimenti della macchina da presa mai invadenti. Si potrebbe parlare di regia didascalica intesa nella migliore delle accezioni, finalizzata alla consegna di un messaggio semplice e asciugato da orpelli stilistici e retorici.
Un film coraggioso che fa luce sulla tragica vicenda di uno dei più immani crimini commessi in Europa dopo la Seconda guerra mondiale. Ispirato al libro Under the UN Flag di Hasan Nuhanović, resoconto del terrore e dell’esperienza in prima persona di Hasan e di altri sopravvissuti al genocidio che offre una dettagliata cronologia dei giorni che portarono al famigerato 11 luglio 1995, quando ebbe inizio il genocidio dei musulmani bosniaci a Srebrenica, Quo vadis Aida? ruota intorno alla vicenda di Aida, interprete che lavora con l’Organizzazione delle Nazioni Unite nella cittadina di Srebrenica. Quando l’esercito serbo occupa la città, la sua famiglia è tra le migliaia di cittadini che cercano rifugio nell’accampamento delle Nazioni Unite. Come persona informata sulle trattative, Aida ha accesso a informazioni cruciali per le quali è richiesto il suo ruolo di interprete. Cosa si profila all’orizzonte per la sua famiglia e la sua gente? La salvezza o la morte? Quali passi dovrà intraprendere? Località conosciuta come centro termale e per le industrie metallurgiche e minerarie attive nel comprensorio, Srebrenica nei primi anni Novanta, dopo lo scoppio della guerra in Bosnia, divenne il provvisorio rifugio di diverse decine di migliaia di bosgnacchi (bosniaco musulmani), che confidavano di sfuggire alla “pulizia etnica” in corso. Pur essendo dal 1993 sotto tutela delle Nazioni Unite e dichiarata con la risoluzione 819 Safe Area (zona protetta), l’enclave di Srebrenica fu messa sotto assedio dalle truppe comandate dal generale serbo bosniaco Ratko Mladić. Il massacro di Srebrenica, definito dalle sentenze emesse dal Tribunale penale per la l’ex-Jugoslavia come atto di genocidio, ha portato all’assassinio di quasi 9.000 uomini e adolescenti bosgnacchi.
«Sento Srebrenica molto vicina perché sono sopravvissuta alla guerra a Sarajevo, anch’essa caduta sotto assedio», ha dichiarato la regista, consapevole di aver realizzato un’opera importante, utile e coraggiosa spinta «dal bisogno di raccontare questa storia che crediamo non riguardi solo la Bosnia o i Balcani, ma tutti gli esseri umani e il modo in cui ci comportiamo gli uni con gli altri quando viene spezzato ogni vincolo di moralità, quando distruggiamo qualsiasi forma di umanità». Un’opera testamento realizzata nonostante i tanti ostacoli politici e produttivi. «La Bosnia è un Paese che produce solo un film l’anno. Il comparto cinematografico è pressoché inesistente, e i fondi nazionali destinati al cinema sono molto ridotti. Per questo film abbiamo ricevuto solo il 5% del nostro budget dal Film Fund, quindi dal punto di vista della produzione, ma anche per gli elevati standard che ci siamo prefissati, produrlo è stato molto difficile. Il nostro governo ha ancora molti politici di destra che si rifiutano di ammettere che si sia consumato un genocidio. Celebrano i criminali di guerra come fossero eroi rifiutando la decisione del Tribunale Penale Internazionale dell’Aja, che quello che è successo a Srebrenica costituisca un genocidio. Ma c’erano anche molte persone che volevano che questo film fosse prodotto e che lo hanno sostenuto. Molti bosniaci ci hanno aiutato. Il film è coprodotto anche da nove Paesi europei che desideravano fortemente che questa storia fosse raccontata».Inevitabilmente Quo vadis Aida? invoca una vergogna silenziosa, solleva ombre inquietanti sulle responsabilità delle forze internazionali e ricorda quanto ancora oggi sia pericoloso soffiare sulle frustrazioni degli uomini per dividere le comunità. Per queste ragioni è un film che non si dimentica dell’uomo. Non è poco.