Morbius è il prodotto perfetto della recente produzione Sony, è la sua quintessenza. Attenzione, prima di essere fraintesi, il film è tutt’altro che privo di difetti, anzi. Eppure rispecchia egregiamente una tendenza progettuale e speculativa in cui Hollywood (e Sony più nello specifico) sembra essersi immersa da qualche tempo a questa parte senza riuscire (o volere?) più a riemergere. Iniziamo dal principio. Il Marvel Cinematic Universe (MCU) è stato certificato come uno degli spartiacque produttivi della Storia del cinema. Per dirla in parole povere: ha fatto scuola. In un’industria in cui, trovata la formula magica, tutti sembrano interessati a replicarla, ecco che subito sono nate delle “succursali”. È il caso, questo, dell’SSU, ovvero il Sony’s SpiderMan Universe, «un franchise incentrato su una serie di film di supereroi prodotti dalla Columbia Pictures, in collaborazione con Marvel Entertainment. Distribuiti da Sony Pictures, i film sono basati su varie proprietà intellettuali della Marvel Comics relative al personaggio di Spider-Man» (citando Wikipedia). Insomma, un po’ per motivi legali, un po’ per ragioni creative, l’SSU sta provando a vivere all’ombra del successo del MCU, copiandone la forma, attingendo dal medesimo universo narrativo, ma portando alla ribalta personaggi che non sono ancora stati spolpati dalla “casa madre”. Sony, in termini di natura più horrorifica, sta provando a vampirizzare Marvel. Le si è attaccata come una sanguisuga e si sta cibando della sua linfa.
In tal senso fa specie che il terzo film di questo nuovo segmento abbia come protagonista un medico intento a studiare i pipistrelli vampiro e destinato, inevitabilmente, al fallimento. Così, dopo i primi due episodi dedicati alla figura di Venom, Morbius insiste in questo percorso di “cattivizzazione”. Il personaggio è infatti un nemico storico dell’Uomo Ragno, ma qui viene trattato come protagonista indiscusso secondo il più classico stampo in stile origin story a cui il cinema blockbuster più recente ci ha abituati. Per questo motivo, il film non cannibalizza solamente le intenzioni dei progetti che lo hanno preceduto, ma si appropria del medesimo modello narrativo, di uno stile a metà tra il serio e il faceto, di un protagonista sex symbol costretto a cibarsi della sua medesima figura, del suo carisma iconico, per riuscire a risultare se non credibile, almeno presentabile. Morbius è ideato, scritto e realizzato con lo stampino, ma sembra non accorgersene. Sembra dimenticarsi di chi l’ha preceduto e cade proprio perché cova un’ambizione che non gli appartiene. Il film si prende maledettamente sul serio, quando invece risulta evidente da subito che si tratta di un progetto più che limitato. Se, come dicono, è vero che il cinema ha memoria corta, qui siamo di fronte a qualcosa di completamente senza memoria di cui non si sentiva il bisogno. Speriamo solo che il dottore vampiro resti il simbolo di una casa di produzione un po’ in difficoltà creativa e non la spia di un’industria più consolidata e ramificata costretta alla cannibalizzazione per provare a sopravvivere. Altrimenti ci aspetteranno anni non proprio felici. Ma il cinema alla fine vince sempre. Ne siamo certi.