Rampage: furia di mostri

Prima la distribuzione delle pellicole Legendary (il primo Pacific Rim, il Godzilla di Gareth Edwards e Kong: Skull Island), ora la produzione di Rampage attraverso la sussidiaria New Line, confermano il particolare trend che sta trasformando la Warner Bros. nella nuova “casa dei mostri”. Potrebbe apparire come una semplice bizzarria da derubricare con una scrollata di spalle o un sorriso divertito, non fosse che nell’era delle interconnessioni fra i titoli e le saghe, questo composito ensemble va profilandosi come l’alternativa più interessante allo strapotere Marvel – con il dettaglio da non trascurare del sorpasso rispetto alla Universal, la casa che negli anni Trenta ha letteralmente inventato il concetto del “mondo dei mostri su grande schermo”, e che oggi non riesce a dare forma al suo Dark Universe. Se manca ancora un concept che renda questo magmatico insieme di spunti una narrazione coesa e interdipendente nelle sue articolazioni, è abbastanza evidente la dialettica che le pellicole stanno instaurando tra loro. Nel caso di Rampage, infatti, la fonte videoludica del videogame realizzato negli anni Ottanta dalla Midway Games è poco più che un pretesto: il concept degli umani che per un esperimento malriuscito si trasformano in mostri per consentire al giocatore di abbattere i grattacieli viene infatti riscritto in una chiave prettamente kaiju-eiga, con bestie giganti mosse da specifiche motivazioni, pur con lo spunto scientifico a fare da scintilla per la narrazione. L’attacco dei mostri a San Francisco – la città in cui si svolgeva Godzilla, appunto – diventa perciò una parafrasi del MonsterVerse e la battaglia fra il gorilla George e il coccodrillo gigante assume i toni di un’anticipazione del Godzilla vs. Kong previsto per il 2020, con un design meno antropomorfo rispetto ai modelli.

 

Nulla di cui stupirsi, considerate le menti dietro l’operazione: da un lato l’attore e produttore Dwayne Johnson, dall’altro il regista (e pure lui produttore) Brad Peyton. Alla loro terza collaborazione dopo Viaggio nell’isola misteriosa e San Andreas, Johnson e Peyton stanno infatti forgiando un peculiare e personalissimo “genere” che fagocita e rivisita le declinazioni dell’action classico in una curiosa chiave ecologista-ironico-muscolare. Dopo l’avventura à la Jules Verne e il disaster movie ecco quindi il kaiju-eiga, che sembra adattarsi perfettamente alla natura larger than life dei personaggi di Johnson – già ai tempi di Fast & Furious 7, dopotutto, qualcuno aveva mosso paralleli con il genere dei mostri giganti nipponici, dato il serio divertimento con cui Johnson e compagni abbattevano i palazzi. Troviamo pertanto congrua ed esaltante l’idea altrimenti assurda di collocare il roccioso attore direttamente sul campo accanto all’amico gorilla nella battaglia finale contro i mostri, in quanto frutto della particolarissima sinergia di spunti che muove l’operazione. E troviamo anche meno posticcia del solito la morale ecologista che predica un ritorno a un rapporto più diretto con la natura, opposto a una tecnologia che si dimostra sempre sbagliata o disumana. Se, quindi, il rapporto fraterno tra Okoye/Johnson e George simboleggia l’ipotetico “mondo come dovrebbe essere”, il resto non è altrettanto ottimista: si va dal prologo in cui la malcapitata astro-dottoressa viene lasciata morire nello spazio pur di preservare i campioni dei suoi esperimenti, ai militari che, come da prassi, non capiscono e non riescono a risolvere la situazione. Si passa poi per la scienziata Kate/Naomie Harris che nonostante gli sforzi non riesce ad avere il controllo sulla sua vita e sulla realtà. E si arriva infine ai dirigenti della ditta che ha provocato il problema, divisi tra l’arrivismo di Claire/Malin Akerman e l’isteria da bambino malcresciuto di Brett/Jake Lacy. Quest’ultimo, in particolare, circondato da giocattoli (e da un cabinato del videogame Rampage originale) sublima la componente satirica della spassosa vicenda, ricordandoci, pur nella natura eccessiva del tutto, come l’essere umano resti una creatura piccola di fronte all’incedere di una natura che arriva sempre a presentare il conto. A meno di non avere un Dwayne Johnson dalla propria parte, ovviamente.