Gianfranco Pannone (affiancato da Ambrogio Sparagna che si occupa delle musiche) si cimenta con il materiale di repertorio per dare nuova vita a immagini e suoni che hanno raccontato l’Italia bellica dell’ultimo secolo. Il pretesto è quello di seguire le azioni di quattro diari (di un soldato del Regio nell’Ottocento, un combattente in Etiopia nel 1935, una donna partigiana e un sergente della Marina militare in Kosovo) per raccontare le sensazioni del popolo italiano nei confronti della guerra. Scherza con i fanti (evento speciale alle Giornate degli Autori) non vuole infatti essere un lavoro di ricostruzione cronachistica, non è questo il suo scopo e il regista denota subito le intenzioni con un piccolo prologo (che fungerà anche da epilogo) girato in un teatro di burattini. Quello che vedremo è quindi uno “spettacolo”, o meglio, un viaggio spettacolare nella cultura del nostro Paese. Supportato da musiche e canti popolari di rara bellezza armonica, il film riesce nell’intento di appassionare e coinvolgere attraverso le emozioni suscitate dal racconto dei diari e dalla struggente malinconia delle immagini in movimento. La Storia torna nuovamente protagonista, eppure è la storia dei singoli a rubare la scena del racconto. Il dialogo che Scherza con i fanti instaura con lo spettatore non è tanto finalizzato alla ricerca storiografica quanto, appunto, a quella empatica. È un film di sensazioni, un vortice emotivo che ognuno, con la propria esperienza, cavalcherà in maniera differente.
Le immagini di repertorio sono fredde e spietate. Pronte a ricordarci come eravamo, quanto sciocchi o sprovveduti fossimo. Eppure risulta impossibile non innamorarsi di quei volti, quelle case, quegli indumenti. Il film ci regala un tuffo nel passato, ci fa respirare lo sporco e le preoccupazioni di chi ci ha preceduto e insiste, in maniera sottile ma costante, a lanciare un messaggio di rivalsa che si dimostra sempre più urgente quanto contemporaneo. Il cinema, negli ultimi anni, si è concentrato molto sulla Storia. Molti registi hanno iniziato a guardarsi alle spalle, raccontare le nostre origini per mettere in luce quanta strada ancora ci sia da percorrere per cambiare davvero e quanta invece ne abbiamo trascorsa in maniera vana e illusoria. In questo processo di ricostruzione, quindi, Scherza con i fanti intraprende una rotta personale ancora più intima e potente: non analizza la Storia da lontano, in maniera fredda e puntuale, ma opta per uno sguardo più caldo seppur meno oggettivo. L’unica maniera per comprendere quello che è successo ed evitare di commettere i medesimi errori è provare sulla propria pelle quello che provarono i nostri predecessori. Solo così, abbattendo qualsiasi pregiudizio e spogliandosi di vesti più scientifiche si arriverà a sfiorare la realtà. Il fine ultimo del cinema documentario.