Abbiamo deciso di andare a Barcellona per seguire cosa accadeva il giorno del referendum. Ecco cosa ha visto il nostro inviato.
All’aereoporto non si parla d’altro di cosa succederà domani, giorno del referendum. Accanto a me si siede una giornalista italiana, importante firma ex direttore di testata, parla al telefono e si copre la bocca ma si capisce tutto lo stesso. Domattina sarà a Girona alle 6 a prendere Puidgemont che girerà con ua macchina non identificabile. Alla faccia delle misure di sicurezza. Intanto cammino per strada e sono le 22, da moltissime finestre rimbalza un incessante rumore, è il cacerolazo, le pentole battute con i cucchiai di legno. E mi ricordano con il loro battere ritmico che qui c’è aria di rivolta, per quanto fatta con una scheda referendaria. Tornando a casa si vede qualche capannello di persone discutere di politica, ma la grande paura è tutta per il 1° ottobre.
Si sono organizzati da mesi, con quella cura e attenzione che deriva da anni e anni di storia, generazioni diverse collaborano nel segreto per realizzare una referendum reso illegale dallo stato centrale. Non è un caso che le famose urne comprate pare dai cinesi su un famoso sito di e-commerce fossero nascoste verso il confine, probabilmente a Vic dove i catalani e i repubblicani fuggirono per l’arrivo del generalissimo Franco. La giornata inizia presto, anzi per i militanti va avanti dalla notte prima , ci sono 2500 punti di voto da difendere, un’organizzazione capillare e in buona parte autogestita che deve rendere semplice la logistica del voto. La vera strategia per evitare la repressione è proprio questa diffusione territoriale, nessun blocco compatto e le famose 2500 scuole occupate da difendere. Dalle 6 partono gli sgomberi gli obbiettivi sono i collegi dove andranno a votare i vari Puidgemont, Junqueras e compagnia bella. Con il gioco delle tre macchine Puidgemont fugge da sotto un ponte come se fossimo nel film Enemy of the State e va votare dove la polizia spagnola non si aspetta. Chissà se il suggerimento arriva da Assange o da Snowden come dicono alcuni. Quindi mentre i politici vanno a votare in cladestinità, sono i catalani a subire la repressione, violentissima fin dalle prime ore, sembra che vogliano sfondare più scuole possibili. Fino a mezzogiorno è una continua escalation, guardia civil e policia nacional sgomberano con una durezza spaventosa usando anche proiettili di gomma espressamente proibiti in Catalunya dopo un lungo movimento di protesta (Stop bales de goma), invece i mossos catalani sgomebrano con il sorriso sulle labbra. Alla fine si conteranno quasi 500 punti di voto chiuso. Ne restano aperti 2000, i catalani hanno portato a casa un voto di sfida forte, con oltre due milioni di elettori su cinque potenziali. Non avevo mai visto la gente in coda per votare ai seggi fare il dito medio all’elicottero della polizia con la scheda in mano. A fine mattina è successo qualcosa, qualcuno dice una chiamata delle Merkel, qualcuno dice che l’euro stava rischiando grosso, sta di fatto che le forze di Madrid iniziano a mollare il colpo sulle grandi città come Barcellona e Girona e iniziano a concentrarsi talvolta con ancora maggiore violenza nei paesini. In alcuni posti come Calella, si diffondono video e notizie di vero e proprio terrore con agenti in borghese che randellano gli abitanti. Lo sciopero generale è alle porte, la repressione anche, solo alla fine a fine giornata, vedendo in tv Mariano Rajoy che balbetta si capisce che la questione in campo non riguarda solo la Catalunya ma proprio l’assetto costituzionale spagnolo e quell’antica sfida tra monarchici e repubblicani.
1st Oct. People defending the polling stations. Catalonia Referendum for the independence. from raul gallego abellan on Vimeo.